MAURIZIO EUFEMI

eletto al Senato della Repubblica - per la Provincia di Torino - Collegio n. 7

Vice Presidente Vicario Gruppo UDC (CCD-CDU-DE)

INTERVENTI

Giovedì 30 dicembre 2004 - ODG in legge finanziaria sulle competenze dei giudici di pace
Giovedì 30 dicembre 2004 - ODG sull'ICI relativa alle parti mobili di grande importanza per le piccole e medie imprese artigiane
Mercoledì 29 dicembre 2004 - Intervento su Legge Finanziaria IV lettura
Giovedì 16 dicembre 2004 Dichiarazione di voto sull'Ordine Mauriziano
Mercoledì 15 dicembre 2004 Discussione in aula sull'Ordine Mauriziano
Mercoledì 1 dicembre 2004 - Aula - Questione pregiudiziale posta dal sen. Eufemi sul disegno di legge: (3227) Conversione in legge del decreto-legge 19 novembre 2004, n. 277, recante interventi straordinari per il riordino e il risanamento economico dell’Ente Ordine Mauriziano di Torino (Relazione orale) 
VENERDI' 26 NOVEMBRE 2004 - Intervento Sen. Eufemi in Commissione Affari costituzionali: la battaglia per il riordino del Mauriziano
MERCOLEDÌ 24 NOVEMBRE 2004 INTERVENTO IN COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI (1ª) SUL RIORDINO DELL'ENTE MAURIZIANO DI TORINO
Martedì 9 novembre 2004 Intervento in aula su ddl aviazione civile
Martedì 28 settembre 2004 Intervento sui mutui (Emendamento presentato dal sen. Eufemi)
Martedì 3 agosto 2004 Intervento su DPEF in Commissione Finanze e Tesoro
MARTEDÌ 22 GIUGNO 2004 - Seguito della discussione congiunta del disegno di legge: (2742) Disposizioni per l'adempimento di obblighi comunitari derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004 (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) e del documento: (Doc. LXXXVII, n. 4) Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione Europea (anno 2003)
MARTEDÌ 4 MAGGIO 2004 - Disposizioni urgenti in materia di enti locali
MERCOLEDÌ 21 APRILE 2004 - Intervento su dibattito fiducia al governo su cartolarizzazioni
Martedì 30 marzo 2004 - Intervento su terzo mandato sindaci piccoli comuni
Martedì 9 marzo 2004 Dichiarazione di voto su riforma costituzionale
Giovedì 19 febbraio 2004 Intervento su riforma costituzionale
 

ARCHIVIO

Interventi del 2003

 Interventi del 2002

 Interventi del 2001

23 dicembre 2005 - Relazione del sen. Eufemi sul  disegno di legge:

(3328-B) Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri, modificato dal Senato e nuovamente modificato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale) (ore 10,05)

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore, senatore Eufemi.

EUFEMI, relatore. Signor Presidente, signora Sottosegretario, colleghi, le Commissioni riunite finanze, tesoro e industria ieri sera hanno approvato senza modifiche il testo trasmesso dalla Camera dei deputati. Siamo alla quarta lettura di un'importante riforma e dunque chiamati ad esaminare esclusivamente le ultime recenti modifiche intervenute nell'altro ramo del Parlamento.

La necessità di varare questa riforma entro il 2005 vincola i nostri lavori se vogliamo determinare la piena operatività di una riforma di sistema.

Abbiamo espresso rispetto a queste scelte una sola preoccupazione: il ruolo minoritario del Parlamento nella complessa procedura di nomina dei vertici e nell'azione di controllo venendo anche meno la storica funzione della commissione di controllo sull'istituto di emissione.

Le norme relative all'articolo 19 incidono in modo particolare sull'organizzazione e sull'attività della Banca d'Italia con una radicale trasformazione.

Le modifiche apportate al testo dell'articolo 19 del disegno di legge dall'emendamento del Governo - approvato dalla Camera e su cui è stata posta la questione di fiducia - incidono sull'organizzazione complessiva della Banca d'Italia.

