MAURIZIO EUFEMI

eletto al Senato della Repubblica - per la Provincia di Torino - Collegio n. 7

Vice Presidente Vicario Gruppo UDC (CCD-CDU-DE)

INTERVENTI 2002

13 dicembre 2002 - Intervento sulla finanziaria
26 novembre 2002 - Intervento su Devolution
7 novembre 2002 - Intervento in Commissione Affari Costituzionali  (1545) Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Seguito dell'esame e rinvio)
6 novembre 2002  - (1795) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, recante disposizioni urgenti in materia di razionalizzazione della base imponibile, di contrasto all'elusione fiscale, di crediti di imposta per le assunzioni, di detassazione per l'autotrasporto, di adempimenti per i concessionari della riscossione e di imposta di bollo
16 Ottobre 2002 - (1738) Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, recante disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale (Relazione orale) 
16 ottobre 2002 - (1707) - Conversione in legge DL recante interventi urgenti a favore del comparto agricolo colpito da ecezionali eventi atmosferici.
3 ottobre 2002 - Discussione  sull'impegno italiano in Afghanistan
26 settembre 2002 - Dichiarazione di voto su DL relativo alla legalizzazione del lavoro irregolare degli estracomunitari
17 settembre 2002 - Intervento a Commissioni riunite (1a e 11a) sulla conversione in legge del decreto sull'immigrazione
30 luglio 2002 - Relazione orale sulla conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138
30 luglio 2002 - Intervento sulle minacce inviate via e-mail ad alcuni senatori della Commissione giustizia
25 luglio 2002 - Replica ad intervento in Commissione 5 e 6
23 luglio 2002 - Intervento in Commissione 5 e 6 (5 - Programmazione economica, bilancio; 6- Finanze e tesoro) RIUNITE
23 luglio 2002 - Intervento in Aula su DPEF
18 luglio 2002 - Intervento in Aula su tutela beni culturali ed ambientali
16 luglio 2002 - Intervento in Commissione su DPEF
10 luglio 2002 - Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici di guerra
27 giugno 2002 - Intervento su modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo
20 giugno 2002 - Intervento in Commissione su delega fiscale
12 giugno 2002 - Intervento in Aula su decreto salva-deficit
11 giugno 2002 - Intervento sull'immigrazione
15 maggio 2002 -  Legge costituzionale per la cessazione degli effetti dei commi primo e secondo della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione 
7 maggio 2002 - Ratifica ed esecuzione del Trattato di Nizza
18 aprile 2002 - Dichiarazione di voto su disegni di legge relativi al  riordino della pubblica amministrazione
17 aprile 2002 - Dichiarazione di voto su decreto legge n. 13
28 marzo 2002 - Dichiarazione di voto su Scudo Fiscale
27 marzo 2002 - Conversione decreto legge su emersione capitali detenuti all'estero e lavoro irregolare
19 marzo 2002 -  Riforma Dirigenza statale
27 febbraio 2002 - Intervento sui minori 
21 febbraio 2002 - Intervento su manodopera clandestina
20 febbraio 2002 - Legge sull'immigrazione
1 febbraio 2002 - Intervento su servizio riscossione esattorie
30 gennaio 2002 - Intervento su decreto legge relativo ad accise e giochi e scommesse
23 gennaio 2002 - Intervento sull'Europa
7 gennaio 2002 - Disposizioni urgenti in materia di dichiarazioni dei redditi

13 dicembre 2002 - Intervento sulla finanziaria

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà. EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, signor Ministro dell'economia, onorevole relatore Grillotti, colleghi, ad avviso dell'UDC va giudicata corretta l'interpretazione della proposta del Governo in tema di finanza pubblica per il 2003, il valore complessivo di aggiustamento, i saldi previsti e gli obiettivi differenziali.

Si deve partire dalla consapevolezza della complessità ed estensione della crisi economica internazionale, caratterizzata soprattutto dall'incertezza sulla possibilità di un'inversione di tendenza. Un'interpretazione corretta, sia dal punto di vista politico che da quello prettamente tecnico della manovra finanziaria proposta dall'Esecutivo non può che partire dall'analisi del particolare e difficile e particolare momento storico che l'intera comunità internazionale ha vissuto, e di cui sono ancora vive e pesanti le ripercussioni. La manovra proposta interpreta la necessità, le incertezze, le esigenze di questo momento, ma al tempo stesso non viene meno agli obiettivi prioritari di sostenere l'economia attraverso la riduzione delle imposte, aumentando il reddito disponibile per i cittadini e prevedendo risorse per gli investimenti.

 L'attuale contesto internazionale è fortemente caratterizzato da notevole incertezza. Alla instabilità economica conseguente all'11 settembre si aggiungono le preoccupazioni legate alla vicenda mediorientale, le paure legate a possibili attacchi terroristici, le voci che si susseguono creano paure, comprimono i consumi e contribuiscono a creare delle aspettative meno rosee. La finanziaria presentata dal Governo è frutto dell'attuale momento politico di crisi che coinvolge l'intera economia internazionale e proprio in virtù di tali considerazioni il Governo ha dovuto rivedere uno scenario congiunturale negativamente mutato. Il superamento del durissimo colpo inferto all'economia mondiale dall'emergenza terrorismo richiede tempi certamente non brevi. In Europa la domanda interna, sia per consumi sia per investimenti, è sensibilmente diminuita nel corso degli ultimi mesi. 

L'inflazione, che pure dovrebbe scendere in un contesto caratterizzato da un basso livello della domanda aggregata, non accenna a diminuire. Le pressioni sui prezzi, soprattutto quelli al dettaglio, a causa dell'effetto del change over causano un loro rialzo. In tale contesto, i bilanci pubblici risultano inevitabilmente indeboliti da una crescita meno sostenuta che fa registrare un calo delle entrate tributarie e della spesa corrente che non accennano a diminuire. In tale contesto la manovra correttiva prevista dall'Esecutivo di 20 miliardi di euro guarda all'obiettivo di diminuire il rapporto fra deficit e PIL passando dal 2,1 per cento del 2002 all'1,5 per cento per il 2003. La manovra si basa sulla riforma fiscale, con l'introduzione del primo modulo di riforma che determina minori imposte su persone fisiche e imprese per circa 7,5 miliardi di euro  va sottolineata la straordinaria importanza di questa misura  sulla razionalizzazione della spesa delle amministrazioni pubbliche, sul concordato fiscale, sulle cartolarizzazioni e sugli investimenti in opere infrastrutturali, che saranno salvaguardati dalla creazione delle due società per azioni create dal Ministero dell'economia, Patrimonio e Infrastrutture. La manovra, pertanto, si caratterizza come una finanziaria di protezione sociale, che guarda soprattutto ai ceti meno abbienti e all'utilizzo oculato delle risorse pubbliche, al fine di garantire le condizioni per consentire di avviare la ripresa sin dal prossimo anno. Infatti, si razionalizza la spesa della pubblica amministrazione senza tagliare la spesa per gli investimenti. All'interno di tale logica di rigore e di sviluppo, la disciplina del patto di stabilità interno costituisce un passaggio obbligato, chiamando anche gli enti decentrati a collaborare sulla strada del contenimento della spesa corrente. Un punto fondamentale della finanziaria che interessa da vicino la finanza degli enti decentrati è rappresentato dal patto di stabilità interno. Il rispetto del programma di stabilità rappresenta l'impegno che il nostro Paese ha nei confronti dell'Unione europea; di riflesso, il patto di stabilità interno, ai cui vincoli sono sottoposti Regioni ed enti locali, rappresenta l'estrinsecazione, la concretizzazione di tale impegno al fine del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica previsti a livello europeo. Tutti vengono chiamati alle proprie responsabilità, nessuno può tirarsi fuori. Il mancato raggiungimento degli obiettivi vieta agli enti locali la possibilità di assumere personale e di ricorrere all'indebitamento per gli investimenti. In questa decisione però vengono purtroppo coinvolti anche enti comunali che hanno un bilancio sano e che svolgono servizi alla persona; invitiamo il relatore a meditare su questo aspetto. Un altro limite imposto alla finanza locale è il blocco della spesa per l'acquisto di beni e servizi; la significativa riduzione in riferimento a questa specifica voce è dovuto al fatto che ad essa è imputabile la quota maggiore dell'incremento della spesa a livello locale. Per quanto riguarda le disposizioni relative all'articolo 3, esprimo una valutazione complessivamente positiva, ritenendo infatti che l'attuazione del Titolo V della Costituzione abbia in qualche modo la precedenza sul processo di devoluzione che, pur nelle perplessità che abbiamo già manifestato, condivido. Non vi è dubbio che anche il taglio del 10 per cento sulle dotazioni iniziali possa incidere su alcuni enti locali, ma sono convinto della necessità di operare un riequilibrio della spesa. A tale fine esprimo apprezzamento per la previsione di meccanismi di monitoraggio, che avevamo sollecitato lo scorso anno, in grado di verificare in tempo reale l'andamento della spesa. 

Più in generale, sulle tematiche afferenti al federalismo fiscale esprimo la convinzione che occorra evitare la divaricazione tra Governo centrale e gli enti decentrati. Contestualmente alla riduzione dei carichi fiscali per i ceti meno abbienti il Governo si è fatto carico, con un'azione coraggiosa, di sospendere gli aumenti delle addizionali IRPEF. Ciò, diversamente da quanto avvenuto in passato. La definizione delle liti fiscali pendenti, nonché quelle che potrebbero insorgere in relazione ai decorsi periodi di imposta, nonché agli atti registrati sempre entro la data del 20 settembre 2002 si rende essenziale soprattutto in vista di un totale riassetto del sistema fiscale italiano, che è in avanzato stato di approvazione parlamentare. È auspicabile che il Governo recepisca le proposte avanzate durante l'iter parlamentare di ampliare quanto più possibile la portata del provvedimento che consenta a tutti i contribuenti di chiudere le proprie posizioni, comprese quelle relative ai tributi locali amministrati dai comuni. Tra le questioni meritevoli di approfondimento, anche attraverso la proposizione di emendamenti, ricordo la necessità di incrementare le risorse per la ricerca e per l'università, di sostenere le piccole e medie imprese, l'Artigiancassa e il mondo agricolo, che rimane altrimenti marginalizzato. Sono invece contrario alla previsione di consentire gli accertamenti ICI oltre il termine dei cinque anni. Dobbiamo spingere i comuni all'efficienza e prevedere accertamenti oltre i cinque anni appare francamente eccessivo. Esprimo apprezzamenti, inoltre, per la estensione a tutto il 2003 delle agevolazioni fiscali, da noi fortemente volute, per le ristrutturazioni edilizie, combinata con «l'allungamento» al 30 settembre per l'IVA ridotta relativa ai settori ad alta intensità di lavoro. Ciò è stato possibile attraverso il recupero di gettito determinato dall'introduzione della regolamentazione più severa delle macchine da intrattenimento. E ancora, apprezzo l'affermazione del principio della parità scolastica che, seppure attraverso limitate risorse, consolida le prospettive di un autentico pluralismo educativo. Sono state operate scelte forti in favore delle aree deboli del Paese, venendo incontro alle nostre sollecitazioni, delle politiche familiari con la previsione di agevolazioni per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie, ma sottolineo l'opportunità di utilizzare le risorse messe in campo per il progetto di risparmio casa, offrendo una pluralità di opzioni attraverso strumenti collaudati, in grado di affermare la cultura del risparmio. È indubbio che questa finanziaria sconta i problemi della mancata riforma della contabilità di Stato e della contestuale revisione del procedimento di riforma della sessione di bilancio. È auspicabile che il progetto del presidente Azzollini sia prontamente ripreso, al fine di realizzare una riforma che serva alle mutate esigenze della finanza pubblica dei vincoli europei e soprattutto del Paese. Apprezziamo lo sforzo che il Governo ha già fatto con l'articolo 18, che rappresenta il risultato  ricordato  di una piena conoscenza dei flussi di finanza pubblica, sia a livello centrale che periferico. Questa azione va accompagnata con la riforma di contabilità, soprattutto in un momento di trasformazione degli assetti istituzionali e nel nuovo rapporto ordinamentale tra Stato ed enti locali territoriali. 

L'esame in Commissione bilancio non ha potuto affrontare tutti i problemi sul tappeto. Alcuni nodi politici sono stati rinviati all'Aula. Tra quelli citati per noi diviene irrinunciabile affrontare il problema della ricerca scientifica e dell'università, su cui sappiamo che il Ministro dell'economia non sarà insensibile. Al riguardo, in questi giorni, si sono levate voci autorevoli, compresa quella del Presidente del Senato: dobbiamo porre attenzione al problema della globalizzazione, che non deve accentuare le disuguaglianze, ma diminuire le tensioni fra gli Stati, fra i popoli, fra le culture; essa deve volgersi a vantaggio di tutti e dunque deve essere governata dall'uomo. È un errore, oggi, sostenere l'unicità o l'eccezionalità dell'attuale esperienza di globalizzazione. La nostra globalizzazione ha raggiunto solo all'inizio degli anni Novanta i livelli degli anni precedenti la prima guerra mondiale. Il problema di quella «nostra», ma più opportunamente di quella definibile «americana», in quanto centro propulsore sia di tipo finanziario che tecnologico, è evitare gli errori disastrosi di quella precedente. Oggi viviamo questa terza fase di globalizzazione, ma rischiamo di rimanerne fuori, rischiamo l'esclusione da questo processo, perché ha i caratteri di essere americana e di essere tecnologica e può aprire un solco profondo ed incolmabile per il nostro Paese. Occorre, allora, destinare maggiori risorse alle attività di ricerca e sviluppo per contribuire alle innnovazioni che svolgono un processo di stimolo, non solo nei processi integrativi, ma anche in quelli produttivi, rappresentando una determinante della crescita del Paese. Per l'Italia, la capacità innovativa, misurata in termini di brevetti, è rimasta sostanzialmente immutata negli anni Ottanta e, nonostante l'integrazione dei mercati, non si è riusciti a ridurre il differenziale di investimento in tale settore. 

È, dunque, necessario mobilitare le risorse nazionali verso le attività di ricerca e di sviluppo e stimolare soprattutto il fattore umano che rischia di non essere più competitivo rispetto a quello registrato negli anni scorsi. Soprattutto è necessario affrontare in termini nuovi, così come abbiamo fatto nella grande riforma fiscale, le questioni inerenti al settore con incentivi di tipo fiscale, come la deducibilità degli utili reinvestiti ? appunto ? in ricerca e sviluppo, come è stato opportunamente previsto nella delega fiscale. Ciò consentirebbe alle imprese di autofinanziarsi e imporrebbe scelte responsabili e non miopi di investimento; non costituirebbe alcun onere per il bilancio dello Stato, perché a fronte di una minore entrata si verificherebbe una minore uscita. Mi avvio, caro Presidente, alla conclusione, svolgendo alcune considerazioni finali. Auspichiamo che nelle modifiche parlamentari trovino maggiore spazio alcuni settori, come le piccole e medie imprese e l'Artigiancassa. Dobbiamo evitare di lasciare in questa finanziaria qualche «buco nero». 

Complessivamente, ribadisco le osservazioni positive, non senza sottolineare come l'insieme della manovra si caratterizzi con misure di protezione sociale e di coesione europea. Vanno, quindi, respinte le critiche espresse da più parti sulle misure contenute nel patto di stabilità interno  frutto peraltro di una logica da ascrivere al centro-sinistra  che l'attuale Esecutivo si fa carico di realizzare comunque per tener fede agli impegni europei. Esprimiamo un giudizio complessivamente positivo sulla manovra di finanza pubblica, che tiene conto delle difficoltà congiunturali interne ed internazionali. Il nostro auspicio, l'auspicio del Gruppo dell'UDC, è che l'esame nell'Assemblea del Senato possa consentire quei miglioramenti, quelle correzioni indispensabili, a determinare una decisione di bilancio funzionale agli interessi del Paese e su questo esprimeremo un voto favorevole.

26 novembre 2002 - Intervento su Devolution

È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà.

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, signor Ministro delle riforme istituzionali, onorevoli colleghi, questo dibattito sulla modifica dell'articolo 117 della Costituzione incide sull'assetto costituzionale dello Stato, ma riflette un clima di forte contrapposizione, certo poco funzionale e poco produttivo. Le mie parole vogliono essere solo riflessioni e interrogativi proprio sui contenuti. Certo, dobbiamo mettere ordine al disordine ereditato con le modifiche al Titolo V e questo è un nostro preciso dovere.

È un passaggio delicato e difficile, perché si richiama, da un lato, il programma del Governo e, dall'altro, una verifica sui contenuti e sugli effetti dello stesso, vale a dire se dunque la proposta di riforma è pienamente rispondente agli obiettivi di interesse generale.

Personalmente ritengo che sarebbe stato forse prevedibile seguire un percorso logico diverso, approvando prioritariamente il cosiddetto provvedimento La Loggia, cioè il disegno di legge n. 1545, recante "Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", realizzando così un autentico e forte federalismo fiscale e infine la devoluzione. Rischiamo, invece, di procedere senza un quadro generale di riferimento. Basti pensare alla pure importante modifica che destina, con l'articolo 3 del disegno di legge finanziaria, l'IRPEG ai luoghi di produzione, affermando dunque un forte legame tra obbligazioni tributarie e territorio, tra imposte e valore ambientale, realizzata però con legge di bilancio.

Senza la riforma del Titolo V, la devoluzione rischia di non poggiare su pilastri forti; è allora, necessario assicurare le due seguenti condizioni: procedere con un riequilibrio della legislazione concorrente e promuovere una leale collaborazione delle Regioni, mentre dobbiamo riscontrare come sia aumentato il tasso di conflittualità tra Stato ed enti regionali.

Il testo dell'articolo 117 - come è stato ricordato - aggiunge competenze esclusive alle Regioni. La portata della nuova competenza regionale risulta quanto mai complessa e potenzialmente controversa.

Noi riteniamo che siano argomenti complessi, che richiedono certamente degli approfondimenti. Dobbiamo fare attenzione a non compiere errori, errori che si aggiungerebbero a quelli della passata legislatura.

È stato autorevolmente richiamato che il progetto di riforma si riallaccia alla Costituzione del 1948. E allora, ho voluto rileggere ciò che disse l'onorevole Ambrosini, relatore alla seconda Sottocommissione, nell'illustrare e difendere l'ex articolo 109, facendo rilevare come la potestà attribuita alla Regione non intacchi né diminuisca in alcun modo la potestà superiore e l'interesse generale dello Stato, non solo per la ristrettezza della materia e per la sua importanza meramente locale, ma anche per i limiti di potestà più generale che si pongono all'esecuzione di siffatta potestà legislativa e per i correttivi previsti per frenare l'eventuale azione del consiglio regionale che straripasse dai limiti della sua competenza, o che in altro modo apportasse una lesione all'interesse delle altre Regioni o dello Stato.

La legislazione dell'ex articolo 109 non era esclusiva, perché condizionata dalle suddette restrizioni, preventive e di sostanza, e dalle altre successive restrizioni derivanti dalla facoltà attribuita di impugnare le norme legislative deliberate dalle Regioni. Non possiamo dunque nascondere la preoccupazione di non pregiudicare i diritti per l'interesse superiore dello Stato o di singole altre Regioni. Credo che non sia un momento di retorica quello di compromettere l'unità dello Stato. Parliamo di una legislazione integrata che si svolga nell'ambito dei princìpi generali indicati dalle leggi dello Stato.

Siamo in grado, allora, di assicurare quell'uniformità indispensabile a garantire l'unità del Paese in taluni aspetti essenziali della legislazione e dell'amministrazione? Infatti, un conto è dare efficacia alle scuole, affidandole al governo delle Regioni, che certamente è più vicino al popolo e meglio ne comprende i bisogni, senza però sopprimere la funzione direttiva e coordinatrice del Ministero, un conto è prevedere diversamente.

Nella scuola sorge il problema del reclutamento del personale, del valore dei diplomi, del personale sotto il contratto dello Stato e dei programmi: quali programmi, e quale stato giuridico degli insegnanti? Il problema scolastico, come si vede, è di una certa gravità e la scelta non andrebbe valutata alla luce dell'articolo 33 della Costituzione, che sancisce la libertà di insegnamento. La potestà normativa delle Regioni è garantita, certo, dalla Costituzione, ma come viene fatta valere questa garanzia, di fronte a quale giudice? All'attuale Corte costituzionale o a quella necessariamente riformata che ricomprenderà i rappresentanti regionali? Questa sì che è una riforma urgente da apportare.

E come si affronta il problema del coordinamento tra le forze di polizia locali e quelle di polizia statali? Nella sanità - il presidente Fisichella lo ha ricordato poco fa - non va trascurato il problema epidemiologico. Esso era stato sollevato anche nell'Assemblea costituente, quando erano emersi, proprio in quella sede, il problema di alcune malattie, quale, ad esempio, la malaria ed altre malattie anche di carattere razziale.

E allora, nell'ambito della spesa sanitaria regionale, sembrerebbe necessario riconoscere allo Stato una competenza idonea e incidente sulla dinamica della spesa sanitaria regionale, attraverso un coordinamento e un monitoraggio rispetto a scelte che rischiano di riverberarsi sugli equilibri della finanza pubblica.

Non mi soffermerò sullo studio dell'ISAE, certamente una struttura governativa, che pure ha ampiamente illustrato i costi della riforma. Credo però che se un cittadino normale avesse letto "Il Giornale" di ieri e il "Corriere della Sera" di oggi avrebbe incontrato una qualche difficoltà a comprendere i costi della riforma.

Certamente la portata del disegno di devoluzione è di dimensioni definite straordinarie e allora dobbiamo valutare i rischi connessi all'attuazione di questa riforma costituzionale; i costi dipenderanno dalla quantificazione delle risorse umane necessarie a gestire e implementare le operazioni di decentramento delle funzioni.

Non possiamo sottovalutare i rischi che nella prima fase aumentino i costi per le dinamiche retributive, per la riqualificazione, per le consulenze, per la segmentazione normativa, per gli adempimenti tributari in ambiti territoriali diversi; basti pensare alle imprese e ai gruppi che possono essere costretti a fronteggiare normative contrapposte. Il quesito che dobbiamo porci è se le riforme di funzioni possano contribuire all'equilibrio di bilancio.

Inoltre, vi è il rischio di una crescita complessiva delle spese e dell'innalzamento della pressione fiscale a livello locale, come abbiamo già riscontrato nella sanità per le difficoltà a contenere le dinamiche di spesa. Costi certi e benefici difficilmente apprezzabili derivanti dal miglioramento dell'efficienza del settore pubblico regionalizzato richiedono un controllo dell'impatto finanziario del trasferimento delle funzioni.

Non si possono non riconoscere allo Stato una responsabilità finale e poteri di coordinamento e controllo, anche a tutela dei valori protetti dall'articolo 5 della Costituzione. Basti pensare alle responsabilità connesse al rispetto del patto di stabilità sottoscritto con l'Unione.

La frammentazione del processo decisionale propria del sistema federalista rende ancora più necessaria la garanzia di comportamenti finanziari dei vari livelli di governo coerenti con gli obiettivi di stabilità finanziaria e fiscale.

È indubbio che il federalismo è necessario per riqualificare le funzioni del Governo centrale. Quello che vogliamo è la definizione di un disegno organico di federalismo finanziario, mentre il decreto-legge n. 209 del 2002 e il patto di stabilità interno portano ad un restringimento dell'autonomia finanziaria.

Dobbiamo allora rispettare il doppio vincolo dell'efficienza e delle responsabilità. Il mio è solo un invito alla riflessione, un invito a non sottovalutare gli effetti della scelta che stiamo per compiere e i rischi conseguenti. Avendo la piena consapevolezza dello scenario futuro, dobbiamo evitare di realizzare una regionalizzazione a geometria variabile.

La devoluzione non è una risposta esaustiva al disordine provocato dalla riforma del Titolo V e va adeguata ad un processo che sarà necessariamente lento e complesso. Dobbiamo evitare di dare al Paese la sensazione che si voglia parcellizzare tutto. Dobbiamo fare riforme utili ai cittadini. Abbiamo posto la sfida sui contenuti, senza abbandonarci però alla logica del rifiuto; soprattutto, non si può negare alla maggioranza la possibilità di proporre un modello federale diverso da quello proposto dall'opposizione, anche se questo confligge con i limiti propri del sistema maggioritario. Non si può negare la facoltà di discutere sui contenuti, impedendo quei perfezionamenti indispensabili a fugare dubbi e preoccupazioni.

Stamane il presidente D'Onofrio ha indicato la via che riteniamo praticabile per rimuovere le preoccupazioni diffuse anche nella maggioranza, con un emendamento che, seppur limitato, assumerebbe un grande significato politico. Da parte nostra abbiamo una cultura autonomistica, che affonda le radici nel pensiero e nell'opera di Sturzo e che ha determinato le scelte regionalistiche nella Carta costituzionale, scelte che mantengono ancor oggi vitalità e freschezza.

Resta per noi il nodo dell'equilibrio, della sintesi tra autonomia e solidarietà. A ciò guardiamo con l'impegno di chi non vuole privilegiare gli egoismi, non vuole distruggere bensì costruire istituzioni solide, al servizio dei cittadini e del Paese. (Applausi dai Gruppi UDC:CCD-CDU-DE e FI e del senatore Carrara. Congratulazioni).

7 novembre 2002 - Intervento in Commissione Affari Costituzionali  (1545) Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Seguito dell'esame e rinvio)

Il senatore EUFEMI, illustrando gli emendamenti 5.4, 5.7, 5.5 e 5.6, richiama l'attenzione del relatore e del Governo sulla necessità di precisare che la riallocazione delle funzioni riguarda solo quelle dello Stato e delle Regioni, non quelle delle autonomie funzionali alle quali, anzi, secondo i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, possono essere attribuite ulteriori funzioni. In particolare l'emendamento 5.6 è volto a far rientrare le Camere di commercio nell'orbita di protezione della sussidiarietà orizzontale, al pari delle università e delle autonomie scolastiche. Ricorda, in proposito, che la Corte Costituzionale ha definito le Camere di commercio come enti che si collocano in una posizione intermedia fra lo Stato e gli enti territoriali, assolvendo la loro attività secondo modalità che si situano tra le regole pubbliche e quelle dell'autonomia privata. 

Trattandosi di enti autonomi di diritto pubblico, potrebbe sostenersi, a suo avviso, che l'ordinamento delle Camere di commercio rientra nella sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera g), il che consente di evitare una disciplina diversificata a seconda delle Regioni. Infine, la natura di enti che riflettono l'autonomia dei privati permetterebbe di riconoscere alle Camere di commercio il particolare favore previsto dall'articolo 118, quarto comma, della Costituzione.

Il presidente PASTORE, relatore, convenendo con la proposta illustrata dal senatore Eufemi, osserva che una formulazione più ampia sull'autonomia funzionale consentirebbe di comprendere altri soggetti, oltre alle Camere di commercio.