Il comma 1 dell'articolo 19, identico al testo approvato dal Senato, contiene un enunziato ricognitivo dell'assetto di competenze e di rapporti esistente tra il livello nazionale e il livello europeo, dichiarando che la Banca d'Italia è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali e agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni della Banca centrale europea.

Il comma 2 stabilisce che la Banca d'Italia è istituto di diritto pubblico. Rispetto al testo del Senato, scompare la previsione secondo cui la maggioranza delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia sia detenuta dallo Stato, potendo la restante parte delle quote essere detenuta soltanto da altri enti pubblici. Tuttavia, tale modifica va letta congiuntamente al nuovo comma 10, secondo cui entro tre anni dall'entrata in vigore della legge andrà ridefinito con regolamento governativo l'assetto proprietario della Banca d'Italia e le modalità di trasferimento delle quote di partecipazione al capitale della Banca in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici.

Il comma 3, inalterato rispetto al testo del Senato, stabilisce che le disposizioni normative nazionali, di rango primario e secondario, devono assicurare alla Banca d'Italia e ai componenti dei suoi organi l'indipendenza richiesta dalla normativa comunitaria.

Anche i commi 4 e 5 non hanno subito modifiche. Ai sensi del comma 4, la Banca d'Italia, nell'esercizio delle proprie funzioni, con particolare riferimento a quelle di vigilanza, è tenuta ad operare nel rispetto del principio di trasparenza, inteso come naturale completamento dell'indipendenza dell'autorità di vigilanza; la Banca d'Italia, inoltre, deve riferire semestralmente sulla propria attività al Parlamento e al Governo.

Il comma 5 dispone, invece, che gli atti emessi dagli organi della Banca d'Italia devono avere forma scritta e devono essere motivati.

Il nuovo comma 6 trasferisce al direttorio la competenza sui provvedimenti con rilevanza esterna di competenza del Governatore e sugli atti adottati su sua delega. In questo caso si innova in modo significativo rispetto al testo del Senato, in cui era previsto l'obbligo per il Governatore di acquisire il parere preventivo dal direttorio, senza tuttavia trasferire la competenza per l'adozione di tali atti. Su questo punto si segnala come, nel parere espresso dalla Banca centrale europea, sia stata auspicata l'introduzione del principio di collegialità.

Resta la previsione che applica agli atti del direttorio l'obbligo della forma scritta, della motivazione e della redazione di verbale della riunione in cui l'atto è adottato.

Nuova invece è la disposizione secondo cui le deliberazioni del direttorio devono essere adottate a maggioranza, e con cui si attribuisce, in caso di parità di voti, prevalenza al voto del Governatore (si ricorda in proposito che il direttorio della Banca d'Italia è costituito dal Governatore, dal Direttore generale e da due Vice direttori generali).

Sulla durata in carica del Governatore e degli altri membri del direttorio, fissata dal comma 7, la modifica è particolarmente significativa. Si prevede che il Governatore duri in carica per sei anni, rinnovabili una sola volta, mentre nel testo licenziato dal Senato era prevista una durata di sette anni con mandato non rinnovabile.

Si ricorda che attualmente il mandato del Governatore non è soggetto a limiti di durata e che lo Statuto del Sistema europeo delle Banche centrali richiede per i Governatori delle Banche centrali nazionali una durata in carica di almeno 5 anni. Analogo intervento per il Governatore è disposto per gli altri membri del Direttorio: anche per costoro si prevede una durata in carico per sei anni rinnovabili una sola volta.

Con una norma transitoria si rimanda infine allo statuto della Banca d'Italia per l'articolazione delle scadenze dei membri del direttorio in sede di prima applicazione della disposizione, compresa comunque in un periodo non superiore ai cinque anni.

Completamente nuovo è il comma 8 dell'articolo 19 sulla procedura di nomina e revoca del Governatore, che in sostanza ribalta il sistema attuale.

Ai sensi del comma 8 il Governatore è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d'Italia. Lo stesso procedimento viene previsto anche per il caso di revoca del Governatore.