Il senatore EUFEMI osserva che la soppressione di tutte le forme di controllo non costituisce un fattore di migliore funzionamento degli enti locali, alcuni dei quali, tra l'altro, non sono in grado di organizzarsi autonomamente per lo svolgimento di controlli di gestione.

EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 1545

Art. 5

5.4 EUFEMI

Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: "provvedono a conferire le funzioni amministrative", inserire le seguenti: "da loro". __________________________

5.7 EUFEMI

Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: "tenendo conto", inserire le seguenti: "anche ai fini dell'assegnazione di ulteriori funzioni". __________________________

5.5 EUFEMI

Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: "enti di autonomia funzionale", inserire le seguenti: "cui sono assegnate ulteriori funzioni secondo gli stessi criteri". __________________________

5.6 EUFEMI

Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: "attività amministrative di interesse generale da parte di", inserire le seguenti: "Camere di commercio". __________________________

6 novembre 2002  - (1795) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, recante disposizioni urgenti in materia di razionalizzazione della base imponibile, di contrasto all'elusione fiscale, di crediti di imposta per le assunzioni, di detassazione per l'autotrasporto, di adempimenti per i concessionari della riscossione e di imposta di bollo

Proseguendo nella discussione generale, interviene il senatore EUFEMI, il quale riepiloga in premessa gli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni contenute nel decreto legge, facendo presente che i maggiori effetti derivano dall'articolo 1 comma 1, lettera b), relativo alla deducibilità delle minusvalenze relative a immobilizzazioni finanziarie, nonché dalle modifiche alla disciplina della dual income tax e delle misure sulla deducibilità degli accantonamenti per le imprese di assicurazioni. 

Si tratta di una pluralità di interventi che hanno un immediato impatto sulle imprese poiché si applicano all'anno di imposta in corso ed influenzano anche i criteri di determinazione dell'acconto di novembre. Poiché la finalità è quella di recuperare gettito compensando le minori entrate dell'autoliquidazione dell'IRPEG di luglio, fa presente che tale contrazione va ricondotta alla caduta degli utili registrata dalle imprese nel 2001 rispetto al 2000, ma anche all'incidenza della rivalutazione dei beni aziendali introdotta dal precedente Governo e prorogata dall'attuale Esecutivo. 

Commenta poi positivamente le disposizioni del decreto-legge in favore delle imprese, in particolare quelle che consentono di eliminare in radice le liti con l'Amministrazione finanziaria in ordine alla utilizzazione fiscale dei disavanzi da annullamento emergenti da operazioni di fusione e scissione e quelle che ripristinano il credito di imposta per le nuove assunzioni per il periodo da luglio a dicembre 2002. 

Per valutare compiutamente il provvedimento occorre considerare che esso si inserisce in un quadro economico finanziario che presenta alcune criticità. In ogni caso, non può essere sottaciuta la circostanza che le imprese sono chiamate a reperire risorse aggiuntive, ed impreviste, proprio per tener conto delle disposizioni introdotte dal decreto-legge a ridosso della scadenza di novembre. 

Solleva infatti il problema della difficoltà per le imprese a reperire in tempi rapidi le informazioni necessarie per applicare la norma sulla deducibilità delle svalutazioni delle partecipazioni. Su tale aspetto egli sottolinea che ragioni di equità e certezza del diritto avrebbero dovuto consigliare una tempistica diversa e rendere applicabile tale disciplina a partire dall'ultimo bilancio disponibile delle società partecipate. 

Comunque, sarebbe stato più opportuno coordinare la norma concernente le svalutazioni operate sulle partecipazioni immobilizzate con quanto previsto nel disegno di legge di riforma del sistema tributario. In merito a tali disposizioni sarebbe opportuno prevedere un regime transitorio volto a ridurre le difficoltà per le imprese e a rafforzare l'incentivo ed adattare le strutture finanziarie in modo coerente col nuovo regime impositivo. 

Per quanto riguarda invece le modifiche della disciplina della dual income tax, fa presente che tale disciplina agevolativa è stata utilizzata in misura prevalente dalle imprese di grandi dimensioni, ubicate in gran parte nel Nord del Paese ed operanti nel settore dei servizi: si tratta di indicazioni significative per capire l'efficacia di tale disposizione tributaria. Passando ad analizzare le disposizioni in tema di riscossione, va tenuto presente che esse hanno diretta influenza sul complessivo sistema, sia sotto il profilo dell'equilibrio economico delle aziende che sotto l'aspetto più prettamente operativo della loro attività. 

Le misure proposte dal Governo vanno quindi nella direzione di tener conto delle esigenze del sistema, ma occorre evidenziare che la percentuale di penalizzazione degli aggi prevista per il mancato raggiungimento dell'obiettivo di riscossione (che, la Camera ha ridotto dal 30 al 20 per cento), risulta ancora troppo elevata, soprattutto se si tiene conto che detti obiettivi sono stati oggettivamente fissati ad un livello eccessivamente alto e con rischi per il raggiungimento dell'equilibrio economico delle gestioni. Egli sollecita peraltro il Governo a compiere un ulteriore approfondimento sulla portata delle norme introdotte dalla Camera dei deputati con i commi da 2-sexies in poi dell'articolo 4. Sottolinea poi con forza l'urgenza di coordinare le disposizioni in materia di riscossione coattiva delle entrate locali con la normativa generale in tema di riscossione delle entrate erariali. 

Emergono inoltre problematiche particolarmente delicate in ordine alla riservatezza e all'utilizzo delle informazioni in relazione alla facoltà di accesso ai dati disponibili presso il sistema informativo del Ministero dell'economia e delle finanze in conseguenza dell'estensione di tale facoltà ai comuni ed ai soggetti riscossori. 

L'oratore quindi, riepilogando le osservazioni critiche preannunzia la presentazione di specifici emendamenti in Assemblea concernenti in particolare le disposizioni recate dall'articolo 1. Il giudizio complessivamente positivo sulle finalità del decreto-legge non va quindi disgiunto da una valutazione critica su numerosi punti, né può far sottacere le forti perplessità della propria parte politica circa il metodo seguito dal Governo per proporre nuove disposizioni in campo tributario. Gli obiettivi di semplificazione e di tutela dell'affidamento del contribuente sono certamente lontani dall'essere conseguiti, soprattutto a causa del continuo ricorso della decretazione d'urgenza. 

Egli invita quindi il rappresentante del Governo e la Commissione a riflettere sulla necessità di modificare il decreto-legge, evitando scorciatoie e soluzioni affrettate, soprattutto per quelle disposizioni che sono state approvate dalla Camera dei deputati senza il necessario approfondimento. 

Egli respinge naturalmente la proposta di non convertire in legge il decreto, ma riterrebbe profondamente errato non apportare modifiche al testo in esame.

16 Ottobre 2002 - (1738) Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, recante disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale (Relazione orale) 

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, vorrei svolgere alcune considerazioni sull'emendamento 1.500.

In data 25 luglio 2002 le piccole e medie imprese hanno sottoscritto, insieme ad altre organizzazioni sindacali ed imprenditoriali, l'avviso comune in materia di emersione di lavoro sommerso introducendo alcuni princìpi destinati ad essere tradotti, grazie all'impegno dei Ministeri interessati, in apposita disciplina di legge, a parziale modifica della normativa vigente. 

Tra le innovazioni introdotte dal decreto-legge n. 210 si prevede la costituzione di organismi collegiali territoriali (i cosiddetti CLES) con la partecipazione delle amministrazioni coinvolte e delle organizzazioni comparativamente più rappresentative, sul piano nazionale, dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro. 

La dizione utilizzata all'articolo 1-bis, tuttavia, unitamente al numero dei componenti prescelti (otto in tutto), produce un grave danno alla rappresentatività delle piccole e medie imprese che verrebbero escluse dagli organismi in questione. Va sottolineato che in sede di trattativa per la predisposizione dell'avviso comune il testo dell'accordo tra le parti sociali, a differenza di quanto poi disposto dal decreto-legge n. 210, escludeva esplicitamente il riferimento alle organizzazioni di parte datoriale ed il ricorso al criterio dell'organizzazione comparativamente più rappresentativa riconoscendo, invece, l'esigenza della massima partecipazione dei soggetti firmatari. 

Sarebbe allora paradossale voler perseguire politiche di coinvolgimento delle parti sociali nei processi di emersione rinunciando, nel contempo, al fondamentale contributo della rappresentanza territoriale della piccola e media impresa nell'attuazione e gestione delle iniziative previste a tale scopo. La questione è di massima importanza in quanto coinvolge direttamente i fondamenti della rappresentatività delle confederazioni nel settore industriale. Il principio che oggi sembra prevalere, quello cioè relativo all'organizzazione comparativamente più rappresentativa in luogo del tradizionale rinvio alla maggiore rappresentatività, è dirompente per il sistema delle piccole e medie imprese e per l'equilibrio della presenza dell'organizzazione imprenditoriale negli organismi pubblici collegiali. Ritenevo di fare cosa utile richiamando l'attenzione del Governo e del relatore sul problema della rappresentanza; è necessario tener conto della realtà del Paese che è fatta certo di grandi imprese, alcune in crisi, ma anche di piccole e medie imprese che rappresentano la spina dorsale della nostra economia, troppo spesso dimenticata.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, c'è troppo brusìo in Aula. Devo pregarvi di abbassare il tono. 

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Quelle piccole e medie imprese che rappresentano, appunto, la spina dorsale del Paese e che hanno garantito la tenuta dell'occupazione, anche grazie al sostegno di buone leggi come la n. 317 del 1991 o la legge n. 1329 del 1965 (cosiddetta Sabatini, lo ricordo a chi ha poca memoria storica, ma per quello c'è sempre la strada dei debiti formativi). Troviamo, dunque, una contraddizione tra affermazioni di principio e risultati pratici che richiederebbero certamente una grande coerenza. (Applausi dal Gruppo UDC:CCD-CDU-DE).

16 Ottobre 2002 - (1707) Conversione in legge del decreto-legge 13 settembre 2002, n. 200, recante interventi urgenti a favore del comparto agricolo colpito da eccezionali eventi atmosferici (Relazione orale) 

....EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, l'ordine del giorno pone il problema della fase transitoria rispetto al ricorso alle assicurazioni ed è legato all'emendamento 4.5/1 presentato dopo l'approvazione di una proposta emendativa del Governo recepita dalla Commissione agricoltura.

La finalità dell'articolo 4, cioè di orientare i produttori verso la copertura assicurativa dei rischi, indubbiamente è più efficace e rispondente alle esigenze aziendali.

Viene pertanto abrogata la disposizione che oggi consente alle imprese di beneficiare degli aiuti compensativi, scelta che noi riteniamo condivisibile, ripristinando la disposizione della legge n. 185 del 1992 che non consente l'accesso agli aiuti compensativi per le produzioni ammissibili all'assicurazione agevolata. Tuttavia, occorre tenere conto delle situazioni  e dunque della fase transitoria che prima richiamavo  in particolare per le aree più colpite dalle avversità atmosferiche, che riceverebbero un durissimo colpo. 

Quindi, se la scelta dell'incentivazione appare saggia, occorre anche considerare la particolare situazione del mercato con i costi delle polizze assicurative agevolate che sono aumentati del 40 per cento. Questo è il punto sul quale noi richiamiamo l'attenzione del Governo e del relatore ed è questa la nostra preoccupazione. 

Di qui l'esigenza di monitorare più attentamente la situazione, prevedendo lo spostamento del termine  è questa la finalità dell'emendamento 4.5/1 in modo da considerare non una sola, ma due annate agrarie. Per queste considerazioni ritiro l'ordine del giorno, che è stato superato dalla presentazione dell'emendamento della Commissione, ma mantengo l'emendamento 4.5/1. (Applausi)

 3 ottobre 2002 - Discussione  sull'impegno italiano in Afghanistan

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, onorevole Ministro della difesa, senatori, il Gruppo UDC voterà a favore della risoluzione n. 1 della maggioranza, recependo e condividendo la linea esposta dal ministro Martino, che comporta l'invio del contingente militare italiano in Afghanistan, nel rispetto del Trattato di Washington e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, quindi nell'ambito degli impegni assunti nelle sedi internazionali con l'operazione "Enduring Freedom". La finalità è quella di concorrere all'obiettivo di pace nel mondo, in un'area in cui la situazione, alla luce delle recenti violenze e attentati, non è ancora né stabilizzata, né normalizzata, mentre è necessario consolidare i risultati ancora parziali.

La posizione del Governo in politica estera è coerente e in continuità con le decisioni passate assunte sull'Afghanistan. Non c'è un contesto mutato; il nostro non è un "bizzarro" atteggiamento. Il nostro non è un atteggiamento che cambia a seconda delle stagioni politiche, come invece riscontriamo nello schieramento dell'opposizione, dove hanno prevalso le pressioni movimentiste e antagoniste condizionate da logiche di politica interna. Siamo chiamati a svolgere un ruolo nell'ambito internazionale, un ruolo di pace e di sicurezza, con l'obiettivo di debellare le forze di terrorismo internazionale ancora operanti; siamo obbligati a contribuire al mantenimento dell'equilibrio e della pace mondiale anche per mezzo della nostra partecipazione, specie dopo avere recuperato una rilevante leadership in ambito internazionale.

Oggi, in quest'Aula non è in discussione il principio della guerra preventiva, anche se molti hanno dimenticato in fretta la lezione dell'11 settembre 2001; occorre avere memoria della grande strage dei kamikaze di Bin Laden e del potenziale distruttivo ancora minacciosamente disponibile a tali forze eversive internazionali che hanno avuto sostegno e supporto da fiancheggiatori "Stati canaglia".

La debolezza della sinistra sta proprio nella sua incapacità di assumere coraggiose responsabilità di fronte ad una situazione così complessa e che avrebbe avuto bisogno di un gesto forte e preciso, mentre riscontriamo autorevoli dissociazioni, divisioni e contrapposizioni.

Apprezziamo la posizione illustrata dal ministro Martino, e in particolare il suo costante dialogo con il Parlamento, come ha ricordato il collega Meleleo, che rappresenta un non insignificante coinvolgimento nella decisione per l'allargamento dell'unità.

Troppi a sinistra (e non solo, anche i più fermi sostenitori del Governo D'Alema) hanno dimenticato in fretta perfino le cronache della guerra in Kosovo, ove il centrodestra con grande senso di responsabilità, non fece mancare il suo solidale appoggio parlamentare. Bene ha fatto il ministro Martino a tenere distinte e separate le due questioni tra Afghanistan e Iraq: tra di esse non esiste correlazione, come hanno riscontrato i tedeschi e come non vuole fare gran parte della sinistra italiana.

Avremmo preferito un consenso bipartisan su una posizione di politica estera che riguarda l'interesse nazionale, la presenza e il ruolo del nostro Paese nelle gravi vicende internazionali. Ciò avrebbe fatto sentire la vicinanza di tutto il Parlamento e di tutto il Paese, rispetto ad una missione difficile per i nostri militari, e avrebbe necessitato di una coesione istituzionale a sostegno delle nostre Forse armate impegnate a garantire ordine, pace, sicurezza e libertà.

C'è bisogno ancora di garantire la fase di transizione, rafforzare le istituzioni, contrastare le violenze e difendere in quell'area la legalità internazionale, favorendo per quelle popolazioni un cammino di speranza.

C'è soprattutto bisogno, sul piano interno, di non rompere il fronte antiterrorismo e di non alimentare rigurgiti di anti-americanesimo.

Vi sono momenti in cui non si possono avere né incertezze, né tentennamenti, né distinzioni e né ambiguità, ma precise assunzioni di responsabilità.

È per questo che il Gruppo UDC esprime il convinto voto favorevole sulle risoluzioni della maggioranza, auspicando la più larga convergenza. (Applausi dai Gruppi UDC: CCD-CDU-DE, FI e AN. Congratulazioni).

26 settembre 2002 - Dichiarazione di voto su DL relativo alla legalizzazione del lavoro irregolare degli estracomunitari

(1692) Conversione in legge del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195, recante disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, il decreto legge n. 195 si pone in continuità con la legge n. 189 Bossi-Fini-Giovanardi, se così possiamo dire, accogliendo le nostre indicazioni per la legalizzazione del lavoro dei cittadini extracomunitari occupati nel nostro sistema economico, dopo quella operata per l'assistenza familiare.

È innegabile che questo decreto presenti i caratteri costituzionali della straordinarietà e dell'urgenza, perché temporalmente legato all'entrata in vigore della legge n. 189 e dunque senza pericolosi vuoti normativi.

Esso va nella direzione da noi fortemente auspicata e sollecitata e risponde ad un preciso impegno assunto nelle sedi politiche e parlamentari, ad un accordo che abbiamo rispettato e che è stato rispettato.

Il paziente lavoro dei relatori Boscetto e Zanoletti (come ricordato dal senatore Del Turco al quale suggerisco, rispetto al suo inciso, di rileggere le comunicazioni del Governo in Senato in ordine al fatto grave di Novi Ligure) ha permesso di superare, insieme all'azione del sottosegretario Mantovano, non poche asperità.

Il pieno recupero della funzione istruttoria nel procedimento legislativo ha reso possibile affrontare in modo pacato, sereno, riflessivo, i diversi problemi emersi nel corso del confronto parlamentare, apportando con la nostra ferma azione significative modifiche al decreto originario.

Il testo è stato migliorato in alcune parti essenziali perché innanzitutto viene offerto con l'indicazione della data di scadenza dell'11 novembre 2002 un quadro di certezze rispetto al termine per la regolarizzazione del lavoro irregolare, evitando confusione e disordine legislativo.

Un particolare apprezzamento deve essere rivolto al Governo che non si è fatto trovare impreparato nell'organizzazione e nella distribuzione dei kit per le regolarizzazioni.

Abbiamo indicato l'esigenza di flessibilità del sistema e la necessità di tenerne conto, nel decreto sui flussi, per quanto riguarda la programmazione per i settori a forte incidenza stagionale come turismo e agricoltura.

È stata eliminata ogni conseguenza per gli imprenditori a seguito della dichiarazione di emersione e quindi introdotta una norma chiara che elimina ogni dubbio ed incertezza, incentivando e incoraggiando in ogni modo l'interesse del datore di lavoro a procedere alla regolarizzazione estendendo l'area delle violazioni per le quali è prevista la non punibilità fino alla data di rilascio del permesso di soggiorno, evitando ogni rischio di contestazione.

Abbiamo sottolineato la necessità di evitare facili generalizzazioni tra chi ha commesso la sola irregolarità di entrare senza permesso e chi ha commesso reati. In questo senso viene disciplinata la revoca, delineando una griglia stretta attraverso misure cautelative che coniugano sicurezza e solidarietà, severità ed umanità. Questo rappresentava il punto nodale, il più delicato del decreto, ed aver trovato un'intesa tra le forze della coalizione di governo rappresenta un punto di forza, un innegabile successo dell'intera maggioranza e del Governo.

Ci siamo mossi nel segno della costruttività, del realismo, della concretezza, guardando ad una regolarizzazione che sia anche politica attiva di integrazione, cercando di dare risposte positive al problema dei flussi immigratori.

Questo disegno di legge si pone in linea con l'azione di governo tesa ad un efficace riordino della politica di immigrazione, ma siamo convinti che la complessità del fenomeno richieda interventi incisivi e costanti in ragione di una complessità che non può ritenersi esaurita con questo provvedimento.

Il Gruppo UDC ha ribadito con forza la necessità di difendere la dignità e i diritti di ogni singola persona, la solidarietà sociale con i più deboli, la solidarietà tra i popoli, ma con altrettanta forza e determinazione i diritti di ciascun cittadino alla sicurezza della persona e dei propri beni, che significa innanzitutto rispetto della legge e del nostro ordinamento da parte di tutti, quel rispetto che i nostri emigranti hanno avuto verso i Paesi che li hanno ospitati.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, un parlamentare dell'opposizione ha avuto la sfrontatezza di definirci "cornuti, mazziati e contenti", che contavamo meno di zero, che eravamo ridicoli ed ipocriti. Il nostro unico torto è stato quello di avere avuto pazienza, di avere costruito il risultato odierno, giorno dopo giorno, con tenacia, coraggio e determinazione. Il risultato è di tutta evidenza. Abbiamo costruito il gioco: prima la legge Bossi-Fini-Giovanardi, migliorandone alcuni aspetti essenziali che non voglio qui ricordare, in quegli aspetti che sono stati propedeutici a questo decreto-legge, e poi le rilevanti modifiche apportate. Prima eravamo soddisfatti, oggi siamo soddisfattissimi, ma consapevoli di avere svolto la nostra funzione, una funzione al servizio del Paese.

Abbiamo smentito con i fatti e con i risultati coloro che hanno irriso alla nostra azione abbandonandosi a giudizi avventati. Non siamo mossi né da buonismo gratuito, né da demagogia o da interessi occulti, e abbiamo perciò ritenuto ingenerose, inopportune, inaccettabili le valutazioni sull'impegno e sull'azione della Chiesa a sostegno delle situazioni di bisogno e dei più deboli. Ancora una volta abbiamo fatto prevalere i valori irrinunciabili del lavoro e della persona umana.

Per queste ragioni il Gruppo UDC, oltre le motivazioni espresse dal collega Maffioli, esprime un convinto voto favorevole, caro senatore Del Turco, alla conversione del decreto. (Applausi dai Gruppi UDC:CCD-CDU-DE, FI, e AN. Congratulazioni).

17 settembre 2002 - Intervento a Commissioni riunite (1a e 11a) sulla conversione in legge del decreto sull'immigrazione

COMMISSIONI 1ª e 11ª RIUNITE 1ª (Affari costituzionali) 11ª (Lavoro, previdenza sociale)

Presidenza del Presidente della 11ª Commissione ZANOLETTI

Intervengono il ministro del lavoro e delle politiche sociali Maroni, il sottosegretario per lo stesso dicastero Brambilla ed il sottosegretario per l'interno Mantovano. La seduta inizia alle ore 15.

IN SEDE REFERENTE

(1692) Conversione in legge del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195, recante disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari

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Il senatore EUFEMI considera il decreto necessario e urgente, trattandosi di situazioni che non possono essere trascurate, anche se i rilievi e le segnalazioni sul testo del provvedimento formulate dagli stessi relatori inducono ad alcune modifiche. Anzitutto, sarebbe opportuno distinguere i rapporti di lavoro tenendo conto che alcuni di essi hanno normalmente durata inferiore a un anno, con particolare riguardo ai settori interessati al lavoro stagionale, come il turismo e l'agricoltura. Considera particolarmente opportune le disposizioni dell'articolo 1, comma 6 e dell'articolo 2, comma 1 ed esprime un giudizio positivo sull'operato del Governo nell'attuazione delle norme in tema di regolarizzazione già contenute nella recente legge sull'immigrazione. 

Quanto ai nuovi interventi di regolarizzazione, egli ritiene necessario non generalizzare considerando in una disciplina unica chi sia entrato senza permesso o si sia trattenuto a permesso scaduto in Italia svolgendo un lavoro e chi invece sia stato espulso dall'Italia per aver commesso reati. A nome della sua parte politica, dichiara dunque un orientamento favorevole a regolarizzare la posizione di chi si trovi già in Italia per l'appunto a scopo di lavoro e non abbia commesso illeciti diversi da quello consistente nell'ingresso o nella permanenza senza titolo. 

Quanto al termine per la presentazione delle domande di regolarizzazione contenute nel decreto-legge, egli ritiene che esso debba essere allineato a quello già previsto per le collaboratrici domestiche e le cosiddette badanti, mentre in tema di impronte digitali non dovrebbero esservi discriminazioni tra cittadini italiani e stranieri; nondimeno, per i cittadini italiani è ragionevole una maggiore gradualità nell'applicare la prescrizione, anche per ragioni di spesa. In merito alle false dichiarazioni, segnala l'esigenza di prevenire casi critici che possono trarre in inganno anche i datori di lavoro e manipolazioni dei dati a scopo elusivo, ad esempio dell'imposizione fiscale. 

Segnala inoltre l'esigenza di rivolgere un'attenzione particolare anche ad altre attività, come quelle svolte presso gli studi professionali o per scopi non commerciali. 

Esprime, quindi, un indirizzo di principio nel senso di ritenere fondamentale il valore della dignità e dei diritti di tutte le persone e quello della solidarietà tra i popoli, nelle garanzie di sicurezza dei cittadini e dei loro beni, anche attraverso la necessaria azione di contrasto alla criminalità organizzata. 

Auspica, infine, un confronto sereno, utile a introdurre nel decreto-legge le modifiche più opportune e ragionevoli.

30 luglio 2002 - Relazione orale sulla conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138  (interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree svantaggiate) -  (Approvato dalla Camera dei deputati)

Onorevoli colleghi, le disposizioni contenute nel provvedimento all'esame rivestono fondamentale importanza in ordine ad una pluralità di obiettivi.

Si tratta, in particolare, di operare un urgente contenimento dell'andamento della spesa sanitaria, in particolare farmaceutica; di offrire sostegno all'attività economica, attraverso la razionalizzazione delle misure agevolative relative al credito d'imposta per le aree svantaggiate e per il settore agricolo; l'adozione di misure a favore del settore auto, mediante l'incentivazione dell'acquisto di autovetture nuove o usate purché dotate di dispositivi antinquinamento conformi alle direttive comunitarie; la proroga di benefici in materia di accise.

Il decreto-legge mira, inoltre, ad assicurare efficienza e efficacia nella gestione pubblica, attraverso l'unificazione delle competenze in materia di giochi e scommesse, la trasformazione dell'Ente nazionale per le strade (ANAS) in società per azioni, il riassetto del CONI, le misure di razionalizzazione concernenti l'attività dei concessionari della riscossione. Hanno, infine, trovato posto nel decreto le misure urgenti per fronteggiare la crisi idrica. Non vi è dubbio che la complessità della materia avrebbe richiesto uno spazio più ampio per l'approfondimento da parte delle Camere, ma doveva anche essere considerata l'esigenza di intervenire con sollecitudine nell'adozione di interventi che non potevano attendere la ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa estiva. D'altra parte, l'esame in sede parlamentare, ed in particolare presso le Commissioni 5a e 6a del Senato, di cui sono chiamato a dar conto, è stato quanto mai serio ed approfondito, con specifico riferimento ad alcuni aspetti sostanziali del provvedimento.

Avverto che la mia relazione farà riferimento alle disposizioni contenute negli articoli da 1 a 6 e, successivamente, nell'articolo 8 del provvedimento, ed in particolare agli aspetti che hanno richiamato maggiore attenzione durante l'esame in sede referente. Inoltre, considerate le implicazioni di carattere fiscale, mi permetterò anche un accenno al dibattito relativo alle misure per la concessione del credito d'imposta per le aree svantaggiate, contenute nell'articolo 10.

L'articolo 1 contiene diverse disposizioni concernenti: la proroga di alcune agevolazioni fiscali sull'utilizzo di determinati prodotti petroliferi; il termine per la maturazione dei crediti contributivi INPS suscettibili di cessione ai fini delle operazioni di cartolarizzazione; il termine per l'emanazione delle disposizioni in materia di rinegoziazione per i mutui di miglioramento agrario e fondiario; i termini relativi alle procedure di finanziamento, da parte dello Stato, dei progetti finalizzati a garantire l'uso della lingua minoritaria presso gli uffici pubblici.

Una rilevante modifica è stata introdotta dalla Camera con l'inserimento del comma 4-bis, che prevede la estensione temporale a tutto il 2002 della riduzione dell'aliquota di accisa per il gasolio impiegato da determinate categorie di esercenti l'attività di trasporto merci e persone.

Altre disposizioni introdotte dalla Camera riguardano: la concessione di una limitata proroga in relazione ad alcuni termini previsti nell'ambito delle procedure per l'apertura delle sale Bingo (comma 5-bis); il differimento al 15 dicembre 2002 dei termini di pagamento dei tributi e dei contributi per i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, (Sicilia orientale) (comma 7-bis); differimento, con riferimento agli enti locali, dei termini per la trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi che gestiscono servizi di rilevanza industriale in società di capitali (comma 7-ter).

L'articolo 2 del provvedimento contiene una serie di agevolazioni fiscali intese ad incentivare l'acquisto di autovetture nuove o usate purché dotate di dispositivi antinquinamento conformi alle direttive comunitarie. In particolare, si prevede l'esenzione dall'imposta provinciale di trascrizione, dalla tassa automobilistica, dall'imposta di bollo, per gli acquisti di autoveicoli con potenza massima di 85 Kw effettuati dall'8 luglio 2002 fino al 31 dicembre 2002 e dietro la consegna al venditore di un autoveicolo non conforme alla normativa comunitaria sull'inquinamento.

Le misure, particolarmente attese, mirano a sostenere il settore dell'auto, oggi particolarmente in crisi. Una crisi che, come è noto, deve essere valutata alla luce dell'ampiezza dell'indotto per i forti effetti sull'economia nazionale e su quella regionale del Piemonte in termini di gettito fiscale rispetto al prodotto interno lordo., in termini di occupati e di prodotto nel sistema locale del lavoro; per il fattore moltiplicativo di 1,14 addetti della filiera per ogni addetto FIAT; per il rilevante impatto che la FIAT ha sul tessuto produttivo e occupazionale nonostante la diversificazione e la internazionalizzazione del distretto; per la consistente presenza di un tessuto di imprese della componentistica dell'indotto e dei servizi - in evoluzione ma legate al gruppo automobilistico - sulle aziende terze piccole e piccolissime Certamente, una strategia di rilancio non potrà essere affidata alle sole misure fiscali in esame, ma dovrà concretizzarsi in interventi strutturali e coordinati, capaci di produrre positivi effetti nel medio lungo periodo.

Va dato atto al Governo della tempestiva emanazione delle istruzioni relative alla applicazione dell'articolo 2 (circolare n. 5 del 22 luglio 2002), che hanno precisato alcuni aspetti importanti della normativa.

In particolare, in merito alla decorrenza delle agevolazioni, è stato precisato che la data da cui far decorrere le agevolazioni in questione coincide con quella dell'atto di acquisto della proprietà dell'autoveicolo.

Pertanto, in base a tale impostazione, rientrano nei benefici gli autoveicoli acquistati nel periodo compreso tra l'8 luglio ed il 31 dicembre 2002, indipendentemente dal fatto che per i relativi atti non siano state ancora richieste oppure eseguite le formalità di trascrizione al PRA.

Inoltre, è stato precisato che le agevolazioni valgono anche per le persone giuridiche.

Importanti chiarificazioni sono state, infine, offerte quanto alla cumulabilità con agevolazioni già vigenti e con riferimento alla semplificazione degli adempimenti attraverso la procedura di autocertificazione.

L'articolo 3 reca disposizioni concernenti l'attività del servizio di riscossione tributi nonché la remunerazione spettante alle società concessionarie che svolgono la predetta attività. In particolare si stabilisce la possibilità per il concessionario di chiedere la dichiarazione di fallimento del debitore per conto dell'Agenzia delle entrate; una disciplina transitoria, per gli anni 2002 e 2003, concernente la remunerazione spettante alle società concessionarie e ai commissari governativi del servizio della riscossione per i ruoli emessi da uffici statali; la fissazione degli obiettivi minimi, in termini di maggiore riscossione rispetto a quella conseguita nell'anno 2001, che i concessionari dovranno raggiungere negli anni 2002 e 2003, l'obbligo dei concessionari e dei commissari governativi di anticipare, senza diritto ad interessi, il versamento degli importi corrispondenti agli obiettivi stabiliti per l'anno 2002.

Si tratta di una serie di misure intese ad assicurare in termini più accelerati il versamento alle casse dello Stato degli importi iscritti a ruolo.

E' evidente che tali misure comportano maggiori oneri per i concessionari che devono essere nel futuro riequilibrati per consentire una più equa remunerazione del servizio di riscossione.

In effetti, continuano a persistere preoccupazioni in ordine agli scenari futuri del servizio di riscossione dei tributi, interessato da ricorrenti interventi normativi. Va in tale contesto ribadita la necessità di assicurare, nel rispetto degli obiettivi fissati dal Governo per una maggiore efficienza operativa del sistema, le condizioni per una gestione economicamente e finanziariamente equilibrata per le aziende impegnate nel settore.

Proprio in ordine a tali aspetti, occorre valutare attentamente se le nuove disposizioni normative configurino condizioni operative idonee per conseguire, nel biennio 2002-2003, l'equilibrio economico finanziario da parte dei soggetti operanti nel settore. In effetti, una serie di ostacoli sembrano rendere assai arduo il conseguimento di tale obiettivo: insufficiente ammontare globale dell'indennità di presidio, presenza di forti penalizzazioni percentuali previste in caso di mancato raggiungimento dell'obiettivo con decurtazione fissa degli aggi anche per uno scostamento millesimale dell'obiettivo, previsione della decurtazione massima percentuale in misura pari al 30 per cento che rappresenta una penalizzazione eccessiva rispetto a quanto già proposto ed accettato in sede tecnica ministeriale (22 per cento).

Tale situazione preoccupa il Parlamento perché rischia di provocare gravi squilibri economici e finanziari alle aziende impegnate nel settore (per la quasi totalità appartenenti al sistema bancario) che possono ripercuotersi sulla regolarità e funzionalità del servizio incidendo negativamente sia sui necessari investimenti organizzativi sia in termini di ricadute sul personale dipendente.

L'articolo 3 prevede anche l'obiettivo, posto in capo all'Agenzia delle entrate, di effettuare maggiori accertamenti nel triennio 2002-2004; la possibilità per la stessa Agenzia delle entrate di procedere ad una transazione dei tributi iscritti a ruolo di esclusiva spettanza dello Stato. Su tale materia è intervenuta una rilevante modifica da parte della Camera. Infatti, nel testo originario del decreto-legge, tale transazione poteva essere effettuata "in caso di accertata maggiore economicità e proficuità rispetto alla attività di riscossione coattiva" e a condizione che l'importo complessivo degli stessi sia superiore a 1.500.000 euro. Nel testo approvato dalla Camera la transazione può avvenire solo dopo l'inizio dell'esecuzione coattiva e non sono previsti limiti d'importo. Inoltre, la transazione può avere luogo - sempre in caso di accertata maggiore economicità e proficuità rispetto alla attività di riscossione coattiva - quando, tuttavia, nel corso della procedura esecutiva emerga l'insolvenza del debitore o questi è assoggettato a procedure concorsuali.

Non vi è, dunque, alcuna ipotesi di condono, come è stato strumentalmente sostenuto dall'opposizione, e bene ha fatto il Governo a condizionare ulteriormente l'applicabilità delle disposizioni in esame.

Ipotesi di condono fiscale non sono all'ordine del giorno. Solo a seguito dell'attuazione della riforma fiscale delineata nel relativo disegno di legge delega, che contiene radicali trasformazioni del nostro sistema impositivo, potrà essere valutata l'opportunità di misure di sanatoria fiscale.

L'articolo 4 detta disposizioni in materia di unificazione delle competenze in materia di giochi. In particolare, si prevede che l'Amministrazione autonoma dei monopoli dello Stato sia la concessionaria del CONI in merito alle attività di gestione di determinate scommesse e concorsi.

Invero, da più parti politiche viene da tempo sottolineata la necessità di creare una Agenzia alla quale affidare le competenze in ordine ai giochi e alle scommesse. Aver mantenuto in capo ad un dipartimento la competenza su tale materia potrebbe non corrispondere pienamente alle aspettative riposte in ordine alla creazione di una struttura svincolata da rilevanti condizionamenti di carattere burocratico, che possono rendere difficile un'azione di rapido adattamento alle esigenze di mercato che condizionano tale settore di attività. Inoltre, potrebbe non risultare pienamente soddisfacente un assetto organizzativo che vede coesistere, nella stessa struttura burocratica, due diversi settori di competenze, quello dei giochi e quello dei tabacchi. Appare quindi opportuno richiamare l'attenzione del Governo sull'opportunità di migliorate tale assetto organizzativo.

Il comma 2 dell'articolo 4, nella nuova formulazione introdotta dalla Camera, prevede che il compenso dovuto dal giocatore al ricevitore per la partecipazione ai concorsi pronostici Totocalcio, Totogol, Totosei, Totobingol e Totip è fissato nella misura dell'8 per cento del costo al pubblico per colonna rispetto alle precedenti 800 lire determinando una diminuzione del contributo fisso spettante ai ricevitori che è passato dal 7,875 per cento (lire 63 per colonna, equivalenti a euro 0,0325) al 6,5 per cento.

Viene, quindi, a trovare soluzione una problematica che era emersa sia nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del citato decreto-legge n. 452, sia nell'ambito dell'indagine conoscitiva condotta dalla Commissione finanze e tesoro del Senato sul settore dei giochi e delle scommesse, in particolare in occasione dell'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei ricevitori sportivi.

Il comma 3-bis, introdotto dalla Camera, interviene in materia di utilizzo degli esperti del Secit che possono essere utilizzati da tutti i dipartimenti del Ministero dell'economia e delle finanze; a tali fini si è reso necessario con norma interpretativa di modificare il 7° comma, della legge n. 146 del 1980 nel senso di potere consentire a tali esperti di esercitare attività di consulenza e di ricoprire uffici pubblici.

L'articolo 5 intende individuare alcune modalità per il controllo dei flussi di spesa relativi ai crediti d'imposta previsti dalle vigenti disposizioni di legge. In particolare, viene introdotta una procedura diretta specificamente a contenere la fruizione delle diverse agevolazioni in forma di credito d'imposta entro i limiti previsti dalla normativa vigente.

Le disposizioni prevedono che con decreto interdirigenziale da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, venga comunicato l'avvenuto esaurimento delle risorse disponibili. A decorrere dalla data di pubblicazione del decreto interdirigenziale i soggetti interessati non possono più fruire di nuovi crediti di imposta i cui presupposti si sono realizzati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Con l'inserimento di un ulteriore periodo al comma 2, la Camera ha opportunamente precisato che nei confronti dell'interessato che utilizzi un credito di imposta dopo la pubblicazione del decreto interdirigenziale non si applicano interessi e sanzioni, purché entro trenta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ed entro lo stesso termine avvenga la spontanea restituzione degli importi indebitamente utilizzati.

Le disposizioni contenute nell'articolo 5 richiamano problematiche che interessano anche la fruizione del credito d'imposta per le aree svantaggiate, di cui al successivo articolo 10.

Polemiche ha suscitato, infatti, la decisione del Governo di operare un attento monitoraggio degli effetti finanziari delle misure agevolative vigenti, attraverso la previsione di plafond entro i quali assicurare la fruizione dei benefici. Invero, è difficile, se non impossibile, comprendere la natura di tali obiezioni, soprattutto quando esse provengono da parti politiche che si dicono attente e scrupolose in ordine all'andamento dei conti pubblici.

La previsione di tetti di spesa risponde ad evidenti esigenze di trasparenza e controllo dei flussi di spesa pubblica.

Peraltro, come è noto, il meccanismo agevolativo del credito d'imposta, associato alla previsione di plafond, appare più corretto ai fini delle eventuali istruttorie e verifiche condotte dalle Autorità comunitarie in relazione alla problematica degli aiuti di Stato.

E' stato osservato, in senso critico, che non verrebbe utilizzato un meccanismo di tale tipo per altre agevolazioni, ed in particolare per la cosiddetta Tremonti-bis. Orbene, si dimentica che il beneficio della Tremonti-bis non si concretizza nella concessione di un credito d'imposta, e quindi non si presta all'applicazione di un tetto di spesa fiscale. Pur tuttavia, in ordine agli andamenti di gettito derivanti dalla citata agevolazione è stato previsto nella finanziaria 2002 uno specifico monitoraggio degli effetti ai fini di possibili interventi, diretti ad ovviare ad eventuali scostamenti rispetto alle previsioni.

Va inoltre considerato, che rispetto alla Tremonti-bis, il credito d'imposta a favore delle aree svantaggiate presenta una più elevata intensità agevolativa, sia in termini di periodo di applicazione sia in termini di condizioni applicative. Era quindi più che giustifìcato un intervento che, senza sacrificare in alcun modo le risorse messe a disposizione degli interventi agevolabili, rendesse più trasparente e programmabile il costo per il bilancio dello Stato.

Il credito d'imposta per le aree svantaggiate è confermato, è congruamente finanziato ed è ora cumulabile con i benefici della Tremonti-bis: questo è il vero contenuto dell'operazione.

Le disposizioni contenute nel decreto-legge sono, quindi, pienamente rispettose delle esigenze di controllo dei conti pubblici. Anche le disposizioni sulla trasformazione dell'ANAS in Spa non nascondono alcun fine elusivo in ordine ai vincoli posti a livello europeo. Condizione essenziale per una collocazione esterna al settore delle amministrazioni pubbliche rimane l'accertamento della circostanza che una unità produca per il mercato. Come ricordato recentemente dalla Corte dei conti in relazione alle problematiche relative alla collocazione della società Infrastrutture Spa, le società interessate alle operazioni di finanziamento delle infrastrutture possono essere tanto pubbliche quanto private. Se la società è pubblica, il primo interrogativo da porsi è se si tratti realmente di una unità che produce per il mercato, condizione essenziale per una collocazione esterna al settore delle amministrazioni pubbliche.

Conseguentemente la mera trasformazione di un ente pubblico economico in società per azioni non costituisce motivo per la collocazione all'esterno del settore delle pubbliche amministrazioni. Importante è verificare il contenuto, le modalità e le condizioni dell'attività svolta. Conseguentemente, la natura dei compiti affidati alla nuova società ANAS Spa, le caratteristiche del regime di concessione che disciplinerà i rapporti tra Stato e ANAS, le modalità di finanziamento della concessione stessa e quindi le risorse a disposizione dell'ANAS Spa, non possono far pensare ad una collocazione esterna al settore delle pubbliche amministrazioni.

D'altra parte, la trasformazione dell'ANAS da ente pubblico economico a società per azioni segue un percorso che ha già interessato altre ex Amministrazioni autonome: è il caso delle Poste e delle Ferrovie dello Stato.

D'altra parte, anche nella Relazione della Corte dei conti "Sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente Nazionale per le Strade (ANAS) per gli esercizi finanziari 1998-2000, si poteva leggere l'auspicio per una nuova configurazione istituzionale" che fosse in grado di porre l'Ente in condizione di rispondere con maggiore efficacia ai compiti ad esso affidati, in particolare in ordine all'ammodernamento infrastrutturale del Paese. Proprio nei paragrafi conclusivi della Relazione, la Corte così osservava: "Rinnovamento, imprenditorialità, velocità di esecuzione, rispetto dei principi di sana gestione finanziaria (economicità, efficienza, efficacia), trasparenza, circolazione dell'informazione, correttezza dei comportamenti per la tutela del pubblico bene, monitoraggio delle concessioni in termini di concorrenza e di proficuità della spesa costituiscono i principali "cardini" su cui far ruotare il processo di una "nuova" configurazione istituzionale, programmatica, progettuale, operativa dell'ANAS: e ciò per recuperare i forti ritardi esistenti nel settore della viabilità e per fronteggiare la grave "emergenza" generatrice di scarsa competitività del Paese.

E' opportuno, come rileva il collega Morando, non fare sempre riferimento polemico al passato! Ma come è possibile non cogliere l'aspetto pervicacemente pregiudiziale, anche alla luce delle politiche condotte dalla precedente maggioranza, di un atteggiamento dell'opposizione che vede in un normale processo di progressiva privatizzazione, peraltro sostenuto - in termini di politiche generali - dalle autorità comunitarie, il solo intento di eludere i vincoli europei in materia di conti pubblici.

La Camera ha poi disposto la soppressione dell'articolo 6 del decreto-legge, che conteneva una serie di disposizioni relative a diversi aspetti della disciplina tributaria e civilistica delle società e alle associazioni sportive dilettantistiche.

Va giudicato positivamente l'orientamento del Governo che ha prontamente assicurato il prossimo varo di un apposito disegno di legge in materia, per il quale alla ripresa dei lavori parlamentari sarà richiesta una corsia preferenziale.

L'articolo 8 prevede un generale riassetto del CONI, attraverso la creazione di una società per azioni, denominata "CONI Servizi Spa", a totale partecipazione pubblica, chiamata a supportarne l'insieme delle attività.

A differenza di quanto stabilito per l'ANAS non subisce alcuna trasformazione giuridica rimanendo un ente pubblico al quale si affianca una società per azioni appositamente costituita della quale si avvale per l'espletamento dei suoi compiti.

La società neo istituita assume la denominazione di CONI Servizi Spa ed è dotata di un capitale iniziale di 1 milione di euro, fermi restando successivi apporti al capitale, mentre le azioni sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze. La Spa svolgerà le attività affidate le sulla base di un contratto di servizio da stipulare con il CONI, con il quale sono individuate le risorse finanziarie, nonché i beni da trasferire alla Società. Il meccanismo di intervento prevede, inoltre, che la CONI Servizi Spa succede nei rapporti attivi e passivi dell'ente, inclusi quelli concernenti il personale.

Le disposizioni del presente articolo vanno lette parallelamente a quelle dell'articolo 4 ove sono evidenziate le finalità delle funzioni statali in materia di giochi coerentemente alla revisione dell'intero sistema già avviata ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 383 del 2001.

E' opportuno ricordare che il rilevante calo registrato in materia di entrate derivanti dai giochi gestiti dal Coni ha determinato una difficile situazione finanziaria per l'ente stesso. Il nuovo modello operativo intende focalizzare le attività del CONI sulla originaria missione istituzionale dell'ente, assicurando contemporaneamente all'ente le risorse necessarie alla realizzazione di un maggiore livello di autonomia finanziaria.

Il riordino previsto dal decreto in esame si configura, quindi, come indispensabile, tenuto conto della situazione finanziaria dell'Ente, una crisi di entrata più che di spese, una situazione che va comunque affrontata rigorosamente prima di un ulteriore deterioramento.

La Camera dei deputati ha apportato talune importanti modifiche alle disposizioni dell'articolo 8, al fine, in particolare, di meglio garantire il personale nella delicata fase di riordino. Le modifiche prevedono, infatti: che il personale dell'Ente CONI è, alla data di entrata in vigore del decreto-legge (8 luglio 2002) , alle dipendenze del CONI Servizi Spa; che l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, con il quale saranno stabilite le modalità attuative del trasferimento del personale del CONI alla CONI Servizi Spa, avverrà su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; che dopo il trasferimento e nella fase di prima attuazione della disposizione in esame, viene salvaguardato il rispetto non solo delle procedure di cui agli articoli 31 e 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ma anche di quelle previste dall'articolo 30 del medesimo decreto legislativo, le quali prevedono che le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento.

Si osserva, infine, che la decisione della Camera di non inserire nel testo la materia dei video giochi è stata opportuna e condivisibile anche alla luce della delicatezza del settore e dei risultati provvisori cui si è giunti con l'indagine conoscitiva sui giochi della Commissione finanze e tesoro del Senato, che ha evidenziato la necessità di una rivisitazione complessiva della legislazione, non slegata dall'introduzione di controlli più incisivi da parte delle pubbliche autorità. (Applausi dai Gruppi UDC:CCD-CDU-DE, AN, FI e LP).

 

30 luglio 2002 - Intervento sulle minacce inviate via e-mail ad alcuni senatori della Commissione giustizia

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Il senatore Borea, relatore sul disegno di legge n. 1578, ed altri componenti della Commissione giustizia hanno ricevuto numerosi messaggi di posta elettronica, alcuni dei quali contenenti minacce. Chiede informazioni alla Presidenza sulla sicurezza del sistema informatico del Senato, nonché tutela rispetto ad una inquietante violazione della sovranità del Parlamento, frutto dell'iniziativa dei cosiddetti girotondini. 

(Applausi del senatore Ruvolo).

25 luglio 2002 - Replica ad intervento in Commissioni 5 e 6 riunite

Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Contento

(1626) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, recante interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree svantaggiate, approvato dalla Camera dei deputati (Seguito e conclusione dell'esame)

Si riprende l'esame sospeso nella seduta notturna di ieri.

Interviene in replica il senatore EUFEMI, il quale respinge le critiche circa la insufficiente copertura finanziaria del provvedimento, dal quale invece è lecito attendersi un incremento di entrata, seppur modesto. 

Per quanto riguarda la modifica della natura giuridica dell'ANAS, fa presente che la convenzione di concessione non può che essere a titolo oneroso. Un'ulteriore, significativa disposizione concerne la norma interpretativa recata dall'articolo 14 in materia di rifiuti, sulla quale si sofferma insistendo sulla necessità di un intervento legislativo al fine di chiarire la portata del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Per quanto riguarda, invece, le questioni attinenti al CONI e alle società sportive dilettantistiche, egli preannunzia la presentazione di due ordini del giorno. 

Per quanto concerne le osservazioni critiche sulla modifica della disciplina del credito di imposta fruibile per gli investimenti effettuati nelle aree svantaggiate, respinge le accuse circa la disattenzione del Governo per le esigenze del Mezzogiorno, insistendo sulla necessità di una revisione globale di tutto il sistema di incentivazione, al fine sia di calibrare e rendere efficaci gli strumenti ad ambito territoriale delimitato, sia di potenziare ulteriormente le agevolazioni fruibili sul territorio nazionale come la Tremonti-bis. Egli condivide la proposta del Governo di monitorare e controllare, in termini di effetti sulla finanza pubblica, l'applicazione dello strumento previgente al decreto-legge, poiché non possono essere sottaciuti i profili di compatibilità finanziaria anche alla luce dell'elevato grado di utilizzo del credito di imposta da parte degli aventi diritto. 

D'altro canto, egli sottolinea il fatto che il decreto-legge non fa che confermare le risorse preordinate per gli esercizi 2002 e 2003, stante il sostanziale apprezzamento per uno strumento agevolativo rivelatosi particolarmente efficace. Tuttavia, la valutazione di tale strumento non può non essere fatta anche alla luce delle novità introdotte dalla Tremonti-bis, e, soprattutto, considerando il significativo effetto agevolativo derivante dalla possibilità di cumulare per lo stesso investimento le due agevolazioni. 

Per quanto concerne invece le agevolazioni al settore automobilistico, ritiene infondate le critiche espresse, ricordando come l'incentivo all'acquisto proposto dal Governo si colloca in linea di continuità rispetto ad analoghi provvedimenti adottati dal governo Prodi. Conclude, facendo presente che egli ha ben presenti le difficoltà in cui versano i concessionari della riscossione, ma ritiene obbligata una riflessione complessiva circa i reali effetti della riforma della riscossione varata dal precedente Governo. 

Si riserva di intervenire più ampiamente nell'esame in Assemblea. In assenza del senatore Nocco, relatore per gli aspetti di competenza della 5(superscript: a) Commissione permanente, ritiene opportuno rimettere alla Presidenza il testo dell'intervento di replica .

23 luglio 2002 - Intervento in Commissione 5 e 6 (5 - Programmazione economica, bilancio; 6- Finanze e tesoro) RIUNITE

Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Contento

IN SEDE REFERENTE

(1626) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, recante interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree svantaggiate, approvato dalla Camera dei deputati (Esame e rinvio)

Riferisce sugli aspetti di competenza della Commissione finanze e tesoro il senatore EUFEMI, il quale osserva preliminarmente che le disposizioni recate dal provvedimento rivestono fondamentale importanza in ordine ad una pluralità di obiettivi, primi fra tutti il contenimento dell'andamento della spesa sanitaria, in particolare farmaceutica, e il sostegno delle attività economiche. 

Per tale secondo aspetto, il decreto-legge prevede la razionalizzazione delle misure agevolative relative al credito d'imposta per le aree svantaggiate e per il settore agricolo, le misure a favore del settore auto - mediante l'incentivazione dell'acquisto di autovetture nuove o usate purché dotate di dispositivi antinquinamento conformi alle direttive comunitarie - e la proroga di benefici in materia di accise. 

Vanno inoltre sottolineati gli obiettivi di maggiore efficienza e efficacia della gestione pubblica - perseguiti attraverso l'unificazione delle competenze in materia di giochi e scommesse, la trasformazione dell'Ente nazionale per le strade (ANAS) in società per azioni e il riassetto del CONI - nonché quelli di garanzia delle entrate erariali, realizzate con misure di razionalizzazione concernenti l'attività dei concessionari della riscossione. 

Per quanto riguarda l'articolo 1, esso reca una pluralità di disposizioni, concernenti, tra l'altro, la proroga di alcune agevolazioni fiscali sull'utilizzo di determinati prodotti petroliferi, il termine per la maturazione dei crediti contributivi INPS suscettibili di cessione ai fini delle operazioni di cartolarizzazione e il termine per l'emanazione delle disposizioni in materia di rinegoziazione per i mutui di miglioramento agrario e fondiario. 

Ed ancora, esso reca disposizioni relative alle procedure di finanziamento, da parte dello Stato, dei progetti finalizzati a garantire l'uso della lingua minoritaria presso gli uffici pubblici. 

Una rilevante modifica è stata introdotta dalla Camera dei deputati con l'inserimento del comma 4-bis, che estende al secondo semestre 2002 l'applicazione della riduzione dell'aliquota di accisa per il gasolio impiegato da determinate categorie di esercenti l'attività di trasporto merci e persone, introdotta dal decreto-legge n. 265 del 2000, e successivamente prorogata con vari provvedimenti sino al 30 giugno 2002. Inoltre, con l'inserimento del comma 5-bis, la Camera è intervenuta anche in ordine ai termini previsti per l'apertura delle sale Bingo, disponendo l'ulteriore proroga del termine (fissato con la legge n. 448 del 2001) a dieci giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, per gli interessati che alla data di entrata in vigore della legge n. 448 del 2001 avevano dato inizio alle operazioni richieste ai fini del rilascio del collaudo. Il comma 7-bis, anch'esso introdotto dalla Camera, interviene, poi, sulla disciplina dei termini di pagamento dei tributi e dei contributi per i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, (Sicilia orientale). Infine, il comma 7-ter, provvede a differire al 30 giugno 2003 il termine del 31 dicembre 2002 previsto dall'articolo 35, comma 8, della legge n. 448 del 2001, per la trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi che gestiscono servizi di rilevanza industriale in società di capitali. 