Si ricorda in proposito che anche la normativa vigente prevede un'unica procedura per il caso di nomina e revoca del Governatore, ossia una delibera assunta dal Consiglio superiore della Banca, in seduta straordinaria, e approvata con decreto del Presidente della Repubblica promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Consiglio dei ministri.

Si ricorda altresì che secondo l'articolo 14.2 dello Statuto del Sistema europeo delle Banche centrali, il Governatore di una Banca centrale nazionale può essere sollevato dall'incarico solo se non soddisfa più le condizioni necessarie per l'esercizio delle sue funzioni o se si è reso colpevole di gravi mancanze.

II comma 9 dispone l'adeguamento dello statuto della Banca d'Italia alle disposizioni contenute nei commi precedenti, entro due mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni in esame; (l'adeguamento deve avvenire con le modalità stabilite dal decreto legislativo n. 43 del 1998 in base al quale le modifiche dello statuto della Banca sono deliberate dall'assemblea straordinaria dei partecipanti e sono approvate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri); l'adeguamento delle istruzioni di vigilanza, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni in esame; con una disposizione non presente nel testo licenziato dal Senato, la ridefinizione, entro due mesi dall'entrata in vigore delle disposizioni in esame, delle competenze del Consiglio superiore previste dallo Statuto ai fini dell'attribuzione a tale organismo anche di funzioni di vigilanza e controllo all'interno della Banca d'Italia.

I commi 11 e 14 non erano contemplati nel testo dell'articolo 19 approvato dal Senato. Essi adottano norme in tema di concorrenza, stabilendo, in generale, che per le operazioni di acquisizione e di concentrazione societaria che riguardano banche sono necessarie sia l'autorizzazione della Banca d'Italia, sia l'autorizzazione, ovvero il nulla osta, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (cosiddetta Antitrust).

Si evidenzia come tali disposizioni riprendano, con lo stesso contenuto, quanto previsto dall'originario articolo 29 del precedente disegno di legge Atto Camera n. 4705, recante "Interventi per la tutela del risparmio", presentato dal Governo.

In dettaglio, il comma 11 abroga i commi 2, 3 e 6 dell'articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato".

L'articolo 20 summenzionato reca disposizioni relative alle aziende ed istituti di credito, imprese assicurative e dei settori della radiodiffusione e dell'editoria, assegnandone la vigilanza alla competente autorità, anziché all'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

In particolare, il comma 2 stabilisce che nei confronti delle aziende ed istituti di credito l'applicazione degli articoli 2 (intese restrittive della libertà di concorrenza), 3 (abuso di posizione dominante), 4 (deroghe al divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza) e 6 (divieto delle operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza riguardanti le banche) della legge n. 287 del 1990 spetta alla competente autorità di vigilanza. Pertanto, attualmente l'applicazione di tali disposizioni è curata dalla Banca d'Italia.

Il comma 3 dispone che i provvedimenti delle autorità di vigilanza, in applicazione degli articoli suddetti, sono adottati sentito il parere dell'Antitrust. Infine il comma 6 prevede che l'Antitrust può segnalare alla competente autorità di vigilanza la sussistenza di ipotesi di violazione degli articoli 2 e 3 della legge n. 287 del 1990.

Il comma 12 dispone che per le operazioni di acquisizione di cui all'articolo 19 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario - TUB) e per le operazioni di concentrazione indicate dall'articolo 6 della legge n. 287 del 1990 che riguardano banche sono necessarie sia l'autorizzazione della Banca d'Italia ai sensi del citato articolo 19, per le valutazioni di sana e prudente gestione, sia l'autorizzazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge n. 287 del 1990, ovvero il nulla osta della stessa a seguito delle valutazioni relative all'assetto concorrenziale del mercato.

Signor Presidente, su questo punto specifico, trattandosi di materia molto delicata, chiedo alla Presidenza la pubblicazione, in allegato al Resoconto stenografico, di una più puntuale e dettagliata illustrazione dei rilievi richiamati. Oggi dobbiamo andare avanti. Sarebbe necessario un intervento legislativo successivo di interpretazione della norma proprio a chiarimento dell'impatto dell'innovazione.