L'articolo 2 contiene una serie di agevolazioni fiscali - molto attesa - intese ad incentivare l'acquisto di autovetture nuove o usate purché dotate di dispositivi antinquinamento conformi alle direttive comunitarie. In particolare, si prevede l'esenzione dall'imposta provinciale di trascrizione, dalla tassa automobilistica e dall'imposta di bollo, per gli acquisti di autoveicoli con potenza massima di 85 Kw effettuati dall'8 luglio 2002 fino al 31 dicembre 2002 e dietro la consegna al venditore di un autoveicolo non conforme alla normativa comunitaria sull'inquinamento. L'articolo 3 reca disposizioni concernenti l'attività del servizio di riscossione tributi nonché la remunerazione spettante alle società concessionarie che svolgono la predetta attività. In particolare, si stabilisce la possibilità per il concessionario di chiedere la dichiarazione di fallimento del debitore per conto dell'Agenzia delle entrate; si prevede, inoltre, una disciplina transitoria, per gli anni 2002 e 2003, concernente la remunerazione spettante alle società concessionarie e ai commissari governativi del servizio della riscossione per i ruoli emessi da uffici statali, e la fissazione degli obiettivi minimi, in termini di maggiore riscossione rispetto a quella conseguita nell'anno 2001, che i concessionari dovranno raggiungere negli anni 2002 e 2003. Il decreto prevede poi l'obbligo dei concessionari e dei commissari governativi di anticipare, senza diritto ad interessi, il versamento degli importi corrispondenti agli obiettivi stabiliti per l'anno 2002. 

L'oratore sottolinea che le disposizioni in esame hanno suscitato forte preoccupazione circa il futuro del servizio di riscossione dei tributi, pur in considerazione dell'esigenza di assicurare il rispetto degli obiettivi fissati dal Governo per una maggiore efficienza operativa del sistema. In particolare, egli osserva che le norme in commento non sembrano recepire le intese di massima raggiunte con le associazioni di categoria. 

Esprime quindi la preoccupazione che nel biennio 2002-2003 l'equilibrio economico-finanziario delle aziende operanti del settore sia messo a repentaglio per l'insufficienza dell'ammontare globale dell'indennità di presidio nonché per la previsione di forti penalizzazioni in termini percentuali in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. 

Sottolinea pertanto il rischio che tale condizione di squilibrio possa avere pesanti riflessi sulle aziende e, indirettamente, sui livelli occupazionali delle stesse. L'articolo 3 prevede inoltre la possibilità per l'Agenzia delle entrate di procedere ad una transazione dei tributi iscritti a ruolo di esclusiva spettanza dello Stato. Su tale materia è intervenuta una rilevante modifica da parte della Camera, che ha previsto che la transazione possa avvenire solo all'inizio dell'esecuzione coattiva e senza limiti di importo (originariamente fissato a 1.500.000 euro) e, sempre in caso di accertata maggiore economicità e proficuità rispetto rispetto alla attività di riscossione coattiva, quando nel corso della procedura esecutiva emerga l'insolvenza del debitore o questi è assoggettato a procedure concorsuali. L'articolo 4 detta disposizioni in materia di unificazione delle competenze in materia di giochi. In particolare, si prevede che l'Amministrazione autonoma dei monopoli dello Stato sia la concessionaria del C.O.N.I. in merito alle attività di gestione di determinate scommesse e concorsi. Va rilevato che gli originari commi 2 e 3 dell'articolo 4 del decreto-legge in esame sono stati interamente sostituiti dalla Camera. In particolare, il comma 2 dell'articolo 4, nella nuova formulazione introdotta dalla Camera, fissa nella misura dell'8 per cento del costo al pubblico per colonna, il compenso dovuto dal giocatore al ricevitore per la partecipazione ai concorsi pronostici Totocalcio, Totogol, Totosei, Totobingol e Totip.

 Dopo aver dato conto della normativa vigente in materia, (da ultimo l'articolo 12 del decreto-legge n. 452 del 2001) l'oratore sottolinea come la disposizione in esame risponda anche a sollecitazioni emerse nell'ambito dell'indagine conoscitiva condotta dalla Commissione finanze e tesoro sul settore dei giochi e delle scommesse. Il comma 3-bis, introdotto dalla Camera, interviene in materia di utilizzo degli esperti del Secit. In particolare, viene disposto che l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e gli altri dipartimenti del ministero dell'Economia e delle finanze possono avvalersi degli esperti Secit a essi assegnati. In riferimento all'articolo 5, il relatore fa presente che esso individua alcune modalità per il controllo dei flussi di spesa relativi ai crediti d'imposta previsti dalle vigenti disposizioni di legge. In particolare, si introduce una procedura diretta specificamente a contenere la fruizione delle diverse agevolazioni in forma di credito d'imposta entro i limiti previsti dalla normativa vigente. 

Le disposizioni prevedono che con decreto interdirigenziale, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, venga comunicato l'avvenuto esaurimento delle risorse disponibili. La Camera ha precisato che nei confronti dell'interessato che utilizzi un credito di imposta dopo la pubblicazione del decreto interdirigenziale non si applichino interessi e sanzioni, purché entro trenta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ed entro lo stesso termine avvenga la spontanea restituzione degli importi indebitamente utilizzati. 

Il relatore fa presente, inoltre, che la Camera dei deputati ha disposto la soppressione dell'articolo 6 del decreto-legge, recanti una serie di disposizioni relative a diversi aspetti della disciplina tributaria e civilistica delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche, dando inoltre conto dell'orientamento del Governo di predisporre una specifica iniziativa legislativa concernente tale materia. In merito all'articolo 8, l'oratore fa presente che esso prevede un generale riassetto del CONI, attraverso la creazione di una società per azioni, denominata "CONI Servizi Spa", a totale partecipazione pubblica, chiamata a supportarne l'insieme delle attività: si tratta di una misura di notevole rilievo al fine di assicurare l'equilibrio finanziario dell'Ente. 

Sottolinea infine come la scelta di non intervenire nella delicata materia dei videogiochi appaia condivisibile, in ragione della delicatezza del settore. Conclude dichiarandosi consapevole della ristrettezza dei tempi a disposizione per l'esame del disegno di legge, i cui contenuti avrebbero meritato un maggiore approfondimento.

23 luglio 2002 - Intervento in Aula su DPEF

(Doc. LVII, n. 2) Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2003-2006

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà.

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, onorevole sottosegretario Vegas, senatori, questo Documento di programmazione nel quadro macroeconomico non si sottrae ad evidenziare elementi di criticità riconducibili al rallentamento della crescita internazionale dalle incertezze sui mercati finanziari, che per l'Italia si è tradotto in una caduta delle esportazioni. Né vengono sottovalutate le difficoltà ingenerate dal quadro economico nazionale, dalla pesante eredità dell' extra-deficit e dalla crisi dei mercati borsistici.

Le opposizioni dimenticano o fingono di dimenticare che l'economia italiana vive, da oltre un decennio, ben oltre i cicli, un problema di crescita.

Le linee d'indirizzo puntano dunque ad una forte ripresa degli investimenti e dei consumi, al rafforzamento del tasso di crescita attraverso un forte contributo della domanda. Il Documento di programmazione economico-finanziaria conferma le scelte governative per la stabilità finanziaria nel quadro dei vincoli europei in coerenza con le interpretazioni di saggezza, con regole più flessibili, in considerazione non del caso italiano, ma della situazione francese, tedesca e portoghese, secondo il principio di close to bilance, le scelte di riforme soprattutto nell'ambito fiscale, le scelte di sviluppo e quelle di equità.

Ne deriva un valore obiettivo di indebitamento/PIL fissato allo 0,8 per cento per il 2003 che consente di guardare senza alcuna preoccupazione al principio europeo, perché si tratta, eventualmente, di scostamenti nell'ambito dei decimali.

Il quadro programmatico fa perno su tre riforme quali la riforma del fisco, quella del mercato del lavoro e la riforma della previdenza, nonché il rilancio delle privatizzazioni, la valorizzazione del patrimonio pubblico e una forte spinta alla infrastrutturazione del Paese.

Dall'insieme delle politiche attive, ne deriva un più alto livello di crescita e di occupazione con una relazione forte tra crescita e riforme strutturali. Sono questi gli obiettivi che ci proponiamo, rifiutati solo da chi ha una visione miope, provinciale e distruttiva della situazione.

L'opposizione vuole confermare la ragionevolezza delle proprie posizioni con le critiche avanzate nel precedente documento, dimenticando che oltre l'11 settembre è cambiato il mondo, e che a seguito degli eventi dell'11 settembre si sono avuti riflessi anche sui mercati finanziari con la violazione delle regole contabili, come nel caso Enron e nel caso di WorldCom, la crisi argentina, l'esplosione della bolla e conseguente crisi delle borse internazionali.

Non mi soffermerò sul quadro macroeconomico che pure punta a forzare la crescita - dopo i riflessi dell'azione terroristica - ad una forte riduzione del debito, a ridurre la pressione fiscale concentrata sui redditi più bassi a dimostrazione che la Casa delle Libertà realizza non solo progetti ambiziosi di riduzione delle imposte per le famiglie e per le imprese, sia attraverso la riduzione dell'IRPEG, con la progressiva abolizione dell'IRAP, sia mediante la riduzione di quel cuneo fiscale che fa perdere competitività alle imprese, ma realizza la solidarietà più vera e autentica non quella fondata sull'assistenzialismo.

Siamo impegnati in una forte riduzione fiscale ottenuta attraverso un vasto programma di riforma delle imposte erariali e della progressiva eliminazione dell'IRAP; apprezziamo la prudenza nell'attuazione della riforma procedendo con gradualità e in forma modulare nell'impiego delle risorse disponibili. Ecco perché assegniamo valore strategico alle riforme strutturali: sono tutti elementi propulsivi per lo sviluppo. Altro che il vostro slogan: "dallo sviluppo al declino".

Il declino è quello di un Paese che durante i Governi della sinistra ha perso competitività con quote di mercato scese dal 4,9 al 3,8 con una diminuzione netta del 20 per cento e che invece, nel 2001, mostrano segni di ripresa.

Siamo stati accusati di colpire la piccola e media impresa quando è vero il contrario. La sinistra si vuole accreditare come grande dialogatrice delle piccole e medie imprese, ma le vostre scelte dimostrano il contrario: avete privilegiato il rapporto con il grande capitale e con la grande impresa, in una visione veteromarxista che guarda al lavoro dipendente. I Governi dell'Ulivo hanno portato l'aliquota di prelievo per le medie e grandi imprese al 30,6 per cento, nei distretti industriali del Nord-Est era del 69,4 per cento (sono dati di Mediobanca). L'IRAP ha colpito pesantemente i settori dell'outsourcing, della esternalizzazione, dell'imprenditorialità diffusa, del contoterzismo, e quelli a più alta intensità di lavoro cosa che noi vogliamo correggere.

Condividiamo la forte spinta alle privatizzazioni per la riduzione del debito, con le operazioni programmate pienamente condivisibili perché guardano alla difesa degli interessi strategici e soprattutto non significano svendite.

È stata imbastita, a sinistra, una polemica sulle valutazioni di Eurostat. Non vi è stata alcuna condanna. Nessuno ha evidenziato che la convalida delle operazioni di cartolarizzazione avrà riflessi positivi sull'indebitamento dell'anno in corso e del 2003.

Guardiamo a ridurre l'area pubblica per migliorare i conti pubblici, per incrementare la spesa di investimento, per riqualificare la spesa pubblica e l'efficienza del sistema, riducendo la spesa per beni e servizi con incisivi programmi di razionalizzazione per liberare risorse per l'occupazione e lo sviluppo.

Tutto ciò non significa nessuno smantellamento dello Stato sociale. Abbiamo espresso, tuttavia, alcune preoccupazioni.

Occorre compiere uno sforzo per un'applicazione indistinta dei princìpi contabili zero budget in contrasto con le tecniche incrementali, per non comprimere i fondi per la ricerca scientifica perché potranno essere individuati nuovi canali di intervento con le imprese. Ma la ricerca non è solo stipendi, è anche programmi e soprattutto il futuro del Paese.

Abbiamo visto con preoccupazione il problema della crisi idrica nel Mezzogiorno. Un problema che abbiamo certo ereditato. Possiamo e dobbiamo guardare all'emergenza idrica, ma soprattutto al futuro e allora non possiamo dimenticare che l'azione della Cassa per il Mezzogiorno fu bloccata proprio nel momento della fase di completamento delle opere idriche. Dobbiamo riprendere in mano la questione ed affrontarla in modo deciso. Perché con l'assenza dell'acqua non solo manca un servizio primario e non si assicurano livelli di vita civile, ma viene meno ogni possibilità di localizzazione di investimenti produttivi.

Copertura dei programmi del ciclo dell'acqua, dissalazione, riutilizzo integrativo comprensivo dei programmi di sistemazione idraulica forestale, con un grande obiettivo per il Sud di 500.000 ettari di nuovo bosco entro i prossimi dieci anni.

Condividiamo una forte scelta come quella operata in questo Documento di programmazione economico-finanziaria di destinare alle aree sottoutilizzate risorse addizionali rispetto ai flussi ordinari di spesa, indispensabili ad uno sviluppo stabilmente al di sopra di quella nazionale e di quella media europea, favorendo così una crescita armonica del Paese.

Occorre, inoltre, recuperare risorse al settore del turismo; una risorsa che va valorizzata estendendo la legge n. 488 al turistico alberghiero come risposta efficace e forse risolutrice di molti problemi.

Interrogativi si pongono - lo ha sottolineato il sottosegretario Vegas - rispetto alla società Sviluppo Italia, rispetto al conto consolidato, alla situazione finanziaria e alla sua organizzazione, al piano industriale e dunque rispetto alla sua missione strategica.

Non possiamo non ricordare che il Documento di programmazione economico-finanziaria 2003 è approvato nel giorno stesso dell'accordo sul Patto per l'Italia che segna la rottura della unità sindacale.

Nonostante i grandi obiettivi raggiunti sul fisco e sul welfare, e nonostante nessuna riduzione delle prestazioni sociali e la previsione di modifiche all'articolo 18 limitate nel tempo e per le piccole imprese, nonostante migliori condizioni per le indennità di disoccupazione, la CGIL si tira fuori, confermandosi il partito del no. Cofferati fino all'ultimo ha tentato di impedire un accordo che guarda al futuro del Paese. Ha fatto ancora una volta una battaglia di retroguardia come nel 1984 sulla scala mobile.

Sorge, allora, un problema di democrazia. Chi ha il potere di porre veti? Le forze politiche parlamentari o il sindacato affiancato dai no-global e dai girotondi? Certo esiste un problema di concertazione (come ricordava il senatore Morando) e di dialogo sociale, senza che questo significhi veti paralizzanti.

Oggi l'opposizione riscopre lo stile, che ritenevamo superato, dell'attacco frontale al Ministro dell'economia nella convinzione che tale azione sia risolutrice per mettere in crisi l'Esecutivo nel suo complesso.

Una breve riflessione nell'ambito delle politiche istituzionali e sul federalismo fiscale si impone. Non è stata affrontata finora la materia della autonomia finanziaria essendo riservata ad altro provvedimento. Ma la disponibilità di risorse necessita per l'attivazione delle competenze regionali in materia di sicurezza, sanità, istruzione, oggetto del disegno di legge n. 1187 di modifica dell'articolo 117 della Costituzione.

Come si concilia il rispetto dei vincoli del Patto di stabilità con l'autonomia regionale e soprattutto se non vi è il rischio di duplicazioni di strutture e competenze con conseguenti aggravi per il bilancio statale in conseguenza dell'intesa del 30 maggio 2002 in sede di Conferenza Stato-regioni-città, laddove si prevede il trasferimento di risorse necessarie per lo svolgimento delle competenze legislative esclusive e amministrative.

Mentre si rafforza l'esigenza di regole di finanza pubblica più efficaci, non è sufficientemente chiaro come i governi locali concorreranno al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica rispetto agli impegni assunti in sede di Unione monetaria. Dobbiamo, cioè, evitare che i governi locali aumentino il livello di tassazione attraverso imposizioni addizionali o con altre iniziative, a fronte dell'obiettivo di riduzione della pressione fiscale. Dobbiamo verificare se non sia il caso di affrontare una astratta devolution combinata con riforme istituzionali svincolate da una coerente architettura e di stabilizzare e correggere un sistema che rischia di naufragare nel più completo disordine.

Non possiamo non rilevare come questo Documento ha avuto l'apprezzamento delle categorie sociali, perché punta alla competitività e alla crescita non inflazionistica. Il nostro impegno è che non ci siano ritardi nella realizzazione della manovra, affinché le imprese ne possano trarre i benefici attesi.

Ai punti di debolezza strutturali, che rappresentano fragilità di sistema, quali bassa qualità dei prodotti, bassa spesa per ricerca e nanismo, si contrappongono i punti di forza che occorre valorizzare, quali la ricchezza finanziaria delle famiglie e la profittabilità delle imprese, la industria finanziaria efficiente e stabile, l'elevato tasso di imprenditorialità, la moderazione salariale, perché gli stessi lavoratori sono ormai rentier orientati alle attività finanziarie e dunque meno propensi all'inflazione.

Se esalteremo i punti di forza del sistema rimuovendo e attenuando i vincoli, favorendo l'imprenditorialità e la mobilità delle risorse, la promozione della concorrenza attraverso il progresso tecnico sotto forma di valori immateriali e dunque in senso dinamico e non statico, determineremo le condizioni per effetti positivi nella crescita dell'economia.

Onorevole Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevoli senatori, per ottenere una crescita economica sostenuta e costante, occorre avere il coraggio di contenere la spesa pubblica in modo strutturale in una misura non lontana dalla media europea, perché la spesa pubblica abbassa la produttività anche dell'intero sistema economico. Occorre essere europei quotidianamente e non a giorni alterni.

Ciò non significa ridurre il ruolo fondamentale dello Stato, significa piuttosto spingerlo ad efficienza, ad abbandonare quei settori dove i privati possono fare di più e meglio. Sono queste le condizioni necessarie e indispensabili per considerare credibile l'obiettivo di una crescita ambiziosa come quella che ci proponiamo.

Per queste ragioni, mentre respingiamo le critiche delle opposizioni sulla credibilità della manovra, esprimiamo il valore e la sostenibilità degli obiettivi, che non possono essere messi in discussione da impostazioni culturali che segnano il passo nel mondo industrializzato e che richiedono, tuttavia, prudenza e attenzione sulle variabili reali e su quelle di finanza pubblica, insieme ad una coerente azione riformatrice.

Per queste ragioni e con queste considerazioni, esprimiamo il nostro consenso alla relazione del senatore Grillotti e alle linee programmatiche del DPEF

18 luglio 2002 - Intervento in Aula su tutela beni culturali ed ambientali

(1508) RIPAMONTI ed altri. ? Modifiche al decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, per garantire la tutela dei beni culturali e ambientali

(1506) DEL TURCO ed altri. ? Modifica dell'articolo 7 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, in materia di trasferimento alla società "Patrimonio dello Stato SpA" di diritti sui beni immobili facenti parte del patrimonio o del demanio dello Stato (Esame ai sensi dell'articolo 53, comma 3, penultimo periodo, del Regolamento)

(1531) GIOVANELLI ed altri. ? Modifiche al decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, per la tutela dei beni demaniali, culturali, storici e paesaggistici

(Relazione orale)

.....................................................................

EUFEMI (UCD-CDU-DE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, senatori, affrontare questo disegno di legge, seppure nella quota di tempo riservata agli argomenti indicati dalle opposizioni, modificando una legge pubblicata appena un mese fa, sembra un modo caotico di procedere alimentando una certa confusione legislativa. Le ragioni sono le stesse per le quali ci siamo opposti, nei giorni scorsi, alla modifica dell'articolo 34 introdotto dalla Camera dei deputati nel collegato relativo alle infrastrutture e ai trasporti, in materia di spiagge e beni demaniali, evitando la loro privatizzazione.

Già in sede di Commissione, la sottosegretario Armosino aveva ampiamente illustrato le ragioni del Governo circa la sua contrarietà ai provvedimenti in esame. Oggi ribadiamo - lo hanno fatto poc'anzi i senatori Cantoni e, per il nostro Gruppo, Compagna - le ragioni della maggioranza in un quadro di vincoli e garanzie per beni inalienabili, fissati dal nostro ordinamento attraverso le leggi di contabilità e il codice civile. Tali vincoli vengono ribaditi nel Documento di programmazione economico-finanziaria.

In occasione dell'esame del decreto-legge n. 63 del 2002 relativo alla Patrimonio dello Stato S.p.A. e alla Infrastrutture S.p.A., era stato accolto in quest'Aula un ordine del giorno del senatore Vizzini che aveva e mantiene un forte significato politico.

I chiarimenti espressi dal Presidente del Consiglio e le sue assicurazioni al Capo dello Stato, relativamente al patrimonio artistico e culturale su vincoli che non vengono assolutamente toccati, riportano la questione in termini di garanzia e le polemiche artatamente costruite ed enfatizzate sono assolutamente fuori luogo e non consigliano una modifica legislativa in termini così ravvicinati.

Nessuno vuole vendere né il Colosseo né la Fontana di Trevi; però, vi possono essere dismissioni di valori e beni non adeguatamente utilizzati, che si trovano all'interno di magazzini, spesso in condizioni ambientali inadeguate, la cui dismissione potrebbe essere valorizzata con beneficio di tutti.

La nostra preoccupazione riguarda alcuni beni patrimoniali di carattere archeologico, artistico e storico che, per inadeguatezza dei fondi e delle strutture organizzative preposte alla sorveglianza e alla manutenzione, sono spesso oggetto di degrado, di atti vandalici e di sottrazioni.

Avevamo un altro tipo di preoccupazione, in linea con le modifiche proposte per la legge di contabilità, che troviamo nell'ordine del giorno; si insiste sull'opportunità che le entrate derivanti dall'alienazione del patrimonio alienabile non possono essere destinate alla riduzione del carico fiscale ma solo a ridurre il debito o a finanziare nuovi investimenti.

Abbiamo puntato, dunque, alla valorizzazione del patrimonio dello Stato, ad accrescere il valore dei giacimenti culturali: questa è stata la nostra scelta!

E' stato ricordato, ancora oggi in quest'Aula, il problema della cartolarizzazione; nessuno ha avuto la bontà di ricordare la lettera di scuse dell'Unione europea e la deplorazione di Solbes per quanto è avvenuto.

Si è gridato allo scandalo per l'articolo 7 del decreto-legge n. 63 che si vuole modificare con questi provvedimenti. Non abbiamo, però, sentito una parola, una voce critica della sinistra (che, con Cofferati, riscopre il mito del conflitto sociale soreliano) rispetto al passaggio di proprietà di importanti aziende, alla colonizzazione conseguente alle vostre privatizzazioni, che rientrano certamente in un'economia globalizzata ma non sono prive di conseguenze in termini di ipoteca su marchi importanti, su poli tecnologici che sono la punta avanzata della ricerca, determinando rischi in termini di fatturato, di occupazione, di sviluppo e di quote di mercato.

Vi sono state certo speculazioni e inutili protagonismi, lezioni di falso moralismo che respingiamo: il problema del patrimonio artistico e storico del Paese non appartiene ad una parte politica, ma a tutti. Da parte nostra non vi è dispersione, né insensibilità, ma attenzione e rispetto verso questo problema.

Sulla base delle considerazioni svolte poc'anzi dal senatore Compagna, il quale ha opportunamente richiamato l'eventualità di procedere lungo un altro itinerario come quello eventuale della definizione delle tipologie dei beni inalienabili, il Gruppo UDC esprime la sua contrarietà non solo all'articolo 1, ma all'intero provvedimento. (Applausi dai Gruppi UDC:CCD-CDU-DE e FI).

 

16 luglio 2002 - Intervento in Commissione su DPEF

...Interviene quindi il senatore EUFEMI, a giudizio del quale il valore e la sostenibilità degli obiettivi fissati nel DPEF non possono essere messe in dubbio, soprattutto se comparati con le difficoltà ingenerate dal quadro macroeconomico nazionale ed internazionale, dalle conseguenze della crisi dei mercati borsistici e dalla pesante eredità dell'extradeficit. 

Al centro della politica economica va collocato l'obiettivo della drastica riduzione della pressione fiscale, ottenuta attraverso la realizzazione di un vasto programma di riforma delle principali imposte erariali e della progressiva riduzione dell'Irap. 

A suo giudizio, quindi, non esiste alcun dubbio circa la credibilità delle stime proposte dal Governo per il quadriennio 2003-2006, ma occorre avere la consapevolezza che gli obiettivi programmatici impongono una severa analisi della qualità e della quantità della spesa pubblica. 

Di fronte alla esigenza di evitare tagli indiscriminati allo stato sociale, emerge tuttavia la necessità di impedire sprechi delle risorse pubbliche ed interventi a carattere assistenziale. Sotto tale profilo, egli sollecita il Governo a predisporre misure strutturali in grado di superare la condizione drammatica di crisi idrica che affligge l'economia del Mezzogiorno. In tema di privatizzazioni, sottolinea la esigenza che l'ampio ventaglio di misure delineate nel Documento vada attuato privilegiando gli interventi con maggiore incidenza dal punto di vista della finanza pubblica. 

Egli analizza poi la situazione di bilancio dell'Ente Poste e delle Ferrovie dello Stato, richiamando l'entità dei trasferimenti erariali assegnati nel 2001 a tale ultima società. Respingendo le osservazioni critiche svolte dal senatore Castellani, egli sottolinea come la crescita di quote di mercato delle imprese italiane all'estero, costituisca il segno indubitabile della efficacia della politica economica del Governo a sostegno della competitività delle imprese nazionali. 

Conclude, esprimendo la convinzione che l'obiettivo di crescita del prodotto interno lordo potrà essere raggiunto grazie alla realizzazione dei programmi di riduzione della spesa corrente.

10 luglio 2002 - Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici di guerra

IN SEDE DELIBERANTE

(129) GUERZONI ed altri. - Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici di guerra. (377) BONATESTA. - Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici di guerra. (1319) PEDRIZZI. - Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici di guerra. (Seguito della discussione congiunta e rinvio)

Si riprende la discussione congiunta dei provvedimenti in titolo, sospesa nella seduta del 12 giugno scorso.

Il relatore EUFEMI dà conto dell'esito dei lavori del Comitato ristretto e delle deliberazioni assunte dallo stesso, da ultimo, nella riunione testé conclusasi. Il Comitato ristretto ha approvato all'unanimità un testo unificato, di cui egli illustra analiticamente le disposizioni. 