Ricordo che l'articolo 19 del TUB prevede che la Banca d'Italia autorizza preventivamente l'acquisizione a qualsiasi titolo di partecipazioni rilevanti in una banca e in ogni caso l'acquisizione di azioni o quote di banche da chiunque effettuata quando comporta, tenuto conto delle azioni o quote già possedute, una partecipazione superiore al 5 per cento del capitale della banca. La Banca d'Italia autorizza preventivamente le variazioni delle partecipazioni rilevanti quando comportano il superamento dei limiti dalla medesima stabiliti e, indipendentemente da tali limiti, quando le variazioni comportano il controllo della banca stessa. La Banca d'Italia rilascia l'autorizzazione quando ricorrono condizioni atte a garantire una gestione sana e prudente della banca; l'autorizzazione può essere sospesa o revocata.

Per quanto concerne l'articolo 6 della legge n. 287 del 1990, esso stabilisce che nei riguardi delle operazioni di concentrazione soggette a comunicazione, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato valuta se comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza.

Tale situazione deve essere valutata tenendo conto delle possibilità di scelta dei fornitori e degli utilizzatori, della posizione delle imprese interessate sul mercato, del loro accesso alle fonti di approvvigionamento o agli sbocchi di mercato, della struttura dei mercati, della situazione competitiva dell'industria nazionale, delle barriere all'entrata di imprese concorrenti sul mercato, nonché dell'andamento della domanda e dell'offerta dei prodotti o servizi in questione. L'Autorità, al termine dell'istruttoria, quando accerti che l'operazione comporta la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante, vieta la concentrazione ovvero l'autorizza prescrivendo le misure necessarie ad impedire tali conseguenze.

Non possiamo non sottolineare la problematicità derivante dal comma 12 dell'articolo 19 relativa alle acquisizioni di cui all'articolo 19 del TUB.

Sorgono dunque dubbi interpretativi sulle competenze dell'Antitrust in materia di acquisizioni, di partecipazioni che non determinano posizioni di controllo. Si andrebbe a controllare in comunione acquisizioni che non c'entrano nulla con gli aspetti della concorrenza, perché questa fa riferimento solo a concentrazioni disciplinate dalla normativa della legge n. 287 che derivano dal diritto comunitario.

Sorge dunque un dubbio che va chiarito e che meriterebbe un intervento legislativo successivo, così come è stato rilevato ieri sera rispetto alla fase transitoria.

Il comma 13 stabilisce che i provvedimenti della Banca d'Italia e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato sono emanati con un unico atto, entro sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza completa della documentazione occorrente. L'atto deve contenere le specifiche motivazioni relative alle finalità attribuite alle due autorità.

Infine, per quanto concerne i rapporti tra la Banca d'Italia e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il comma 14 rinvia all'applicazione dell'articolo 21 del disegno di legge che prevede, fra l'altro, lo scambio di informazioni per agevolare l'esercizio delle rispettive funzioni e l'inopponibilità reciproca del segreto d'ufficio, al fine di assicurare la funzionalità dell'azione amministrativa e contenere gli oneri per i soggetti vigilati.

Queste sono le osservazioni che svolgiamo in merito alle innovazioni apportate all'articolo 19. (Applausi del senatore Salzano. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Senatore Eufemi, la restante parte della relazione sarà allegata al Resoconto della seduta odierna.

Giovedì 30 dicembre 2004 - ODG in legge finanziaria sulle competenze dei giudici di pace