E' stato confermato l'incremento degli importi annui dei trattamenti dei congiunti dei caduti - le vedove e gli orfani minorenni e gli orfani maggiorenni in stato di disagio economico - , così come recita la tabella G annessa al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra: l'importo dell'incremento è di 60 euro. 

E' stato confermato, inoltre, l'incremento degli importi per i soggetti aventi diritto identificati dalla tabella N del testo unico citato, e cioè le vedove e gli orfani degli invalidi deceduti per cause diverse dalla infermità pensionata: il Comitato ristretto ha confermato l'obiettivo di riequilibrare i trattamenti di reversibilità tra le categorie di soggetti aventi diritto, prevedendo di limitare l'incremento degli importi alla 2°, alla 3°, alla 4°, alla 5° e alla 6° categoria, elevando il rapporto percentuale tra pensioni dirette e pensioni di reversibilità. Per le categorie 7° e 8°, invece, gli importi sono gli stessi degli anni precedenti. Si prevede, inoltre, che sugli aumenti corrisposti, cioè solo sugli incrementi degli importi, non si applichi l'adeguamento automatico previsto dalla legge 6 ottobre 1986, n. 656. Va chiarito che l'incremento previsto dalla citata legge è implicitamente confermato per le categorie 7° e 8° dei trattamenti di cui alla tabella N, che non sono interessate dall'aumento previsto dal comma 2. In quanto alla norma di copertura finanziaria, dà atto al Governo di essersi adoperato affinché fosse assicurata la integrale copertura degli oneri previsti, in modo da ristorare, anche se in misura non certamente adeguata alle aspettative degli interessati, le categorie meritevoli di attenzione. 

Egli sottolinea che il testo unificato ripropone le stesse disposizioni dei disegni di legge n. 129 e n. 1319, anch'essi identici (fatta eccezione per una precisazione al comma 2) e gran parte delle disposizioni recate dal disegno di legge n. 377. La norma di copertura, invece, è integralmente sostituita. Rimangono ancora da affrontare le numerose e pressanti questioni relative ai trattamenti dei grandi invalidi, non ultima quella dei trattamenti di reversibilità per tali soggetti. 

Egli informa, infatti, che il Comitato ristretto ha valutato attentamente la possibilità di modificare i disegni di legge in esame, al fine di inserire un'ulteriore disposizioni concernente l'assegno supplementare spettante alle vedove dei grandi invalidi: peraltro, in ragione della insufficienza delle risorse preordinate a coprire gli oneri aggiuntivi derivanti da tale disposizione, ma anche in considerazione che l'incremento degli importi annui assegnati agli aventi diritto di cui alla tabella G del Testo Unico in materia di pensioni di guerra concerne anche le vedove dei grandi invalidi, il Comitato ristretto - suo malgrado - ha deciso di non poter considerare positivamente tale questione. 

Egli conclude quindi auspicando che, alla ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa estiva possano essere messi all'ordine del giorno i disegni di legge riguardanti complessivamente la materia dei trattamenti pensionistici di guerra. 

27 giugno 2002 - Intervento su modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo

Seguito della discussione del disegno di legge:

(795-B) Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo (Approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà.

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, colleghi, il testo al nostro esame giunge in terza lettura al Senato dopo le modifiche intervenute alla Camera e si avvia dunque alla definitiva approvazione. Ho posto l'attenzione, in Commissione prima e in Aula poi, esclusivamente su due questioni, una tecnica e l'altra politica.

La prima è quella relativa ai minori, che ha trovato parziale accoglimento alla Camera. La seconda, squisitamente politica, è quella relativa al recepimento dell'ordine del giorno dell'UDC relativo all'articolo 33 sull'emersione del lavoro irregolare, approvato appunto dalla Camera.

Pur apprezzando il lodevole sforzo compiuto in direzione di una maggiore tutela dei minori stranieri non accompagnati, abbiamo espresso la nostra preoccupazione sull'articolo 25, sugli effetti che potrebbe produrre tale disposizione.

La disposizione infatti verrebbe ad applicarsi ad una piccola porzione di minori presenti, senza invece risolvere la situazione della maggior parte di essi e con effetti di più preoccupante rilievo nel medio periodo. Vi è il rischio di un'immigrazione più precoce e dell'aumento di bambini stranieri non accompagnati, con gravi conseguenze sia rispetto alla tutela dei minori sia rispetto ai costi per la società italiana, in quanto l'assistenza e la tutela di minori infraquattordicenni implica costi nettamente superiori rispetto all'accoglienza dei ragazzi più grandi.

Comprendiamo pienamente la difficoltà di stabilire norme che tutelino i diritti dei minori stranieri entrati irregolarmente in Italia, senza, nel contempo, produrre un effetto richiamo. Temiamo tuttavia che porre la condizione dell'ingresso prima dei 14 anni non diminuirebbe in modo rilevante questo effetto richiamo. Sarebbe stato auspicabile tenere separati il problema del futuro da quello dell'esistente.

Per il futuro sarebbe stato preferibile ipotizzare un progetto superiore all'anno e quindi il termine attuale di tre anni non avrebbe dovuto essere ridotto ad un anno. Per il passato sarebbe stata preferibile una norma transitoria, che tenga presente tutti i minorenni entrati in Italia prima del 31 dicembre 2001 e che hanno seguito un progetto d'inserimento serio e continuativo.

Non si tratta di una sanatoria, perché non tutti i ragazzi entrati in Italia prima di quella data hanno questa caratteristica. Aggiungo ancora che i ragazzi di questo tipo hanno già fatto la loro scelta di rimanere fuori dal mondo della droga, della prostituzione e della delinquenza in generale. Questi soggetti, inoltre, hanno già sfruttato fondi pubblici e privati che verrebbero ad essere sprecati se dovessero rientrare nel loro Paese d'origine.

Riteniamo che una griglia così stretta così come quella prevista dei tre anni di permanenza e di due anni di percorso di recupero, non tenga nel giusto conto la reale situazione dei minori e il ruolo svolto dai servizi di assistenza, accoglienza e recupero.

Rispetto alle risposte, certamente cortesi, del sottosegretario Mantovano, riteniamo che non sia stata chiarita la possibilità di consentire l'esercizio di attività lavorativa a minori stranieri, titolari di permesso di soggiorno per minore età. Non è stato chiarito che la detrazione debba essere portata alla quota d'ingresso per l'anno solare successivo. Si rischia di fare una norma rigida, ma priva di una completa efficacia rispetto al significato più autentico, che sta nell'azione di solidarietà verso i più deboli, e all'esigenza di combattere le organizzazioni criminali sottraendo carne umana.

Per quanto attiene al recepimento dell'ordine del giorno relativo all'emersione di lavoro irregolare, la questione è divenuta essenzialmente politica, perché riteniamo che quel patto politico vada rispettato da tutti. La nostra coerenza e la nostra lealtà ci impongono di ritenerlo pienamente valido.

Abbiamo tenuto presente il problema dell'industria e dell'agricoltura italiana; come UDC, non abbiamo presentato emendamenti perché riteniamo che quel patto, al quale annettiamo grande significato, vada rispettato.

In tema di permessi abbiamo insistito affinché, inoltre, sia prevista una più forte semplificazione degli atti. Infatti, vi sono molte aziende che fin dal primo momento sono in grado di assumere lavoratori a tempo indeterminato, ma che sono costrette a richiedere i lavoratori stagionali, con tutta la trafila burocratica che ne discende, fino all'assunzione definitiva e sempre che il numero di quote, con i relativi squilibri territoriali che non ho mancato di sottolineare in Commissione, lo consenta.

Tale esigenza scaturisce direttamente dalle aziende, che hanno la possibilità tecnica ed economica di assumere lavoratori extracomunitari. Non dimentichiamo che questi ultimi, regolarmente avviati al lavoro, rappresentano un bacino di contribuzione non indifferente per il Paese. Insomma, abbiamo davvero bisogno che si faccia al più presto qualche cosa di serio e di concreto, liberando il tema dell'immigrazione da tutti gli orpelli derivanti dalla demagogia e dall'incapacità di osservare la realtà.

Dobbiamo evitare che persone che oggi lavorano nel sistema, già presenti in Italia, siano obbligate ad uscire dal nostro Paese e poi rientrarvi per poter finalmente accedere al posto di lavoro, con immani complicazioni per i datori di lavoro e per i lavoratori stessi. Perché non regolarizzarli, seppure in un distinto ma parallelo e contestuale provvedimento, insieme a colf e badanti?

È necessario presentare i dati e i fatti nella loro elementare crudezza per far risaltare l'incandescenza di questa situazione, che può bruciare la vita di molte aziende agricole e delle loro produzioni. È necessario opporre solidi argomenti ai sussulti demagogici per colpa dei quali il fuscello viene ingigantito dalla lente mediatica, mentre la trave che offusca la capacità di essere di aiuto al Paese viene ignorata.

Noi ritenevamo questa strada la più corretta, la più incisiva, la più efficace, la più rispondente agli interessi non della nostra parte politica, ma del Paese. Abbiamo cercato di far prevalere la ragione, cogliendo l'opportunità di questo provvedimento per affrontare i complessi problemi del Paese, che non possono essere né sottaciuti né dimenticati.

Nessuno più di noi vuole la pronta operatività di un provvedimento, come quello che regola l'immigrazione, fortemente auspicato. La nostra iniziativa legislativa è dell'inizio della legislatura, ben prima di quella governativa, a dimostrazione che è un tema da noi particolarmente sentito. Quello che noi abbiamo auspicato è un prodotto legislativo funzionale agli interessi della Nazione.

Ribadiamo con forza che la situazione richiede che non si determini un vuoto normativo che avrebbe effetti disastrosi e conseguenze penali sugli imprenditori e sui lavoratori, oltre che sulle imprese agricole e industriali. Ecco perché abbiamo insistito sulla contestualità tra approvazione della legge e intervento sul sommerso.

Siamo leali verso il Governo, verso il Parlamento, verso il Paese. Non abbiamo alzato nessun prezzo, abbiamo posto questioni serie, che meritano risposte serie. Abbiamo cercato di guardare ai problemi non con la lente deformata del provincialismo, dell'ideologismo o della speculazione politica, ma con la consapevolezza di coniugare rigore, fermezza e sicurezza nei confronti dei cittadini con i princìpi della solidarietà in una società aperta, globalizzata e multietnica.

Non vi possono essere leggi, muri, barriere in grado di fermare il movimento dei poveri, un movimento che sale nel Mediterraneo da Sud verso Nord e che richiede risposte coerenti e soprattutto europee.

Questo provvedimento rappresenta la realizzazione di un punto rilevante degli impegni programmatici della coalizione di centro-destra. Il risultato viene raggiunto in tempi rapidi, considerata la complessità della materia, e ciò è stato possibile per l'azione svolta dai Gruppi della coalizione che hanno valorizzato il momento del confronto e il Parlamento come sede della mediazione politica.

Mentre rivolgiamo un ringraziamento e un apprezzamento al relatore Boscetto e al rappresentante del Governo Mantovano per l'attento lavoro svolto, esprimiamo soddisfazione per l'impianto del provvedimento e per i miglioramenti apportati al testo originario, in particolare sulle colf e le badanti, sui minori, sui ricongiungimenti familiari, che con il nostro rilevante contributo, attraverso un confronto serio, approfondito, certo qualificato, a volte anche aspro, hanno determinato le condizioni politiche per giungere a quei risultati attesi che ci portano ad esprimere il nostro consenso al disegno di legge sull'immigrazione. (Applausi dai Gruppi UDC:CCD-CDU-DE, FI e AN).

20 giugno 2002 - Intervento in Commissione su delega fiscale

Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Molgora.

(1396) Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, approvato dalla Camera dei deputati (Seguito dell'esame e rinvio)

Si riprende l'esame sospeso nella seduta di ieri.

Il presidente PEDRIZZI riepiloga il senso dell'intervento svolto dal ministro Tremonti nella seduta di ieri e dichiara aperta la discussione generale sul disegno di legge.

Il senatore EUFEMI osserva che la riforma del sistema fiscale statale proposto dal Governo comporta una radicale trasformazione dell'ordinamento tributario al fine di superare le incongruenze e le aporie di una legislazione non più rispondente alle esigenze dei contribuenti e delle imprese, con l'obiettivo di razionalizzare l'intero sistema, ridurre il numero delle aliquote dell'imposta sul reddito e ampliare la base imponibile. 

Dopo aver collegato il disegno governativo alla più alta tradizione di riforma fiscale risalente al Ministro Vanoni, l'oratore si sofferma ad analizzare il contesto nel quale si cala la riforma, caratterizzato, da un lato, da comportamenti evasivi ed elusivi dei contribuenti, definibili quasi come una forma di legittima difesa contro un'ingiusta imposizione tributaria lesiva dei più elementari interessi individuali, dall'altro, da una miriade di disposizioni normative, primarie e secondarie, finalizzate a contrastare su più livelli tali comportamenti, con esiti certamente non positivi. 

Da un lato, i contribuenti sono costretti a ricorrere a consulenti per adempiere semplicemente all'obbligazione tributaria, dall'altro l'Amministrazione finanziaria, afflitta anche da scarsa motivazione non riesce a reggere il peso della fiscalità di massa. In tale quadro, prosegue il relatore, la riforma tende a riformare il rapporto fisco-contribuenti secondo i principi della chiarezza, della irretroattività della norma fiscale, della semplicità e conoscibilità effettiva della norma stessa. 

Passando ad analizzare alcuni aspetti meritevoli di un ulteriore approfondimento, l'oratore esprime perplessità sull'assenza di disposizioni concernenti l'assetto e l'organizzazione dell'Amministrazione finanziaria, esprimendo altresì il dubbio che le Agenzie fiscali possano costituire il modello organizzativo più rispondente alla tutela degli interessi erariali.

 Un ulteriore osservazione concerne poi la opportunità di inserire nel disegno di legge disposizioni concernenti la riforma del contenzioso tributario. In particolare, sarebbe opportuno prevedere norme che consentono al contribuente di usufruire della disciplina fiscale più favorevole introdotta con il disegno di legge delega, avendo peraltro cura di definire non un condono fiscale, ma una definizione concordata dei contenziosi pendenti alla luce dei principi e dei criteri recati dall'articolo 2. 

Un aspetto di particolare delicatezza investe, invece, le modifiche apportate al disegno di legge dalla Camera dei deputati in relazione alle competenze delle Commissioni parlamentari per l'esame degli schemi dei decreti legislativi: a suo parere, l'aver sottratto la sede consultiva alla Commissione bicamerale, ad eccezione dello schema di parere relativo al codice unico dell'ordinamento tributario, rappresenta un arretramento rispetto al testo presentato dal Governo. 

Passando ad esaminare più analiticamente le disposizioni concernenti l'imposta sul reddito, egli esprime un particolare apprezzamento per l'obiettivo di introdurre un area di esenzione totale per i redditi più bassi, due sole aliquote del 23 e 33 per cento e la trasformazione delle detrazioni in deduzioni. Pur nella consapevolezza che il disegno proposto dal ministro Tremonti consente di superare i problemi di equità fiscale per i redditi familiari posti da un sistema di aliquote fortemente progressive per quanto riguarda la tassazione dei redditi familiari, egli ribadisce la preferenza della propria parte politica per un sistema tributario che superi la concezione individualistica e definisca la famiglia come soggetto di imposta. Riprendendo le affermazioni del Forum delle Famiglie, ritiene essenziale focalizzare l'attenzione sul rispetto del principio dell'equità orizzontale, per evitare sperequazioni tra nuclei familiari con diversa composizione a parità di reddito. Nell'ottica enunciata, appare quindi opportuno definire l'ammontare delle deduzioni, stabilire la loro variazione a seconda del livello di reddito e chiarire il livello di reddito minimo ad di sotto del quale c'è l'esenzione d'imposta. Ritiene successivamente che la progressività delle deduzioni per i familiari a carico non risponde ai principi di una coerente politica a sostegno della famiglia. 

Egli esprime quindi la convinzione che la riforma fiscale debba porsi l'obiettivo di ristabilire l'equità orizzontale tra i contribuenti, il che implica di calibrare l'obbligazione tributaria alla reale capacità contributiva delle famiglie, avendo riguardo di introdurre misure di carattere universalistico. Per quanto riguarda, invece, la tassazione dei redditi di impresa, egli esprime apprezzamento per l'abolizione della dual income tax nonché per la graduale eliminazione dell'imposta regionale sulle attività produttive. 

Dopo aver riepilogato le osservazioni critiche in merito ai negativi effetti dell'Irap, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese, egli si sofferma a commentare positivamente il nuovo regime fiscale previsto per i redditi di natura finanziaria. L'oratore formula poi un analogo commento positivo per l'introduzione dell'imposta sui servizi e dunque di un'unica obbligazione fiscale e di un'unica modalità di prelievo in sostituzione di una serie di tributi quali l'imposta di registro, ipotecarie e catastali, bollo, concessioni governative, contratti di borsa, imposta sugli intrattenimenti. La riforma dell'accisa inoltre, è ispirata ai principi di efficienza, semplificazione e razionalizzazione, pienamente condivisibili. Infine, egli valuta positivamente la modalità di attuazione della delega, in particolare la rimessione al Parlamento della decisione in merito alla destinazione delle risorse di bilancio da utilizzare per attuare la prevista e necessaria riduzione della pressione fiscale, da stabilire con la legge finanziaria anno per anno. 

Conclude ricordando che la complessità, la opacità e il disordine nella normativa tributaria convengono a coloro che nel disordine vedono il fondamento dei propri particolari privilegi ovvero a coloro che da tale disordine traggono impulso per radicali rivolgimenti di ordine politico.

12 giugno 2002 - Intervento in Aula su decreto salva-deficit

(1425) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, recante disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture (Approvato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà.

*EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevoli colleghi, questo decreto-legge è giunto in tempi e modi che non hanno consentito al Senato nessuna possibilità di intervento o miglioramento, ma solo di ratifica. Si tratta, tuttavia, di un altro tassello importante dell'azione di rinnovamento e modernizzazione delle strutture, portata avanti con determinazione dall'Esecutivo.

Il provvedimento è stato al centro di forti polemiche, in parte strumentali. Non si tratta, infatti, di una manovra di contenimento correttiva, e ciò è dimostrato dall'entità delle cifre che abbiamo di fronte. Esso offre tuttavia l'occasione per svolgere alcune riflessioni sull'area pubblica, in merito alla quale in Commissione abbiamo espresso alcuni rilievi.

Per quanto attiene alle norme di carattere tributario, esse sono positivamente volte all'unificazione e alla semplificazione degli adempimenti. È evidente che l'intervento legislativo sull'anticipo dei versamenti avrà riflessi sui compensi dei concessionari in conseguenza della riduzione della valuta. Ma la nostra attenzione è stata focalizzata sulla cooperazione e, dunque, sugli effetti determinati dall'articolo 6 in cui si prevede una tassazione per le cooperative, con l'esclusione di quelle sociali e di quelle di garanzia collettiva fidi. Tutte le altre sono delineate in modo abbastanza significativo.

Opportuna - a nostro avviso - è stata la differenziazione per il settore agricolo in quanto già provato da eventi atmosferici. Detta tassazione, seppure accettabile, rappresenta un modo per far pagare un po' a tutti, mentre sarebbe stato più equo far pagare le sole cooperative che, non rispettando il requisito della prevalenza, si sono già poste fuori dalla mutualità e che quindi non dovrebbero fruire di alcuna agevolazione.

Sollecitiamo il Governo affinché nel periodo che intercorre tra l'emanazione del provvedimento in esame e l'emanazione dei decreti delegati ponga mano alle norme definitive, orientandole in modo da premiare le cooperative virtuose e penalizzare quelle non meritevoli. Gli strumenti esistono e confidiamo sugli obiettivi pienamente raggiungibili.

In particolare, occorre evitare che il patrimonio delle cooperative agevolate, nel momento in cui vengono a perdere tale status, vada disperso a vantaggio di soci senza scrupoli, evitando che le cooperative che dovrebbero essere penalizzate di fatto godano di maggiori vantaggi rispetto a quelle non agevolate. Occorre fare in modo, però, che trascorso il periodo transitorio, si intervenga con norme fiscali affinché le cooperative che sono tali solo di nome non fruiscano più di vantaggi rispetto alle altre imprese senza disperdere le agevolazioni che devono essere riservate alle cooperative più vere e autentiche.

Abbiamo avuto modo di sottolineare come la costituzione della società Patrimonio dello Stato S.p.a. sia un'occasione per l'ammodernamento dello Stato. Come non ricordare i tentativi finora arenati per difficoltà ricognitive, resistenze burocratiche e reazioni dei beneficiari? Oggi questo Governo dà una forte accelerazione in tal senso. I beni pubblici, la loro proprietà, vengono conferiti ad una nuova società.

Dobbiamo eliminare pregiudizi e timori rispetto a svendite di beni di maggiore valore e sulla possibilità che dietro queste operazioni si nascondano abusi e illeciti. Questi possono essere fugati da regole certe, trasparenti, visibilità e conoscenza del valore del bene, del reddito prodotto, degli aumenti richiesti, delle spese per la valorizzazione e delle entrate complessive dalle dismissioni.

Anche Sabino Cassese, come ho già avuto modo di ricordare in Commissione, ha espresso un giudizio sostanzialmente favorevole sul provvedimento, salutando positivamente l'idea di avviare una gestione economica del patrimonio dello Stato rispetto ad una gestione antieconomica.

Certo, dobbiamo prevedere l'introduzione anche di un codice etico affinché tutto avvenga in un ambiente sterilizzato rispetto a regole di condotta, incompatibilità, conflitti di interesse.

Oggi ci siamo posti l'obiettivo prioritario della valorizzazione e della redditività, producendo un duplice vantaggio: generare entrate utilizzabili continuativamente, destinare le entrate una tantum ad investimenti.

La valorizzazione del patrimonio immobiliare consente alla pubblica amministrazione di fare un indispensabile salto di qualità, misurandone così l'efficienza gestionale, abituando l'intero settore pubblico e i suoi dirigenti al calcolo economico, alla valutazione dei costi, all'esame delle entrate, in definitiva alla sfida del mercato.

Con questo decreto viene anche previsto il lancio di Infrastrutture S.p.a., come volano per le grandi opere e soprattutto per l'alta velocità. Con Infrastrutture S.p.a. si realizza un'entità esterna alla pubblica amministrazione, sul modello di ciò che è stato realizzato in altri Paesi europei per spostare fuori del bilancio pubblico il finanziamento delle grandi opere, quelle opere capaci di generare reddito, come le autostrade, le ferrovie, i parcheggi, gli aeroporti.

Per quanto attiene alle società Patrimonio dello Stato S.p.a. e Infrastrutture S.p.a., la nostra unica preoccupazione era quella di completare e migliorare la proposta governativa, mossi unicamente dall'esigenza di evitare in modo surrettizio l'ampliamento dell'area pubblica, sia per quanto riguarda il patrimonio immobiliare sia con riguardo alle partecipazioni azionarie in imprese pubbliche. Apprezziamo pertanto l'annuncio di nuove privatizzazioni.

Pareva opportuno, tuttavia, cogliere questa occasione - soprattutto dopo la grande fase che ha visto la cancellazione delle partecipazioni statali, per cui il Parlamento svolgeva azioni di controllo, e dopo il radicale spostamento al Tesoro, ora Ministero dell'economia, di tutte le partecipazioni azionarie pubbliche - perché fossero introdotte norme di garanzia.

Sarebbe stato cioè auspicabile introdurre il registro telematico delle partecipazioni azionarie pubbliche, accessibile al pubblico attraverso mezzi informatici, come segno di trasparenza; definire ancora meglio il potere di indirizzo e di controllo dei singoli Ministeri di settore con partecipazione pubblica; prevedere la presentazione di una relazione al Parlamento, allegata alla relazione previsionale e programmatica; predisporre un registro telematico delle garanzie, come pure una più attenta valutazione per l'ispettorato e la liquidazione degli enti disciolti rispetto al contenzioso pendente. Di tutto ciò ci siamo fatti carico con specifici ordini del giorno, su cui crediamo che il Governo saprà dare le risposte giuste ed opportune.

Abbiamo richiamato in modo esplicito l'attenzione del Governo sull'attività erogativa delle fondazioni, dopo il processo di ristrutturazione del sistema bancario, sui rischi di spiazzamento cui si aggiungono quelli delle attività delle fondazioni bancarie e dunque su una ripartizione delle risorse che tenti un progetto di solidarietà tra Nord e Sud, finalizzato a recuperare gli squilibri attraverso un fondo partecipato, alimentato in proporzione alle risorse.

Abbiamo posto con forza l'esigenza di regole e controlli perché crediamo nella funzione e nella centralità del Parlamento; al tempo stesso diciamo con forza che non vi è alcun tentativo neostatalista, bensì un progetto di ottimizzazione delle risorse.

Vorremmo fugare le diffuse preoccupazioni ascoltate in quest'Aula: non stiamo applicando il modello Enron delle scatole cinesi, di muraglie, che non reggono, al bilancio di uno Stato dell'Unione, per riprendere tesi espresse da esponenti della sinistra. Riteniamo che tutto ciò faccia parte della rappresentazione e della cultura del catastrofismo, portato avanti dalla sinistra quando non è in posizione di governo. Abbiamo avuto l'11 settembre e riprodurre il modello Enron avrebbe significato l'applicazione disastrosa, suicida, direi demenziale, di ciò che è avvenuto l'11 settembre nei mercati finanziari.

Riteniamo che la sinistra sia troppo ossessionata dalla demonizzazione continua del Presidente del Consiglio e non perda occasione di affrontare tale questione anche con riferimento, come è stato fatto poco fa, ai diritti indisponibili sia concessori sia radiotelevisivi. Vorremmo tranquillizzare la sinistra: non abbiamo posto nuove tasse e non chiameremo il popolo italiano all'ingente tassa per cancellare l'ipoteca sul Colosseo che appartiene, non alla finanza creativa, ma alla fantasia finanziaria.

Vorremmo tranquillizzare la sinistra che non si costituisce alcuna IRI. Identica preoccupazione non è stata espressa quando si costruiva la conglomerata ENEL, che anziché dedicarsi a ridurre le tariffe elettriche destinava investimenti alla telefonia.

Certo, vi è il problema dei controlli e della posizione del Parlamento rispetto alla innovazione legislativa, ma tutto ciò dovrebbe far parte di una posizione condivisa.

Questa non è finanza creativa, ma una riforma strutturale fondata su due pietre angolari: la Infrastrutture S.p.a. e la Patrimonio dello Stato S.p.a., con l'obiettivo di valorizzare l'attivo che rischia di essere inutilizzato: si tratta dello Stato che societarizza l'attivo di bilancio disciplinando e incentivando la ricerca di redditività.

Siamo però convinti che non sia sufficiente una buona legge per raggiungere buoni obiettivi, ma si richiedono anche uomini in grado di cogliere la sfida; al riguardo, l'indicazione del professor Monorchio è apprezzabile per il senso delle istituzioni che ha mosso tutta la sua quarantennale attività al servizio del Paese.

Per queste ragioni, il Gruppo UDC esprime consenso sulle finalità del decreto-legge n. 63 del 2002 insieme a irrinunciabili rilievi e a quelle indicazioni finalizzate ad interventi migliorativi e normativi che, allo stato, riteniamo possibili e che certamente il Governo saprà attentamente valutare e considerare.

Il nostro auspicio è che prevalga un corretto andamento dei lavori parlamentari; il nostro auspicio cioè è che, dopo la fase della grande spinta della securitation, che pure ha portato indubbi vantaggi, si ponga anche attenzione al completamento delle riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno, caratterizzando in senso riformatore l'azione del Governo cui va il nostro pieno sostegno. (Applausi dal Gruppo UDC:CCD-CDU-DE. Congratulazioni).

11 giugno 2002 - Intervento sull'immigrazione

I^ Commissione Affari Costituzionali

(795-B) Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo, approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati.

Il senatore EUFEMI si sofferma, in particolare, sulla questione del permesso di soggiorno rilasciato al compimento della maggiore età a minori affidati e sulla regolarizzazione della manodopera.

Pur apprezzando il notevole sforzo compiuto in occasione dell'esame presso la Camera dei deputati in direzione di una maggiore tutela dei minori stranieri, esprime preoccupazione per gli effetti che potrebbe produrre la disposizione introdotta, che prevede la possibilità di concedere il permesso di soggiorno solo quando il minore sia stato ammesso in un progetto di integrazione per un periodo non inferiore a due anni. In particolare, vi è il rischio di incentivare l'immigrazione in età ancora più precoce, visto che l'unica possibilità di rimanere regolarmente dopo la maggiore età sarà connessa all'essere entrati in Italia prima dei quattordici anni. 

Ciò avrebbe gravi conseguenze sia rispetto alla tutela dei minori, essendo più pregiudizievole l'assenza dei genitori per un bambino di età inferiore ai quattordici anni che per un ragazzo di 16-17 anni, sia rispetto ai maggiori costi per la società italiana. A suo parere, per il futuro non è possibile ipotizzare un progetto di durata superiore ad un anno, mentre è necessaria una norma transitoria che riconosca il permesso di soggiorno a tutti i minori entrati in Italia prima del 31 dicembre 2001, che abbiano seguito un progetto di inserimento serio e continuativo.

Il testo in discussione, peraltro, nei fatti favorisce alcune etnie, punendone altre ugualmente meritevoli di attenzione, rischiando anche eccezioni di costituzionalità. Per quanto concerne la regolarizzazione della manodopera, un tema sul quale si sono soffermate numerose dichiarazioni pubbliche, osserva che, particolarmente per le imprese agricole, sarebbe troppo oneroso attendere tre mesi per la regolarizzazione di un cittadino extracomunitario. 

Le quote di extracomunitari da indirizzare al lavoro dovrebbero essere commisurate alle necessità reali, anche per evitare incongruenze come quella che si è registrata nell'ultima occasione, quando alla provincia di Bolzano sono state assegnate tredicimila unità, mentre a quella di Torino ne sono andate soltanto trecento.

La sua parte politica ritiene opportuno accelerare l'esame del disegno di legge e auspica che, come dichiarato dal Presidente del Consiglio, esso possa essere perfezionato, così da realizzare un prodotto legislativo funzionale agli interessi della Nazione.

15 maggio 2002 -  Legge costituzionale per la cessazione degli effetti dei commi primo e secondo della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione 

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, senatori, siamo chiamati oggi alla seconda deliberazione del Senato, in terza lettura, sulla modifica della XIII disposizione transitoria, come previsto dal procedimento di revisione costituzionale.

Il Gruppo dell'Unione democratici cristiani, in coerenza con l'iniziativa legislativa assunta, esprimerà voto favorevole a tale modifica, rimuovendo una norma che ritiene antistorica.

Non aggiungerò molto alle considerazioni già espresse dal Gruppo UDC in occasione della prima lettura con gli interventi del capogruppo D'Onofrio e del senatore Forlani. Mi limiterò a richiamare le ragioni di un atteggiamento coerente con la nostra iniziativa legislativa, che risiede nella saldezza della Repubblica, nella forza dell'articolo 139 della Costituzione, nella forma repubblicana che non può essere messa in discussione.

Alla vigilia della prima deliberazione abbiamo preso atto della lettera scritta da Vittorio Emanuele e da suo figlio Emanuele Filiberto al presidente della Repubblica Ciampi. Si è trattato di un gesto che abbiamo apprezzato perché non sollecitato, né richiesto, né necessario, ma che, proprio per questo, ha assunto ancora più forza e significato, andando oltre l'implicito riconoscimento dei princìpi costituzionali. Tale lettera infatti esprime una posizione chiara, netta ed inequivocabile, togliendo ogni alibi a chi vedeva e vede ombre e pericoli; essa contribuisce ad eliminare ogni inutile e pretestuosa polemica politica su una decisione parlamentare che per noi rimane un atto di giustizia.

Da parte nostra non avevamo dubbi, come non li hanno le giovani generazioni cresciute nel dopoguerra. Auspichiamo ora una seconda e definitiva approvazione parlamentare che, nel rispetto del percorso costituzionale, determini le condizioni per la rimozione dell'esilio inferto ai discendenti di Casa Savoia e l'acquisizione, da parte degli stessi, dello status di cittadini italiani.

Per queste ragioni, essendo trascorsi i tre mesi previsti dal procedimento di revisione costituzionale, esprimiamo il terzo voto favorevole dei quattro richiesti dalla Carta costituzionale per rendere pienamente efficace la soppressione di una norma transitoria che, dopo 50 anni, rischiava di diventare definitiva e anacronistica.

Per tali motivi, il Gruppo UDC esprime il convinto auspicio che il Senato approvi la modifica costituzionale con larghissimo consenso, rendendola in tal modo ancora più significativa. (Applausi dal Gruppo UDC:CCD-CDU-DE e del senatore Pastore).

7 maggio 2002 - Ratifica ed esecuzione del Trattato di Nizza che modifica il Trattato sull'Unione europea, i Trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Nizza il 26 febbraio 2001

*EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, questo dibattito parlamentare sulla ratifica del Trattato di Nizza si svolge non solo dopo Laeken, ma immediatamente dopo un grande successo della nostra diplomazia, di politica estera, con la Russia di Putin associata ad un organismo di cooperazione, segno di tempi profondamente cambiati.

Quella odierna è certo una tappa fondamentale di un lungo cammino, come lo furono i Trattati di Roma, la Conferenza di Helsinki del 1975, lo SME e Maastricht, di cui furono protagonisti il presidente Andreotti e l'ex ministro del tesoro Carli, e poi Amsterdam e ancora Nizza. Tutto ciò nonostante le incertezze determinate dal referendum irlandese, che certo ha inferto una ferita al processo riformatore, come abbiamo preoccupazione per il voto francese, che deve suonare come un campanello d'allarme evitando che pulsioni interne si possano poi manifestare sui referendum europei.

Ora siamo nel pieno del processo costituente europeo, con itinerari stringenti. Dopo l'avvento dell'euro si può cominciare a correre, si sta aprendo il decennio dell'Europa con una seconda ondata di democrazia.

Nonostante i tiepidi giudizi, nonostante le indubbie novità della Carta dei diritti, dell'estensione del voto a maggioranza, delle decisioni sull'allargamento, la grande novità è stata - come ha ricordato efficacemente il presidente Pera - il discorso sul metodo, riscoprendo il metodo Monnet che è induttivo perché parte dal basso.

Se vogliamo consolidare i vantaggi acquisiti come pace, libertà, crescita economica, benessere diffuso, estensione dei diritti sociali, dobbiamo aggiungere i vantaggi istituzionali, che non possono essere messi in discussione dal processo di costruzione.

La Carta di Nizza non è solo la carta dei diritti fondamentali, strumento giuridico atteso da oltre trent'anni: è momento di progresso nella costruzione dell'Europa. Certo, sono stati raggiunti compromessi, un difficile equilibrio, momenti di difficoltà come la minoranza di bloccaggio, il metodo della cooperazione rafforzata, l'estensione della maggioranza qualificata; progressi che senza dubbio sono importanti ma possono essere inadeguati se il dibattito sull'avvenire dell'Europa metterà a confronto un gruppo di Paesi pronti ad accettare il principio di una Costituzione di carattere federale ed un altro gruppo di Paesi decisi a salvaguardare l'ormai apparente sovranità nazionale nell'ambito di un'Europa di tipo confederale.

Dobbiamo evitare di correre il rischio di imporre con i numeri scelte politiche che si riflettono sugli uomini. La costruzione europea è un edificio che va costruito con calma per resistere alle difficoltà. Nizza è un passo nella direzione di riunire i Paesi del nostro continente in una grande area di pace, stabilità e progresso, senza esclusioni preconcette come quelle espresse dal presidente Prodi nei confronti della Russia, secondo il quale un eventuale ingresso rappresenterebbe un fattore di squilibrio per la sua dimensione territoriale e di popolazione. Sono giudizi che non condividiamo.

Ora dobbiamo guardare a una più precisa divisione delle competenze tra l'Unione europea e gli Stati membri, incorporare nel Trattato la Carta dei diritti fondamentali, semplificare l'organizzazione dei trattati e interrogarsi sul ruolo delle istituzioni.

Dopo l'introduzione con pieno successo dell'euro, si afferma sempre più l'idea dell'Europa. È una moneta senza Stato e dunque si aprono problemi nuovi connessi ad istituzioni più efficienti e democratiche e non ancora stabilizzate. Occorre ripensare le politiche di sviluppo e di coesione sociale aiutando la crescita di altri centri propulsivi dello sviluppo europeo. Sono indispensabili meccanismi di controllo del Parlamento europeo rispetto alle funzioni di controllo politico e di direzione strategica delle operazioni di gestione delle crisi internazionali.

Abbiamo apprezzato la scelta del presidente Pera di dare un significato alto a questa deliberazione, così come apprezziamo il costante monitoraggio dei lavori della Convenzione attraverso un forte coinvolgimento del Parlamento nazionale come non v'è stato nell'elaborazione del Trattato di Nizza, su cui si è registrata sostanziale estraneità. Attraverso il dibattito sulla Costituzione, i cittadini europei potranno interessarsi all'Europa e parteciparvi. Abbiamo il dovere di formare un'opinione pubblica europea.

Non possiamo non ricordare che i problemi sono esplosi con la redazione della Carta dei diritti fondamentali nella definizione del patrimonio dell'Unione. Manca un approfondimento della comunanza europea fondata sulle sue radici culturali che sono comuni. Mentre siamo impegnati a rafforzare l'entità di carattere statuale senza rafforzare l'identità culturale comune, si rischia di realizzare un meccanismo politico-amministrativo "senza anima".

Gli Stati nazionali sono nati sul concetto di nazione, una comunanza culturale e linguistica, legittimando la coesione e l'appartenenza allo Stato. Il dibattito si è ridotto, limitato alle tutele dei diritti umani; è una scelta positiva ma parziale, perché appartiene all'organizzazione internazionale, alle Nazioni Unite, e quindi è di per sé insufficiente per caratterizzare l'identità europea.

Quello che vogliamo è un'Europa dei valori, con una precisa identità culturale in cui confluiscano le culture nazionali dei nostri popoli, di popoli in cammino, che pongono la persona umana e la sua dignità al centro della costruzione sociale verso cui orientare l'azione politica.

Apprezziamo, per esempio, l'iniziativa dei Presidenti delle Camere, nel dibattito che si terrà a Venezia nei prossimi giorni, di ascoltare anche i rappresentanti delle fedi religiose, alimentando un dibattito sui princìpi etici e politici che debbono orientare l'avvenire dell'Unione e non marginalizzando la religione, che è la parte decisiva della vita degli uomini.

Onorevole Presidente, onorevoli senatori, la drammatica crisi in Medio Oriente, dove sembra in atto uno scontro di civiltà, dimostra che è indispensabile che l'Europa si rafforzi come unità politica. L'Europa può portare la sua cultura, la sua ricchezza fondata sulle diversità, soprattutto nel processo di ampliamento ad Est e ai popoli del Mediterraneo, da Malta a Cipro, un allargamento attraverso il principio di flessibilità, costruito sulla pace e sull'allargamento del benessere.

Allargamento con gradualità, perché i parametri di convergenza dei Paesi fondatori vanno riprodotti anche per le nuove adesioni, sia pure in misura più diversa, più equilibrata, con attenzione al sistema economico e di produttività delle imprese, piuttosto che alla contabilità finanziaria.

A Nizza non hanno prevalso gli egoismi e gli interessi particolari, perché l'idea di Europa è più forte di qualsiasi condizionamento. Il difficile momento storico impone ai sostenitori dell'unità europea di far sentire la propria voce, contro ogni interpretazione riduttiva del progetto europeo, per affermare il ruolo dell'Europa nel mondo. Altrimenti volteremmo le spalle ai doveri che abbiamo verso i nostri popoli e alle future generazioni.

Non senza riflettere sul modo stesso di approvazione dei Trattati, rendendoli adeguati ai cambiamenti istituzionali (bene ha fatto ancora il presidente Pera a sottolineare la necessità di un passaggio parlamentare per la Convenzione europea, evitando appunto il pericolo che sui referendum si scarichino tensioni interne come quelle francesi, di cui non sottovalutiamo gli effetti), va però approfondito il rafforzamento delle istituzioni, identificando obiettivi e responsabilità; oggi più di ieri abbiamo bisogno dell'Europa. Il dramma delle Torri gemelle, la minaccia del terrorismo internazionale ci tolgono ogni illusione.

Vogliamo una forte federazione di Stati nazione, come ha detto il presidente Ciampi, e non vogliamo che i popoli rinuncino alla loro sovranità, ma piuttosto creino le condizioni per meglio esercitarla.

La democraticità deve affermarsi insieme ad una forte coscienza politica.

Una politica economica, una politica estera e militare esigono un Governo democratico europeo. Forse è venuto il momento di sacrificare - com'è stato efficacemente ricordato - al concetto di Europa sopranazionale una mollica del proprio pane.

L'obiettivo dev'essere quello di mettere in risalto lo specifico dell'Europa, che sta nelle straordinarie diversità e variabilità delle sue geometrie culturali.

Con questo Trattato l'Europa si dà orizzonti più ampi. Ad essi guardiamo con la consapevolezza che l'Europa si fa con il consenso dei cittadini e degli Stati e non solo con il consenso delle diplomazie. 

(Applausi dai Gruppi UDC:CCD-CDU-DE e FI).

18 aprile 2002 - Dichiarazione di voto su disegni di legge relativi al  riordino della pubblica amministrazione

Testo integrale della dichiarazione di voto finale del senatore Eufemi sui disegni di legge nn. 1052, 179, 185, 273, 728, 1011

Il Gruppo dei senatori dell'UDC esprime il proprio convinto voto favorevole al provvedimento in esame, che dice una parola chiara e non equivoca in favore di un'Amministrazione pubblica più protesa al benessere della collettività, attraverso l'efficacia della sua azione e l'effettiva rispondenza allo scopo per cui essa fu istituita nell'ordinamento italiano.

Il testo approvato rende finalmente giustizia alla necessità di valorizzare la competenza professionale dei funzionari pubblici non ancora dirigenti, attraverso l'istituzione della vicedirigenza. L'applicazione concreta del nuovo istituto normativo certamente debellerà le ancora riscontrabili situazioni ingiustificate di privilegio e di dequalificazione professionale - causa primaria di inefficienze spesso gravi - nell'Amministrazione pubblica, contro le quali giustamente il progetto di legge (complessivamente considerato) è proteso ad intervenire.

Nell'Amministrazione pubblica, l'istituto della vicedirigenza costituisce una misura ordinamentale indispensabile ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione e realizza il conseguente coordinamento normativo con la disciplina dettata dall'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165; sulla base di tale salda convinzione, come gruppo UDC avevamo già presentato sul

tema, in entrambi i rami del Parlamento, vari progetti di legge in questa ed in precedenti legislature. La nuova previsione di rango legislativo scongiura inoltre il rischio di un'ulteriore impossibilità applicativa - come, invece, avvenuto in passato - delle già pure esistenti norme sulla vicedirigenza, ossia delle "norme Bassanini" che avevano previsto una distinta disciplina per le categorie di personale di più elevata professionalità nell'ambito della contrattazione destinata ai dipendenti non appartenenti all'area dirigenziale.

L'elevato profilo culturale dei lavoratori interessati (laurea, specializzazioni successive nonché, in situazioni specifiche, abilitazioni post lauream ed iscrizioni ad albi od ordini o collegi professionali, dottorati di ricerca), il regolare superamento di concorsi pubblici richiedenti quei titoli culturali per l'ingresso nelle varie amministrazioni pubbliche, la rilevanza intrinseca del lavoro istituzionale di tali funzionari che si concretizza nella direzione d'importanti uffici e nella diretta collaborazione alla gestione degli uffici dirigenziali più importanti, abi1ita questi lavoratori pubblici alla previsione d'un loro status specifico, finalmente in linea con l'esigenza di colmare in qualche modo le distanze con l'organizzazione amministrativa degli altri Paesi aderenti all'Unione Europea.

Quanto alle previsioni del nuovo progetto in votazione sulla dirigenza, il gruppo parlamentare UDC, nel condividere l'impostazione del testo medesimo, considera che lo spoils system ivi previsto, lungi dal prestarsi a comportamenti arbitrari, garantisce nelle scelte amministrative la trasparente tutela della razionalità, dell'efficienza, dell'efficacia, della tempestività e dell'economicità dell'azione amministrativa, con riguardo primario e fondamentale alle supreme esigenze della collettività. Il sistema progettato dall'attuale Governo, condiviso dalla maggioranza anche con riferimento a pregressi contributi progettuali d'iniziativa parlamentate, appare idoneo a sconfiggere nelle nomine dirigenziali quel clientelismo, che ha avuto il massimo fulgore nella pletora di nomine a dirigente generale avvenute nell'ultimo scorcio della precedente legislatura ed imposte alla collettività con effetti ancor oggi negativi: la vicenda di queste nomine, troppe delle quali essenzialmente fondate sulla fiducia personale d'esponenti partitici allora al Governo ed attualmente congelate in forza d'un complesso meccanismo normativo, da un lato hanno impedito a personale qualificatissimo di vedere giustamente riconosciuto il proprio merito professionale, dall'altro lato hanno consentito ingiustamente a talune persone d'accedere ad incarichi di dirigente generale senza gli idonei requisiti culturali e professionali.

Il Gruppo UDC, ribadendo il proprio voto favorevole al disegno di legge in esame, auspica infine che esso sia sollecitamente approvato in ultima lettura dalla Camera dei Deputati, affinché al più presto l'ordinamento giuridico ed amministrativo italiano s'arricchisca di una legge che certo comporterà notevoli conseguenze positive sul rapporto tra la cittadinanza e le strutture amministrative pubbliche.

Sen. Eufemi

17 aprile 2002 - Dichiarazione di voto su decreto legge n. 13

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, senatori, intervengo per esprimere il consenso del Gruppo UDC sul decreto-legge n. 13 del 2002 al nostro esame dopo le significative modifiche apportate dalla Camera dei deputati. Si recano disposizioni per assicurare la funzionalità degli enti locali, destinando maggiori risorse per il funzionamento delle Unioni dei comuni e con una significativa riserva alle comunità locali.

Sono state apportate modificazioni alla disciplina del Patto di stabilità interno chiamando gli enti locali, in particolare quelli con popolazione superiore a 5.000 abitanti, a concorrere al raggiungimento degli obiettivi programmatici assunti dal Governo in ambito europeo con il Patto di stabilità e crescita attraverso un doppio vincolo, sia rispetto al disavanzo che all'entità complessiva delle spese correnti, sia in termini di competenza che di cassa, uniformando i criteri e le modalità di calcolo con notevoli effetti semplificatori.

La Camera dei deputati ha modificato, con riferimento ai servizi a carattere imprenditoriale, la data di decorrenza delle diverse contabilizzazioni delimitate per questo tipo di servizi, incidendo altresì sul regime delle convenzioni con enti pubblici e privati.

Sono state ridotte le sanzioni per i comuni che risultassero inadempienti all'obbligo del Patto, perché i tagli eventuali ai trasferimenti come sanzione opereranno solo su quelli correnti e, quindi, sono salvate le spese per investimenti, limitando tali tagli al 25 per cento dei trasferimenti.

Va sottolineata positivamente la disposizione relativa all'outsourcing per gli enti locali che abbiano effettuato esternalizzazioni tese a premiare gli enti locali che hanno compiuto una scelta politica da cui ne siano derivati risparmi di spesa.

Di particolare rilievo risulta la soppressione di micro-interventi che avrebbero allargato il provvedimento con norme particolaristiche in linea con i richiami del Capo dello Stato. Si tratta di un'azione avveduta dopo quanto riscontrato con il decreto-legge sulla BSE.

Con la disciplina del canone per le insegne di esercizio si integra la disposizione dell'ultima legge finanziaria, prevedendo l'esenzione del canone oltre che dell'imposta. In tal modo si evitano possibili contenziosi in ambito locale con ripercussioni per l'Erario.

Giudichiamo altresì positiva la soppressione del termine per la richiesta di collaudo delle sale Bingo, stante la necessità di eliminare una complicazione tecnico-amministrativa difficile da gestire, che avrebbe potuto dare luogo ad una infinità di ricorsi. Sarebbe stato inimmaginabile, a 13 giorni dalla scadenza della proroga, realizzare il restante 25 per cento dei lavori, quando la spesa complessiva riguarda, oltre le opere murarie, anche attrezzature di impianti per i quali c'erano stati 10 mesi utili. Si sarebbe trattato di una grida manzoniana oltre che di un'inutile complicazione.

Per tutte queste ragioni, il Gruppo UDC esprime il voto favorevole al decreto-legge teso ad assicurare funzionalità agli enti locali. (Applausi dai Gruppi UDC:CCD-CDU-DE, FI e AN).

28 marzo 2002 - Dichiarazione di voto su Scudo Fiscale

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Onorevole Presidente, onorevole rappresentante del Governo, senatori, il decreto-legge al nostro esame, attraverso la proroga dei termini, affronta e ripropone due grandi questioni di politica economica adottate dal Governo con la manovra dei cento giorni: il rientro dei capitali e l'emersione dal sommerso del lavoro irregolare. Non vi è dubbio che la proroga si è resa necessaria in seguito alle difficoltà connesse alle procedure di regolarizzazione.

Non possiamo sottacere tuttavia i risultati finora realizzati, sia rispetto al volume dei capitali rientrati che al gettito conseguente, anche in considerazione delle previsioni di entrata.

Non possiamo non esprimere alcune preoccupazioni rispetto all'irrisoria entità delle imprese che hanno presentato l'apposita domanda di emersione. Dai dati disponibili sono appena 154 per un totale di 430 lavoratori regolarizzati. Tale dato conferma i dubbi espressi dal governatore della Banca d'Italia Fazio rispetto ad una regolarizzazione che presupponeva un accordo fra impresa e lavoratori e che in caso contrario, come è purtroppo accaduto, si sarebbe rilevata problematica.

Tutto ciò è preoccupante anche per la dinamica dei conti pubblici e per la dimensione che le entrate straordinarie hanno su un equilibrio che rischia di essere precario, se non fondato su riforme strutturali di cui si avverte l'esigenza sia in materia fiscale che previdenziale.

Dobbiamo porci allora alcuni interrogativi. Quanto ha influito sul rientro dei capitali lo snaturamento dell'effetto preclusivo rispetto all'impostazione originaria, andando inevitabilmente ad incidere su una forte delimitazione del raggio di azione dello scudo fiscale? Quanto ha inciso l'incertezza dell'applicabilità dello scudo fiscale ai capitali detenuti in via indiretta?

Ben si comprende, allora, nel silenzio della legge, l'atteggiamento prudente dei risparmiatori italiani che detengono in via indiretta attività finanziarie all'estero e che nel dubbio preferiscono non avvalersi delle disposizioni sul rimpatrio. Una fetta delle attività potenzialmente rimpatriabili rimane pertanto sorda alle sirene dello scudo. Alla luce di tutto ciò, cadono le critiche aspre, fuori misura, espresse dalle opposizioni in occasione della precedente approvazione delle norme generali: senatore Giaretta, non è stato ucciso alcun vitello grasso.

È stato inoltre sufficientemente valutato il rischio di un uso distorto della dichiarazione riservata da parte degli uffici? E, inoltre, si è valutato l'effetto boomerang del rimpatrio per i soggetti cancellati dalle anagrafi della popolazione residente? Tale è il caso dei soggetti che, trovandosi nella descritta situazione, procedessero a rimpatriare le attività detenute all'estero, i quali si troverebbero nella situazione di ammettere, per comportamento concludente, di essere residenti in Italia, con l'ulteriore conseguenza, a seguito della loro autodenuncia, di restare soccombenti negli accertamenti fiscali con i quali gli uffici dovessero in futuro muovere loro contestazioni.

Perché siamo di fronte, allora, a risultati modesti rispetto alle cifre-obiettivo? Sono gli interrogativi che abbiamo ripetutamente posto e che, non avendo trovato risposta, diventano fonte di preoccupazione.

Da parte nostra abbiamo offerto il più ampio contributo a rimuovere quelle situazioni che hanno impedito finora di fare chiarezza. Ma, a volte, occorre essere critici anche con se stessi per poter raggiungere risultati più favorevoli, rimuovendo ogni tipo di ostacolo.

Non convince, sia nel metodo che nel merito, soprattutto l'emendamento che sottrae un'ampia materia al confronto di Commissione, affidando ai sindaci, alla vigilia di un importante turno amministrativo, compiti e responsabilità su una questione tanto delicata come l'emersione del sommerso.

Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, il voto dell'UDC sarà un voto favorevole alla conversione del decreto-legge, non senza rimarcare le ragioni di un vincolo di maggioranza, che prevalgono certo anche rispetto a obiezioni e rilievi che non possiamo sottacere, nella preoccupata consapevolezza di avere offerto un contributo migliorativo per il raggiungimento degli obiettivi di politica economica che il Governo e la maggioranza si sono dati. 

(Applausi dai Gruppi UDC:CCD-CDU-DE, FI e LP).

27 marzo 2002 - Conversione decreto legge su emersione capitali detenuti all'estero e lavoro irregolare

(1180) Conversione in legge del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, recante disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà. EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, con il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 12 del 2002 vengono prorogati i termini in materia di emersione dei capitali detenuti all'estero e di emersione del lavoro irregolare. Si tratta, com'è noto, di due qualificanti provvedimenti di politica economica, adottati dal Governo nei primi cento giorni di attività della legislatura.

Con il nuovo provvedimento si è inteso agevolare il rientro dei capitali detenuti all'estero dai cittadini italiani. I soggetti che intendono usufruire dell'agevolazione hanno due diversi e rilevanti vantaggi: uno relativo alle penalità previste per le attività finanziarie illegittimamente detenute all'estero; l'altro, molto più consistente, riferito al condono fiscale per gli anni di imposta pregressi. Con questo provvedimento vengono prorogati i termini per l'effettuazione delle operazioni di emersione delle attività detenute all'estero dal 28 febbraio 2002 al 15 maggio 2002. 

Le ragioni addotte dal Governo per giustificare tale proroga sono in relazione a difficoltà ed ostacoli derivanti dai tempi tecnici necessari alle operazioni di regolarizzazione. Tali difficoltà sono state manifestate soprattutto da intermediari finanziari, banche e società finanziarie. Noi riteniamo che, a parte le giustificazioni addotte dal Governo, non siano estranee a tali difficoltà le attività svolte dalle banche estere, soprattutto svizzere, che certo non vedono di buon grado le operazioni di rientro dei capitali esteri. L'indicazione fornita dall'Ufficio italiano dei cambi, pur evidenziando un incremento dell'utilizzo della normativa dello scudo fiscale, non consente di formulare valutazioni positive su tale rientro. Infatti, dai dati riferiti a tutto il mese di gennaio, risulta che sono rientrati 2.380 milioni di euro, pari a poco più di 4.000 miliardi di lire. Più favorevoli indicazioni sono previste per il gettito di febbraio, che (secondo i dati di previsione di entrata risultante dal gettito derivante dall'imposta sostitutiva del 2,5 per cento) è pari a 2.000 miliardi di lire, di cui 100 miliardi per il 2001 e 1.900 miliardi per il 2002. 

A fronte di tale previsione di entrata, dovevano quindi rientrare capitali per almeno 80.000 miliardi di lire. Anche se siamo lontani dal raggiungimento di tale obiettivo, secondo i dati forniti dall'Ufficio italiano dei cambi sarebbero rientrati a tutto gennaio 2.380 milioni di euro, corrispondenti a meno di 5.000 miliardi di lire, cifra ancora lontana dagli 80.000 miliardi inizialmente previsti; di qui la necessità della proroga dei termini al 25 maggio 2002. Sempre in base ai dati dell'Ufficio italiano dei cambi, per quanto riguarda gli smobilizzi dei capitali rimpatriati, circa il 60 per cento proviene dalla vicina Svizzera. Non si hanno invece indicazioni sul rientro dei capitali da Paesi costituenti l'arcipelago dei cosiddetti paradisi fiscali, dove è custodita la gran parte dei capitali accumulati per attività illegali che com'è noto  non possono usufruire delle agevolazioni in questione. Dagli stessi dati forniti dall'Ufficio italiano dei cambi, la Lombardia è la regione dove risultano segnalati i maggiori volumi di rientro dei capitali; molto distanziate sono le altre Regioni, che vanno da un massimo del 9 per cento del Piemonte al 4 per cento del Lazio. Pur tenendo conto che la legge Tremonti destinava le maggiori entrate derivanti dall'attuazione della disciplina dello scudo fiscale ad un fondo speciale destinato al finanziamento della previdenza sociale, non possiamo non esprimere qualche preoccupazione sull'andamento del gettito derivante da questa manovra. Non siamo però ancora in grado di formulare indicazioni sulla portata del provvedimento, che potrà essere pienamente valutata soltanto dopo che i sostituti d'imposta (banche ed intermediari finanziari) avranno presentato le dichiarazioni di cui al modello 760. Ulteriori e maggiori preoccupazioni dobbiamo esprimere per l'andamento dell'altra manovra relativa all'emersione del lavoro irregolare, anche se in questo caso il termine inizialmente previsto del 30 giugno 2002 è ora prorogato al 30 novembre 2002, ancora lontano come scadenza. Sebbene questa non sia la sede per affrontare i problemi che oggi non consentono di esprimere positive valutazioni sull'andamento della manovra fiscale relativa all'emersione del lavoro irregolare, dobbiamo andare alla radice delle cause che danno luogo all'economia sommersa. Fra queste sono da individuarsi soprattutto il peso delle imposte e dei contributi sociali, le norme relative al mercato del lavoro e soprattutto l'offerta sempre più vantaggiosa da parte di soggetti appartenenti a Paesi extracomunitari irregolarmente dimoranti nel nostro Paese. Su tali problemi avremo al più presto occasione di svolgere un'analisi approfondita quando dal Senato sarà esaminata la legge delega in materia di lavoro. Ho preannunciato alcuni emendamenti finalizzati ad estendere la disciplina relativa al sommerso anche nei confronti dei lavoratori dello spettacolo, data la particolare natura dei contratti di lavoro sottoscritti in tale comparto. 

Ritengo altresì opportuno sottolineare al rappresentante del Governo alcune questioni meritevoli di ulteriore approfondimento, in riferimento alla disciplina del rientro dei capitali all'estero. In particolare, appare necessario specificare la nozione di attività finanziaria detenuta all'estero, chiarendo che con il termine "detenute" si intendono anche le attività finanziarie detenute da un soggetto interposto. Ulteriori modifiche concernono l'articolo 14 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, e in particolare la precisazione della portata dello scudo fiscale laddove esso è limitato agli imponibili rappresentati dalle somme o dalle altre attività costituite all'estero e oggetto di rimpatrio. Appare opportuno specificare, anche in tal caso, che per attività costituite all'estero debbano intendersi attività detenute in via indiretta. Sono questi gli argomenti che abbiamo ritenuto di sottoporre all'attenzione del sottosegretario Vegas in Commissione finanze e che abbiamo riproposto in Assemblea. 

Con queste motivazioni esprimo, a nome del mio Gruppo, la valutazione positiva sul provvedimento nel suo complesso, anche se riteniamo che sulle questioni specifiche evidenziate debba essere data una risposta compiuta.

 (Applausi dal Gruppo UDC:CCD-CDU-DE).

19 marzo 2002 -  Riforma Dirigenza statale

I disegni di legge oggi al nostro esame affrontano il complesso riordino della dirigenza statale e ricomprendono anche la istituzione dell'area della vice-dirigenza su cui il Gruppo UDC ha presentato specifiche iniziative legislative (AA. SS. 179 e 273) fin dall'avvio della legislatura a conferma della esigenza di dorate le Pubbliche Amministrazioni di una area quadri così come da tempo avviene nei paesi europei.

Voglio aggiungere che la istituzione di tale are era già prevista nel decreto legislativo 396/97 e nella legge 165/2001 all'articolo 40 comma 2 che cos' recita:

"... per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad albi oppure tecnico scientifici e di ricerca, sono stabilite discipline distinte nell'ambito dei contratti collettivi di comparto".

Ma il centro sinistra, che pure aveva previsto la area della vicedirigenza, non ha dato ad essa concreta attuazione forse per il veto di forze sociali che non si ispirano ad una politica di ampio raggio, ma di mantenimento di posizioni retrive e fuori tempo.

A ciò aggiungo che il Parlamento Europeo, il 10 aprile 2001 h pesantemente censurato tramite il Presidente della Commissione petizioni l'On. Nino Gemelli ed alla quale la Dirtast si era rivolta con una propria petizione, il comportamento del legislatore nazionale per tale inconcepibile omissione.

Esprimo dunque apprezzamento per il risultato raggiunto con l'approvazione di una legge che ci porterà finalmente in Europa e che toglie da una posizione mortificante dodicimila qualificate professionalità appartenenti alla ex carriera direttiva che, così valorizzate, costituiranno certamente il presupposto per la rifondazione della categoria dei funzionari nonché la base per una più efficiente valutazione e riqualificazione della futura dirigenza pubblica.

Va inoltre tenuto presente come gli Enti Locali e in particolare le Regioni aspettino con sollecitudine la istituzione della vicedirigenza laddove compiti e funzioni di alta responsabilità sono affidati di fatto alla buona volontà di funzionari ai quali difficilmente viene attribuito il giusto riconoscimento.

Tale provvedimento infine non comporta oneri per il bilancio dello Stato come d'altra parte asserito nella relazione tecnica di accompagnamento allegata all'originario d.d.l. approvato dal Consiglio dei Ministri.

E l'aggiornamento della relazione tecnica presentata alla Camera fa riferimento alla data del 31 dicembre 1999. Noi crediamo che rispetto a tale indicazioni si presenti una situazione più favorevolmente mutata e tale da consentire la presa in considerazione di quelle proposte emendative ancora pendenti e relative ad atti di giustizia che attendono una precisa scelta parlamentare piuttosto che un ulteriore rinvio.

Per quanto concerne il provvedimento globale di riordino della dirigenza statale mi sono preoccupato di presentare alcune emendamenti migliorativi del testo. Già il Governo ha modificato l'articolo 1 includendo nei destinatari le Agenzie fiscali, come già avvenuto nella finanziaria; ritengo deve essere indicato chiaramente che tra le "Agenzie", occorre includere anche l'ARAN, i cui dirigenti peraltro fanno riferimento per il loro contratto alla macroarea 1 (Stato, Parastato etc).

Altre proposte emendative hanno riguardato:

l'integrazione e modifica della Commissione per la verifica dei risultati conseguiti dai dirigenti di prima e di seconda fascia; sarebbe opportuna una migliore definizione e verifica sul mancato raggiungimento degli obiettivi attraverso una migliore procedura valutativa che deve prendere anche in considerazione le risorse anche umane assegnate al dirigente, risorse che non devono rispondere a loro volta per il raggiungimento dei risultati, che non hanno alcuna verifica sul lavoro espletato e soprattutto non sono soggetti a contatti triennali come i dirigenti. E' questa la grande differenza tra il dirigente e la struttura a lui assegnata.

la soppressione delle funzioni delegate dai dirigenti per l'inquadramento dei vice-dirigenti;

l'equiparazione delle carriere direttive al fine dell''inquadramento dei vicedirigenti;

un diverso rapporto della quota di incarichi dirigenziali assegnabili a persone estranee alla dirigenza statale;

la rimozione della preclusione per gli eletti dipendenti pubblici in aspettativa rispetto alla indennità di buonuscita;

A seguito degli accordi stipulati dal Governo con tutti i sindacati anche autonomi, noi crediamo che il provvedimento debba essere approvato con urgenza, anche per dare agli Uffici certezza direzionale e possibilità di organizzazione interna adeguata.

Questa riforma è un grande risultato del governo di centrodestra.

Si mette ordine nel settore del pubblico impiego. Si dice una parola chiara verso una amministrazione pubblica protesa nella valorizzazione delle competenze professionali dei funzionari pubblici

Un dato merita di essere sottolineato.

Dobbiamo fare tutti uno sforzo per recuperare culturalmente la funzione di neutralità della Pubblica Amministrazione ancorandoci ai principi costituzionali. Essa pertanto non può essere mai di parte, ma al servizio del bene comune.

Noi riteniamo che in questi ultimi anni vi sia stato un abbandono delle linee guida fissate dalla Costituzione e che occorra fare ogni sforzo per dare fiducia ai cittadini nei confronti dello Stato. Ciò sarà tanto più vero se si esalteranno la professionalità, i meriti e le capacità individuali piuttosto che la appartenenza politica.

Non possiamo - è opportuno ribadirlo - tenere a contratto i dirigenti con la spada di Damocle del contratto triennale mentre le figure professionali sottostanti si mantengono a tempo indeterminato senza rispondere né dei risultati né di responsabilità.

Occorre contrattualizzare tutto il pubblico impiego senza distinzioni.

Sarebbe necessario inoltre un avvicinamento delle scadenze contrattuali.

Il biennio 2004-2005 è troppo lontano per realizzare concretamente la vicedirigenza. .

Sarebbe auspicabile un avvicinamento di tale scadenza altrimenti si fa una riforma sulla carta senza significati concreti.

L'avvicinamento al 2002 non costerebbe nulla perché non sono previsti aumenti per i vicedirigenti.

Onorevole Presidente, Onorevole rappresentante del Governo, Senatori

Il provvedimento che stiamo per approvare dopo l'intensa fase elaborativa della Commissione Affari Costituzionali rappresenta un grande risultato politico e legislativo. Sono stati apportati miglioramenti significativi attraverso un forte confronto parlamentare.

Di ciò dobbiamo dare atto al Governo per la attenzione dimostrata senza chiusure preclusive. Restano aperte alcune questioni in particolare all'articolo 7 su cui riteniamo debba essere fatto un ulteriore sforzo per eliminare intollerabili ingiustizie e che non possono essere rinviate ad altro provvedimento. Daremmo un pessimo esempio. C'è bisogno di dare soluzione ai problemi, avendo il coraggio di affrontarli e non di rinviarli.

Il centro destra dà con questo provvedimento da noi fortemente voluto un segnale positivo portando in Europa l'area quadri e per la scelta dei dirigenti di seguire i criteri della professionalità rivedendo le nomine anomale fatte dal centro sinistra.

Una cosa deve essere chiara.

I dirigenti che hanno operato con professionalità, con rigore, con competenza non hanno e non avranno nulla da temere.

Mentre diversa è la situazione per quelli che invece sono stati nominati per clientelismo politico non avendo i requisiti indispensabili a ricoprire ruoli di responsabilità. Per questi si procederà alla necessaria revisione degli incarichi precedentemente assegnati.

IL Governo e la maggioranza che lo sostiene anche in questa caso procede in senso riformatore mantenendo gli impegni elettorali e moralizzando la vita pubblica soprattutto per quella parte che il Governo Amato ha definito, nell'imminenza del confronto elettorale, anche a "tempo ormai scaduto".

Sono queste le ragioni per le quali esprimiamo pieno consenso sul provvedimento e sulle scelte del Governo in coerenza con le indicazioni elettorali.

Roma, 19 marzo 2002

27 febbraio 2002 - Intervento sui minori 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 20, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, solo poche considerazioni? (Commenti dal Gruppo AN).

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, saranno delle brevissime considerazioni, ritengo.

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Brevissime.

Abbiamo richiamato, con alcuni emendamenti (mi riferisco al 20.0.1a, al 20.0.2 e al 20.0.100), la questione dei minori, che non ha potuto trovare soluzione nell'ambito di questo provvedimento. Si tratta di un problema complesso che non può essere né sottaciuto, né generalizzato. Abbiamo apprezzato le parole del ministro Castelli che nei giorni scorsi ha tracciato linee di intervento che toccano anche questi aspetti.

Con gli emendamenti da noi predisposti intendiamo porre una questione relativa ai minorenni che fuggono dalla fame e da un avvenire senza sbocchi, alla ricerca di condizioni di vita umane. Riteniamo che accogliere i minorenni in quanto tali, sottoponendoli a misure di aiuto e di puro assistenzialismo risolvendo tutti i loro problemi sino al diciottesimo anno ma senza consentire loro di svolgere un'attività lavorativa regolare e retribuita è un nonsenso sociale, un nonsenso economico, è l'ammissione del fallimento del controllo delle frontiere.

Questi emendamenti vanno nel senso di rispettare la persona dell'adolescente e del giovane, di comprendere che in un mondo globalizzato è un dovere ma anche una necessità quella di giustificare le spese che si sostengono con fondi pubblici di provenienza dal cittadino contribuente. (Brusìo in Aula).

PAGANO (DS-U). Che cosa è questo brusìo? E' una cosa importantissima, vergognatevi!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Nel momento in cui l'Italia ha accettato, per motivi umanitari, di non respingere questi ragazzi e ragazze, dobbiamo avere la forza di consentire loro una esistenza dignitosa al di fuori della delinquenza organizzata, facendoli sentire soggetti attivi e non oggetti della nostra pietà.

L'investimento sui giovani, effettuato con i soldi di tutti e con l'opera disinteressata di tanti volontari, deve portare ad un inserimento e ad una integrazione completi e non ad una permanenza a tempo a carico passivo di tutta la nostra società.

Con queste motivazioni, noi ritiriamo gli emendamenti 20.0.1a, 20.0.2 e 20.0.100, presentando un ordine del giorno, e auspichiamo che il problema possa trovare soluzione nell'altro ramo del Parlamento.

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ORDINE DEL GIORNO

Eufemi, Meleleo, Borea, Ruvolo, Iervolino, Forlani, Sodano Calogero

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

esaminato il disegno di legge 795 "Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo";

valutata la necessità di affrontare il problema dei minori immigrati;

considerato che accogliere i minori sottoponendoli a misure ed aiuti di puro assistenzialismo, ove si risolvono loro tutti i problemi fino al compimento del diciottesimo anno, ma senza consentire loro di svolgere un'attività lavorativa regolare e retribuita, è un non senso sociale, è un non senso economico ed è l'ammissione del fallimento del controllo alle frontiere;

considerato che l'investimento sui giovani fatto con le risorse pubbliche e con il volontariato, deve portare ad un inserimento e ad un'integrazione completi e non ad una permanenza a tempo a carico passivo di tutta la società;

valutato inoltre che nel momento in cui questi minori sono in Italia e l'Italia ha accettato per motivi umanitari di non respingerli subito, è necessario avere la forza di scommettere sulle possibilità di integrarli, consentendo loro un'esistenza dignitosa al di fuori della delinquenza, facendoli sentire soggetti attivi e non oggetti della comune pietà;

valutato infine che la apposita commissione governativa non ha concluso i suoi lavori, al fine di fornire compiuti elementi di valutazione;

impegna il Governo

a ricercare in breve tempo una soluzione idonea per i minori immigrati.

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(*) Accolto dal Governo come raccomandazione

Borea, Eufemi, Sodano Calogero

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

premesso che

in base alle attuali normative concernenti la possibilità di soggiorno dei minori stranieri in Italia, non sono consentiti soggiorni per motivi di studio a minori di anni 14;

al fine di privilegiare l'interesse superiore del minore alla luce della convenzione di New York nel 1989, ratificata con legge n. 179 del 1991, occorre una innovazione legislativa che consenta il soggiorno di studio anche per minori di età inferiore ai 14 anni;

nella difficile età pre-adolescenziale e adolescenziale soprattutto per i minori "istituzionalizzati", una carenza di attenzione educativa nei loro confronti provoca abbandono degli studi e situazioni devianza

impegna il Governo

ad individuare le soluzioni di quanto esposto in premessa

________________

(*) Accolto dal Governo come raccomandazione

 

21 febbraio 2002 - Intervento su manodopera clandestina

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, svolgerò alcune considerazioni per illustrare l'emendamento 10.503.

Riteniamo che, con riferimento al vasto quadro di irregolarità presenti nel Paese soprattutto nel settore lavorativo, sia necessario contrastare le gravi situazioni esistenti nei rapporti di lavoro e reprimere l'esercizio abusivo d'impresa. Si tratta di un fenomeno particolarmente diffuso in varie comunità, ad esempio in quelle cinesi, dove, spesso, attraverso il sistema dei laboratori abusivi, si fa leva sullo sfruttamento dei minori e sulla presenza clandestina di manodopera.

Tali misure di repressione dovrebbero colpire anche le imprese committenti qualora sia accertato il loro consapevole coinvolgimento negli episodi di illegalità e di sfruttamento.

Occorre contemperare le esigenze di ordine pubblico e di convivenza civile con i fabbisogni di manodopera espressi dalle aziende, avendo l'obiettivo di garantire in modo trasparente ed efficace il raccordo tra domanda ed offerta.

Rivolgiamo pertanto un invito al sottosegretario Mantovano affinché esprima parere favorevole su questo emendamento, con il quale intendiamo perseguire in modo specifico la fattispecie del reato di sfruttamento della manodopera clandestina.

Riteniamo che vadano perseguiti con maggiore asprezza coloro che ricorrono all'impiego di detta manodopera, sia nell'esercizio di attività di impresa anche in forma abusiva, totale o parziale, sia nello svolgimento di un'attività economica con fini di lucro, seppure sommersa.

La misura che noi proponiamo risulta pienamente coerente con l'obiettivo primario di contrastare ogni forma di abusivismo imprenditoriale e di lavoro nero, che, oltre a costituire motivo di grave turbativa della concorrenza, risulta sicuramente lesiva della dignità della persona e dei diritti che stanno alla base della convivenza civile. (Applausi dal Gruppo UDC:CCD-CDU-DE. Congratulazioni).

20 febbraio 2002 - Legge sull'immigrazione

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà.

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il disegno di legge governativo assunto come testo base sull'immigrazione muove nella direzione di correggere i gravi squilibri che si sono determinati nel Mediterraneo con un incontrollato flusso migratorio, nonostante la legge Turco-Napolitano, che ha assunto vastissime dimensioni e ha interessato in modo particolare il nostro Paese, come quotidianamente registriamo nelle cronache. Tutto ciò crea gravi problemi nei rapporti Nord-Sud perché non è governato da regole forti.

La globalizzazione non investe solo l'economia, ma anche i movimenti dei popoli, incidendo sul corso della loro storia. Certo, le nazioni più ricche, nella misura del possibile, sono tenute ad accogliere lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse a volte indispensabili alla vita e che non trova nel suo Paese di origine. L'immigrazione, per come si è presentata nel nostro Paese, non è fattore di ricchezza, ma fattore di debolezza.

Vanno dunque innestati i fattori positivi, facendo prevalere i vincoli europei derivanti dagli accordi di Schengen e resi operativi dalla legge n. 388 del 1993, che impongono responsabilità ai singoli Stati, soprattutto un'azione non permissiva ma previsiva, e dunque la capacità di analizzare il fenomeno, fronteggiarlo, governarlo, valorizzarlo nelle sue potenzialità.

Vi sono aspetti che investono la sfida nella sua complessità per questioni derivanti dall'afflusso di genti con una cultura diversa dalla nostra. Soprattutto per quanto riguarda la religione e il diritto di famiglia - disparità di trattamento tra uomini e donne, mancanza di rispetto per determinati classi o generi di persone, sistema scolastico - emerge una mancanza di reciprocità, che si avverte soprattutto nei Paesi dell'Islam, e una conseguente chiusura verso le culture che lo circondano, con profonde asimmetrie a livello giuridico. Ed è un dovere dei poteri pubblici, proprio in difesa del bene comune, subordinare il fenomeno dell'immigrazione a diverse condizioni giuridiche, al rispetto dei doveri degli immigrati nei confronti del Paese che generosamente li accoglie, rispettandone il patrimonio materiale e spirituale e soprattutto seguendo le sue leggi.

Si è attuata finora un'intolleranza sostanziale, dove il rispetto per le minoranze si traduce in un non rispetto per le maggioranze. Occorre allora tenere conto dei princìpi affermati dalla Carta costituzionale all'articolo 10, secondo cui le condizioni generali dello straniero sono regolate dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Ciò impone di privilegiare i flussi immigratori da quei Paesi che hanno preventivamente firmato specifici trattati bilaterali internazionali stabilendo intese preventive.

Le relazioni governative presentate al Parlamento hanno consentito di verificare efficacemente sia la dimensione dei flussi immigratori sia la facilità di aggiramento delle norme vigenti rispetto ai ricongiungimenti, ai falsi matrimoni, come pure alla dimensione dei reati.

Il Gruppo dell'UDC condivide l'impianto del progetto governativo, assunto come testo base nelle sue finalità, perché modifica la cosiddetta legge Turco-Napolitano, soprattutto nelle sue parti più deboli.

L'esame in Commissione ha purtroppo visto un atteggiamento ostruzionistico delle opposizioni, fino al punto di impedire la conclusione della fase istruttoria. Tale atteggiamento si è spinto fino a verificare un comportamento di voto difforme tra i componenti degli stessi Gruppi dei Democratici di Sinistra e della Margherita. Vi è stato un sostanziale rifiuto del confronto parlamentare, attraverso posizioni politiche che partivano dal presupposto che la legge Turco-Napolitano fosse qualcosa di intoccabile.

Auspichiamo che in sede d'Aula prevalgano le ragioni del confronto rispetto a quelle di una difesa ad ogni costo di una legge che non ha impedito le immigrazioni clandestine, dimostrandosi inadeguata e insufficiente rispetto alle esigenze del Paese.

Da parte nostra abbiamo cercato di non chiudere gli occhi di fronte ai problemi del Paese, offrendo indicazioni valide per colmare alcune lacune.

Abbiamo rivolto la nostra attenzione ad alcune questioni, in particolare alla regolarizzazione dei lavoratori già presenti in Italia, connessa alla vasta area dei disagi e dei bisogni familiari, ed al problema dei minori.

La prima questione ha trovato soluzione politica nell'emendamento del Governo, che rappresenta un punto di equilibrio tra le diverse esigenze e aspettative delle componenti della coalizione, risolvendo la questione dell'assistenza alle famiglie, prevedendo il pagamento di un contributo previdenziale, e ponendo limiti che non consentono allargamenti nelle regolarizzazioni, anche se le soluzioni possono essere più articolate e complesse rispetto ad ipotesi semplicistiche. Oggi i due terzi degli immigrati sono costituiti da lavoratori domestici privi di qualsiasi forma di contratto.

La seconda questione è quella relativa ad un adeguato intervento legislativo relativamente ai minori, che non ha potuto trovare un positivo momento di confronto. Si tratta di minori che fuggono dalla fame e da un avvenire senza sbocchi, alla ricerca di condizioni di vita umana. Si tratta di minori che vengono sottratti alle organizzazioni criminali, sostenuti in una difficile fase di reinserimento sociale da parte di organizzazioni di assistenza, sia a carattere privato che pubblico, e che al raggiungimento della maggiore età verrebbero espulsi e restituiti ai loro luoghi di origine, con il grave rischio di tornare nelle mani di aguzzini e sfruttatori.

Riteniamo che tutto ciò sarebbe il fallimento dell'azione di solidarietà sociale, che viene svolta dalle nostre organizzazioni di volontariato con soldi pubblici, e significherebbe in definitiva comprometterne i risultati finali, oltre che uno spreco di risorse, se non prevalessero ragioni forti che sono quelle della solidarietà rispetto ai numeri, che sarebbero in ogni caso di modesto livello. In un mondo globalizzato è un dovere, e anche una necessità, il giustificare le spese che si sostengono con fondi pubblici, che sono di provenienza del cittadino e del contribuente.

Dobbiamo avere la forza di consentire loro un'esistenza dignitosa, al di fuori della delinquenza organizzata, facendoli sentire soggetti attivi e non oggetti della nostra pietà.

L'investimento fatto sui giovani, con le opportune garanzie, su progetti garantiti da enti con rappresentanza nazionale e locale, significa anche trasparenza sul percorso dei giovani stessi e sulla possibilità di intervento su deviazioni o carenze di requisiti. A tale riguardo, abbiamo apprezzato le aperture espresse nei giorni scorsi dall'onorevole Ce', disponibile a un sereno confronto su una questione così delicata.

Non trova invece soluzione legislativa, in questo provvedimento, la questione dei visti relativi all'inserimento nel mercato del lavoro anche rispetto alle esigenze delle imprese e delle strutture produttive del Paese.

Onorevole Presidente, onorevoli senatori, questo provvedimento coniuga fermezza e solidarietà, rigore ed umanità; punta ad eliminare i buchi neri di una legislazione inadeguata; va incontro non solo alle scelte e ai programmi del Governo, ma anche alle attese dell'opinione pubblica che richiedeva interventi decisi, fermi e meno buonisti e tolleranti.

Fermezza nei confronti delle organizzazioni criminali che sfruttano disperati alla ricerca di migliori condizioni di vita: sono state attivate misure che consentono alla nostra Marina militare, in coordinamento con le Forze di polizia, di affrontare con adeguati strumenti e di dissuadere ulteriori comportamenti illeciti.

Solidarietà verso le famiglie che hanno necessità di risolvere i problemi di tutti i giorni attraverso quegli aiuti esterni che né la famiglia stessa può dare, né il mercato del lavoro interno riesce a soddisfare (sono solo 3.909 gli italiani registrati all'INPS nel lavoro domestico).

Sono stati posti limiti alle regolarizzazioni, razionati i ricongiungimenti familiari, poste le condizioni per maggiori controlli alle frontiere sulle immigrazioni clandestine con una più forte collaborazione internazionale e con un adeguamento normativo che eviti facili aggiramenti; sono state previste semplificazioni per il rilascio del diritto di asilo.

Non va tuttavia dimenticato che i problemi del Paese non sono legati solo all'immigrazione clandestina, che semmai ingigantisce problemi più complessi, come la insufficiente crescita demografica e l'invecchiamento della popolazione, che è dipeso dall'abbassamento della natalità e che ha scavato alla base la piramide dell'età. Dunque problemi più seri di quello che è stato definito "il divorzio tra la società e la vita" e che dovrebbe portare a più attente riflessioni e a misure ancora più incisive in favore delle politiche familiari.

Un'ultima considerazione da parte nostra è rivolta al senatore Boscetto, al quale rivolgiamo un sentito ringraziamento per aver svolto in Commissione un lavoro puntuale, attento e di grande rilievo. Nei confronti di tale lavoro sono state rivolte ingiuste, incomprensibili quanto immeritate critiche, per l'asprezza del confronto da parte di quelle stesse forze politiche che solo qualche giorno prima avevano espresso giudizi positivi; si tratta invece di un'attività che merita il più ampio apprezzamento.

Sono queste le ragioni che inducono il Gruppo UDC:CCD-CDU-DE ad esprimere un giudizio positivo e favorevole sul progetto in esame, che segna un'ulteriore tappa nel processo riformatore del Paese, portato avanti dal Governo e dalla maggioranza che lo sostiene.

 (Applausi dai Gruppi UDC:CCD-CDU-DE, FI, LNP e AN).

1 febbraio 2002 - Intervento su servizio riscossione esattorie

Presidenza del vice presidente FISICHELLA,

indi del vice presidente DINI

Passiamo alla votazione dell'emendamento 16.0.102 (testo 3 corretto).

*EUFEMI (CCD-CDU:BF). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EUFEMI (CCD-CDU:BF). Signor Presidente, l'emendamento in votazione rappresenta un risultato positivo, o meglio quel risultato che il Gruppo CCD-CDU aveva fortemente sollecitato ed auspicato fin nel corso dell'esame della legge finanziaria.

Si tratta di una soluzione transitoria che prevede, tuttavia, un confronto tra i soggetti rappresentanti degli uffici finanziari e delle aziende concessionarie per verificare in modo serio e compiuto lo stato del servizio cui vengono destinate le risorse finanziarie nella misura di 350 milioni di euro per l'anno 2002, indispensabili ad evitare una crisi che si rifletterebbe fortemente sull'occupazione nella dimensione di oltre 4.000 unità.

L'intervento finanziario viene realizzato attraverso parametri che assicurino il regolare funzionamento del servizio legandolo, quindi, ad efficienza e produttività. Viene data, con la soluzione odierna, una tranquillità certo provvisoria ma indicativa, in attesa della verifica. Ciò non significa nascondere la gravità della malattia: il malato è ancora grave ed è in attesa di un provvidenziale intervento chirurgico.

Il Gruppo CCD-CDU esprime, quindi, particolare soddisfazione per il positivo risultato sul quale ha attivamente lavorato, sia attraverso documenti di sindacato ispettivo sia attraverso l'azione legislativa, su cui ha ritrovato una larga convergenza parlamentare a conferma della serietà della questione all'esame del Senato.

(Applausi dai Gruppi CCD-CDU:BF, FI e AN. Congratulazioni).

30 gennaio 2002 - Intervento su decreto legge relativo ad accise e giochi e scommesse

1Presidenza del vice presidente CALDEROLI,

indi del presidente PERA

e del vice presidente FISICHELLA

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà.

EUFEMI (CCD-CDU:BF). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, con il decreto-legge al nostro esame il Governo ha adottato in via d'urgenza alcune disposizioni che riguardano due diversi settori impositivi: quello delle accise e quello dei giochi e delle scommesse. Infine, il Governo ha previsto nuove disposizioni in materia di rimborsi IVA.

Nell'esprimere positive valutazioni in ordine alle proposte governative, con particolare riferimento ad alcune disposizioni che confermano le agevolazioni previste da precedenti disposizioni, limitatamente comunque al primo semestre dell'anno in corso, si intendono richiamare le disposizioni che riguardano l'adeguamento della normativa nazionale a quella comunitaria.

Con le disposizioni previste dall'articolo 6 si pone fine ad un lungo contenzioso con la Commissione dell'Unione europea e quindi viene meno la procedura di infrazione già avviata dall'Esecutivo comunitario.

Altre disposizioni sempre in materia di accise hanno effetti parafiscali e sono quelle indicate dall'articolo 7, che istituisce un contributo di riciclaggio e di risanamento ambientale destinato alla realizzazione di alcune finalità quali il sostegno all'attività di rigenerazione degli oli lubrificanti esausti, l'incentivazione allo smaltimento degli stessi oli e l'incremento delle misure compensative destinate a favorire la riduzione delle emissioni inquinanti.

Più complesse ed organiche sono le disposizioni in materia di giochi e di scommesse. Com'è noto la materia dovrà formare oggetto di apposite disposizioni regolamentari previste da una disposizione legislativa approvata dal Parlamento nell'ottobre scorso. Mi riferisco all'articolo 12 della legge n. 373 del 2001. Tali norme regolamentari a tutt'oggi non sono state approvate e si è dunque in attesa dell'affidamento ad un unico soggetto, l'agenzia o il dipartimento, cui faranno capo tutte le attività di gioco.

Anche in materia di giochi la Commissione europea è intervenuta avviando una procedura di infrazione per quanto si riferisce al rinnovo delle concessioni per la gestione delle scommesse ippiche (articolo 8). La determinazione in euro delle giocate del Lotto e delle varie scommesse ha provocato un'accusa al Governo di praticare un aumento delle tariffe con effetti negativi sull'andamento dell'inflazione. Riteniamo che sia un'accusa ingiusta in quanto, a fronte di un aumento degli importi delle giocate, vi è un corrispondente aumento delle relative vincite.

Per quanto si riferisce all'aggio del lotto, a nostro avviso si renderebbe necessario provvedere ad un adeguamento dello stesso al fine di assicurare un'efficiente produttività e un incremento delle relative entrate. Si tratterebbe in particolare di un adeguamento dell'aggio spettante ai ricevitori da riconoscersi soltanto al raggiungimento di determinati obiettivi di raccolta annua. È appena il caso di precisare che l'ipotizzato aumento dell'aggio non comporterebbe alcun costo aggiuntivo, in quanto l'aggio sarebbe liquidato solo al raggiungimento di incrementi di entrata ipotizzati.

Prendiamo atto con soddisfazione che alcune modifiche da noi proposte sono state accolte dal Governo, per cui il testo al nostro esame soddisfa le esigenze migliorative segnalate. Ci si riferisce, in particolare, allo spostamento del termine riguardante la riduzione dell'imposta di consumo del gas metano prevista dall'articolo 14 della legge n. 448 del 2001.

Tale termine viene opportunamente spostato sino a quando sarà operativa la revisione organica del regime tributario del settore energetico. In tal senso si prende atto della volontà espressa dal Governo in sede di formulazione della delega per la riforma del sistema tributario: anche il settore impositivo delle accise sarà oggetto di una totale revisione e semplificazione, sia dal punto di vista più strettamente tributario che dal punto di vista degli adempimenti.

Altra modifica che riguarda il settore energetico è quella del biodiesel, che va sempre più opportunamente agevolato tenuto conto di quanto sta accadendo nelle nostre città per quanto si riferisce alla salubrità dell'atmosfera. Infatti è stato consentito agli assegnatari delle quote di biodiesel esenti da accise di prestare cauzione a salvaguardia degli interessi erariali limitatamente al 30 per cento dell'importo dell'accisa.

Prendiamo atto con soddisfazione dell'assenso dato dal Governo allo spostamento sino al 30 settembre 2002 del termine riguardante le agevolazioni sul gasolio per autotrazione impiegato dagli autotrasportatori. Si tratta di una modifica che consentirà di evitare che la scadenza del termine già fissata al 31 agosto cada in un periodo feriale.

È di questi giorni la notizia che la Commissione dell'Unione europea ha invitato il nostro Governo ad eliminare le agevolazioni fiscali riguardanti l'autotrasporto. Confidiamo che il nostro Governo saprà tutelare in sede comunitaria le aspettative dei numerosi addetti all'autotrasporto, tenendo conto delle condizioni geografiche del nostro Paese nonché di una lunga tradizione che ha giustamente sostenuto numerosi piccoli imprenditori del settore. Dobbiamo certamente guardare al futuro, ma dobbiamo tenere conto anche del presente.

Avremmo preferito una maggiore attenzione da parte del Governo soprattutto sulle proposte che riguardano la riorganizzazione del settore dei giochi e delle scommesse. Dobbiamo a tale riguardo ricordare che uno dei primi provvedimenti proposti dal Governo nei "primi 100 giorni" è stato proprio quello relativo a tale settore, con il quale all'Esecutivo è stato affidato il compito di provvedere a una totale riorganizzazione con un accentramento presso un'unica struttura delle competenze attualmente affidate a diversi rami della pubblica amministrazione. Purtroppo ad oltre tre mesi dall'approvazione della norma tale unificazione non è ancora operativa, con la conseguenza che il settore ha registrato notevoli flessioni in termini di gettito erariale.

Da ultimo, basta ricordare l'insuccesso delle vendite dei biglietti della lotteria Italia. Da alcune anticipazioni sul contenuto dell'emananda regolamentazione riguardante l'unificazione di funzioni e competenze in materia di giochi e di scommesse sembrerebbe che sono state confermate le competenze del Ministero delle risorse agricole in materia di corse ippiche, nonché le competenze del CONI in materia di giochi pronostici riguardanti lo sport.

È auspicabile che il Governo, così come deciso dal Parlamento, voglia provvedere ad una totale unificazione delle competenze nel settore, per evitare non solo dispersioni di attività ma anche inutili e dannosi ricorsi a forme di incentivazione che servono soltanto a far perdere risorse finanziarie. Se si vuole agevolare qualche settore, come quello dell'allevamento equino per esempio, occorre a mio avviso provvedere con altre iniziative.

Sempre nel settore dei giochi, in sede di esame in Commissione, è stata approvata una modifica riguardante i termini per le richieste di collaudo delle sale Bingo. Con tale modifica viene sancita di fatto una sanatoria generalizzata, comprendente anche quegli assegnatari che, non avendo proceduto al rispetto del termine del 13 dicembre 2001, previsto dal decreto direzionale dell'11 luglio 2001, hanno già creato un danno all'erario con l'intempestiva rinuncia.

Sarebbe opportuno che la proroga dei termini di collaudo per completare i lavori in corso possa riguardare soltanto quei concessionari che hanno rispettato il predetto termine del 13 dicembre 2001. Tale questione appare necessaria nell'interesse dell'erario; per questo motivo non comprendiamo le ragioni di chiusura rispetto ad opportuni miglioramenti. Su questo punto specifico sarebbe auspicabile un chiarimento da parte del rappresentante del Governo.

Per quanto riguarda una questione non strettamente connessa alla materia in esame, e che è riferita ad altro settore impositivo, avremmo preferito una maggiore attenzione del Governo rispetto al problema sollevato. Mi riferisco in particolare ai disagi cui sono stati sottoposti i cittadini per le lunghe ed estenuanti file presso gli sportelli degli uffici postali in relazione al cambiamento della moneta avvenuto il 1° gennaio scorso.

Come è noto, le detrazioni e le deduzioni fiscali sono consentite soltanto per cassa. È evidente che i contribuenti, che potevano dedurre costi relativi all'anno 2001, non hanno potuto effettuare i relativi versamenti per evitare i disagi presso gli sportelli postali. La proposta di ammettere a deduzione anche i versamenti effettuati successivamente al 31 dicembre 2001 non è stata inspiegabilmente accolta dal Governo. È auspicabile che, in sede di emanazione delle istruzioni relative alla compilazione dei modelli di dichiarazione, il Governo possa consentire di sanare tali situazioni.

Occorre ricordare che il 31 dicembre è stato un giorno di chiusura obbligatoria per gli uffici postali, a cavallo tra due giorni festivi, la domenica e il martedì successivo. Allo stato è rimasta ancora insoluta la questione sollevata in Commissione relativa al sistema della riscossione dei tributi da parte dei concessionari.

Avevamo affrontato tale questione già in sede d'esame della finanziaria, sottolineando la necessità di tenere conto della clausola di salvaguardia in scadenza. In questa sede abbiamo reiterato al Governo l'invito ad affrontare una materia così delicata prendendo atto del fallimento della riforma Visco; il relatore Girfatti si è fatto promotore di un emendamento che riteniamo possa tenere conto della complessità della questione e della necessità di migliorare l'efficienza gestionale del settore della riscossione. Siamo certi che ciascuno, per la propria parte, farà il possibile per evitare situazioni di difficoltà, e soprattutto che sarà opportunamente e complessivamente valutata la situazione del sistema di riscossione dei tributi.

Un altro argomento per il quale esprimiamo un giudizio particolarmente favorevole è quello relativo all'abrogazione dell'articolo 71 della legge finanziaria che prevedeva disposizioni in materia di trasferimento dei beni demaniali; anche se avremmo preferito un'interpretazione autentica della norma in questione, così come auspicato in un apposito ordine del giorno approvato dall'Assemblea del Senato, e ciò per evitare pretestuosi argomenti volti a fare salvi i provvedimenti eventualmente adottati dal 1° gennaio 2002 sino alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della norma abrogativa dell'articolo 71 in questione. (Applausi dai Gruppi CCD-CDU:BF e AN).

23 gennaio 2002 - Intervento sull'Europa

Presidenza del vice presidente DINI,

indi del vice presidente SALVI

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà.

EUFEMI (CCD-CDU:BF). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli senatori, questo dibattito sulla legge comunitaria assume particolare rilievo perché si svolge dopo la conclusione del vertice di Laeken e le successive dimissioni del ministro Ruggiero, che hanno portato il premier ad assumere l'interim del Dicastero degli affari esteri.

Bene ha fatto il Presidente del Consiglio, nei suoi colloqui internazionali, a riaffermare con forza la vocazione e l'impegno europeista del nostro Paese. Abbiamo apprezzato la tenace difesa degli interessi nazionali, dalle posizioni espresse sulle Autorità alla indicazione del rappresentante nazionale nella Convenzione. Tutte questioni che devono essere collocate in un realistico europeismo e non subordinate ad un europeismo entusiasta, evitando così di scambiare la prudenza per antieuropeismo.

Non mi soffermerò sulle questioni relative all'adeguamento dello strumento normativo, ampiamente illustrate dal collega Basile e integrate dalla relazione del senatore Greco. Mi soffermerò, piuttosto, sul Documento LXXXVII. Il vertice di Laeken, con un itinerario stringente, un mandato ampio, ha lanciato un nuovo processo costituente europeo, la prospettiva della Costituzione europea a pochi giorni dal raggiungimento di un grande traguardo come l'introduzione dell'euro.

L'introduzione della moneta che unisce milioni di cittadini europei, completando il grande processo di unione monetaria della Comunità, non è solo un grande evento storico, è qualcosa di più. Si afferma la grande idea dell'Europa tenacemente sostenuta dai padri fondatori, che portò Jean Monnet a sostenere che "l'Europa era condannata al successo".

L'introduzione dell'euro ha rappresentato il completamento del mercato unico. Ci saranno vantaggi in termini di prezzi, quotazioni, trasparenza, con facilitazioni negli scambi. Questa moneta non è espressione di uno Stato articolato strutturalmente, in grado di elaborare autonomamente politiche economiche e monetarie, con sistemi sociali e fiscali difficilmente armonizzabili, diversi fra loro, ma una moneta senza Stato. Si aprono problemi nuovi, dai contorni ancora incerti, rispetto ai quali tutti devono concorrere a dare risposte, ancorché difficili.

Vi è un interrogativo di fondo: rispetto ad istituzioni ancora non stabilizzate, qual è l'armamentario per superare eventuali crisi impreviste ed imprevedibili e per fronteggiarle adeguatamente? Dobbiamo fugare le tesi di Milton Friedman, secondo il quale in Europa "ci sono ancora 15 cavalli che corrono da soli". Emergerà allora l'esigenza di un maggiore coordinamento dei sistemi bancari nell'armonizzazione fiscale rendendo più evidenti le distorsioni, aiutando a perfezionare il mercato unico, il mercato comune, dalla moneta unica ai codici unici.

È necessario sviluppare una politica economica che oggi non funziona per mancanza di coordinamento e il successo della BCE dipende dalla convergenza economica che si può sviluppare attraverso una cooperazione rafforzata, come previsto nei trattati. Occorre un ripensamento, reso indispensabile dalla politica di allargamento su cui discuterà la Convenzione.

Oggi si pone il problema della governance dell'Europa. La governance deve essere degli eletti, non dei cooptati o dei tecnocrati. Siamo contrari, dunque, ad una visione aristotelica, preferendo una maggiore attenzione ai Parlamenti, come ha assicurato anche Giscard d'Estaing, alla volontà delle Nazioni più che alle conferenze intergovernative.

Sembra in crisi il modello fischeriano, mentre si afferma quello Giscard-Delors con l'unione degli Stati a doppia devoluzione, verso il basso e verso l'alto. L'Europa, dunque, ha bisogno di funzioni e poteri, partendo dallo Stato Nazione, che è il container della democrazia.

Vogliamo un'Unione di Stati, non cessione di sovranità, ma organizzazione di funzioni; non l'immaginario della sinistra. La sinistra ha cavalcato la politica europeista con la tecnocrazia come prosecuzione della democrazia, creando un meccanismo per cui il legislativo cedeva all'Esecutivo e questi alla tecnocrazia; il ritorno al legislativo era possibile solo per fatto compiuto e al Parlamento restava solo la ratifica del tipo Carta di Nizza. Il trapasso che abbiamo di fronte è tra economia e politica, non è tra adolescenza e maturità.

Si è molto discusso e si discute ancora sul sistema di voto, sul voto a maggioranza qualificata, sulla minoranza di bloccaggio. Nei giorni scorsi il senatore Cossiga aveva definito "una tombola" questo sistema di voto.

Il metodo della cooperazione rafforzata può essere utilizzato per consentire a un gruppo di Paesi di assumere una più alta velocità di integrazione all'interno dei trattati, come è avvenuto con il trattato di Schengen, ma appare inadeguato se il dibattito sull'avvenire dell'Europa metterà a confronto un gruppo di Paesi pronti ad accettare il principio di una costituzione di carattere federale e un altro gruppo di Paesi deciso a salvaguardare l'ormai apparente sovranità nazionale nell'ambito di un'Europa di tipo confederale.

Bene ha fatto nei giorni scorsi il presidente Andreotti a ricordare l'azione insostituibile di Guido Carli nel passaggio dalla CEE all'Unione europea, come pure la necessità di preparare bene i vertici e la necessità di un lavoro paziente per avvicinare le posizioni. Il rischio del voto a maggioranza sta nella difficoltà di imporre con i numeri scelte che si riflettono sugli uomini, sui cittadini e sulle istituzioni.

L'Unione europea dovrà evolvere verso una forma di Stato federale dotato di un sistema di governo federale e di un Parlamento bicamerale chiamato, da un lato, a rappresentare i cittadini con la Camera dei rappresentanti e, dall'altro, i Governi nazionali con la Camera degli Stati.

La questione del metodo appare più importante del contenuto della futura Costituzione europea. Attraverso il dibattito sulla Costituzione, ha affermato recentemente Delors, i cittadini europei potranno interessarsi all'Europa e parteciparvi: non solo i Governi, i partiti e i Parlamenti ma anche la società civile, i partner sociali, gli intellettuali, aprendo la strada alla formazione di un'opinione pubblica europea e ad una pedagogia della democrazia.

Occorre ripensare le politiche di sviluppo e di coesione sociale evitando che per un mero artificio statistico le popolazioni più bisognose del Sud del Mediterraneo possano perdere il diritto al sostegno e alla solidarietà, introducendo altri indicatori oltre quelli del PIL pro capite (in particolare tasso di disoccupazione, deficit infrastrutturale, livelli di occupazione). Occorre dunque aiutare la crescita di altri centri propulsivi dello sviluppo europeo.

Quello che vogliamo è un'Europa dei valori, con una precisa identità culturale, affermando un patriottismo europeo che non nasce da un relativismo senza principi, ma dal confluire delle culture nazionali dei nostri popoli. Sono popoli in cammino, che pongono la persona umana e la sua dignità al centro della costruzione sociale verso cui orientare l'azione politica.

Un'Europa più grande, perché l'allargamento è un processo costruito sulla pace, che non alzi muri per difendere la ricchezza, ma allarghi la ricchezza e il lavoro in un processo di riconciliazione che superi le ferite della guerra. Un'Europa più efficiente e più democratica: l'Europa dei cittadini.

Appare indispensabile una modifica regolamentare che disciplini una sessione europea dei lavori parlamentari. I problemi sono esplosi con la redazione della Carta dei diritti fondamentali nella definizione del patrimonio dell'Unione, lasciando aperta con la formula "patrimonio morale e spirituale" la questione del modello di integrazione-cooperazione adatto ad una società multietnica, multiculturale e multireligiosa, come potrà essere l'Unione di 30 Paesi e oltre 500 milioni di abitanti.

Onorevole Ministro, onorevoli senatori, se vogliamo che prevalga la logica del nuovo occorre che l'Europa si rafforzi come unità politica. La dote migliore da portare in un'Europa allargata ed integrata è una cultura europea insieme ad una economia aperta alla competizione internazionale.

L'ampliamento ai Paesi del Mediterraneo, da Malta a Cipro, rimuovendo gli ultimi ostacoli all'apertura del negoziato, è questione nodale. Il campo dei diritti fondamentali del cittadino, delle libertà e della democrazia è stato illuminante come precondizione per l'adesione di nuovi paesi all'Unione. Assistiamo così alla contraddizione di chi punta esclusivamente al grande mercato e chi mira ad una maggiore convergenza delle rappresentanze democratiche dando lezioni di europeismo a quelle forze che hanno fondato l'Europa.

Vi sono momenti della storia in cui si può correre ed altri in cui si deve camminare adagio. La fase che si apriva dopo Maastricht, con l'avvio dell'euro, non consentiva grandi innovazioni nella costituzione europea. Dopo l'avvento dell'euro si può cominciare a correre, si può aprire il decennio dell'Europa.

Crediamo che la ricchezza dell'Europa stia anche nella sua diversità. Come ha detto, in epoca non sospetta, John Major: "Sono le Nazioni che devono costruire l'Europa e non l'Europa che deve soppiantare le Nazioni". (Applausi dai Gruppi CCD-CDU:BF e AN. Congratulazioni).

7 gennaio 2002 - Disegno di legge di iniziativa del Sen. Eufemi Disposizioni urgenti in materia di dichiarazioni dei redditi per il periodo di imposta 2001 in conseguenza dell'entrata in circolazione dell'EURO. 

Onorevoli Senatori, il 1° gennaio 2002 rappresenta una data rilevante per il Paese perché segna il passaggio dalla lira all'euro, da una moneta nazionale a quella sopranazionale. Si è trattato di una fase particolarmente delicata che ha interessato l'intero sistema economico e finanziario del Paese. 

Per facilitare il change-over è stato necessario determinare la chiusura al pubblico degli sportelli bancari e degli uffici postali nella giornata di lunedì 31 dicembre 2001. Tutto ciò si è reso indispensabile per fare più velocemente e più efficacemente il lavoro di cambiamento di tutte le procedure, della modulistica e di tutte le pratiche in modo tale che dal giorno 2 gennaio 2002 tutto il sistema fosse completamente adeguato alla nuova realtà monetaria. 

Ciò non è stato privo di conseguenze verso l'utenza sia nelle procedure di incasso che di pagamento perché ha impedito ai cittadini di potere utilizzare l'ultimo giorno utile per procedere al pagamento di alcune scadenze, (mutui bancari, polizza assicurative, atti di liberalità etc.) che rientrano nella sfera degli oneri deducibili e delle detrazioni di imposta di cui agli articoli 10 e 13 bis del testo Unico delle imposte sui redditi. Le difficoltà non si sono limitate al 31 dicembre ma hanno interessato i giorni precedenti e quelli successivi. 

Tutto ciò produce effetti soprattutto rispetto alle dichiarazioni dei redditi dei contribuenti perché tali documenti giustificativi possono essere fiscalmente utilizzati solo se il relativo pagamento è avvenuto entro l'anno solare del periodo di imposta (anno 2001). Va inoltre considerato che il giorno del change-over è stato lunedì 31 dicembre quindi una giornata venutasi a collocare tra la festività di domenica 30 e quella di martedì 1° gennaio 2002. Per tali ragioni si rende necessario intervenire con una specifica norma legislativa che consenta ai contribuenti che hanno effettuato i pagamenti di scadenze nei giorni immediatamente successivi al change-over di potere utilizzare come documenti fiscali per il periodo di imposta 2001 e per la relativa dichiarazione dei redditi. Giova ricordare che il legislatore in altre occasioni è intervenuto in questo senso in presenza di situazioni meno rilevanti della introduzione della moneta europea. 

Con queste finalità se ne sottopone l'attenzione al Parlamento auspicando l'approvazione dell'articolo unico in modo da rendere efficace e operativa la norma ai fini della dichiarazione dei redditi 2001. 

Articolo Unico 

Gli oneri deducibili e le detrazioni per oneri di cui agli articoli 10 e 13 bis del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR 22-12-1986 n. 917 e successive modificazioni ed integrazioni, riferibili all'anno 2001 possono, se i relativi importi sono versati tramite gli istituti di credito e le poste nel periodo dal 1° gennaio al 10 gennaio 2002, essere dedotti o detratti ai sensi dei predetti articoli dal reddito complessivo o dall'imposta dell'anno 2001.

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