G104 EUFEMI, CICCANTI, COMPAGNA, GRILLOTTI, ARCHIUTTI, IERVOLINO, SALERNO, BARELLI, FALCIER, DE RIGO, FAVARO, OGNIBENE

Inammissibile Il Senato

in sede di esame del disegno di legge finanziaria per l'anno 2005, esaminato il comma ex 571 della legge finanziaria; valutati i riflessi di compatibilità con il principio di effettività della tutela ai sensi della Direttiva 89/665 CE ( direttiva ricorsi) come riconosciuto dalla sentenza 15 maggio 2003 causa C - 214/00 e Ordinanza 19 maggio 2004 della Corte di Giustizia; valutato altresì che sia dalla Corte di Giustizia che dalla Corte costituzionale (sentenza 204 del luglio 2004) è stata condivisa la scelta del legislatore italiano di riservare alla giurisdizione amministrativa i settori cosiddetti sensibili tra cui è annoverabile la vigilanza nei settori dell'economia pubblica; valutato infine che tale norma devolve complesse controversie di rilievo comunitario e con oggetto risorse appartenenti alla Unione europea al giudice di pace, impegna il Governo a valutare attentamente l'impatto di tale norma che pone in seria difficoltà una gestione efficace della difesa dell'Unione Europea e dello Stato in giudizi polverizzati dinanzi al giudice di pace e un ulteriore aggravio di competenze sul giudice ordinario senza un rafforzamento delle strutture.

Giovedì 30 dicembre 2004 - ODG sull'ICI relativa alle parti mobili di grande importanza per le piccole e medie imprese artigiane

G102 EUFEMI, CICCANTI, COMPAGNA, GRILLOTTI, ARCHIUTTI, IERVOLINO, SALERNO, BARELLI, FALCIER, DE RIGO, FAVARO, OGNIBENE, MANFREDI 

Inammissibile Il Senato

in sede di esame del disegno di legge finanziaria per l'anno 2005, esaminato il comma 540 della legge finanziaria 2005; valutato che in tema di ICI si modifica sostanzialmente in termini interpretativi la definizione di fabbricato stabilendo che ai fini della determinazione della rendita catastale si debba tenere conto degli elementi costitutivi "anche se fisicamente non incorporati al suolo"; con tale disposizione sembrerebbe doversi includere nel valore censuario dei fabbricati ai fini della determinazione della rendita anche parti mobili di pertinenza degli edifici strumentali coinvolti nel processo produttivo; ciò presupporrebbe l'assoggettamento all'ICI dei carriponte, dei silos, delle turbine, delle pese ponte, dei serbatoi, delle pompe di carburante, degli impianti in genere nonché di tutti quei macchinari non infissi al suolo ma dotati solo di un piano di appoggio con evidenti conseguenze alle imprese anche piccole; poiché si tratta di norme interpretative che dovrebbero avere effetto retroattivo con una ricaduta pesante sugli anni pregressi e conseguente apertura di un contenzioso in ragione delle seguenti considerazioni: 1) si tasserebbero le attività in funzione degli investimenti duplicando la tassazione sul reddito di impresa; 2) la esistenza di una sentenza della Cassazione del 6 settembre u.s., che ha confermato la disciplina di reddito non fondiario per i macchinari non incorporati in una costruzione e rimovibili senza intaccare le mura produce reddito, ma non reddito fondiario, impegna il Governo a valutare attentamente le conseguenze di tale disposizioni per il sistema delle piccole medie imprese e per il comparto artigiano emanando atti amministrativi al fine di ogni corretta interpretazione della stessa; ad adottare provvedimenti di urgenza al fine di eliminare ogni possibile effetto in termini di maggiore gettito sulla modifica di nozione di fabbricato.

 

Mercoledì 29 dicembre 2004 - Intervento su Legge Finanziaria IV lettura

Discussione congiunta dei disegni di legge: (3224-B) Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2005 e bilancio pluriennale per il triennio 2005-2007 (Approvato dalla Camera dei deputati, modificato dal Senato e nuovamente modificato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale) (3223-B) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005) (Approvato dalla Camera dei deputati, modificato dal Senato e nuovamente modificato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale) 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà. 

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, solo poche considerazioni rispetto a questa quarta lettura sulla decisione di bilancio, che è un fatto inconsueto che deve far riflettere, perché non dobbiamo tornare al passato, dal momento che si sono determinate alcune tensioni sul procedimento di bilancio che non vanno sottovalutate. Noi non siamo tra coloro che ritengono efficace il ricorso all’esercizio provvisorio come strumento di controllo della spesa più efficace dei cosiddetti "decreti taglia-spese". Riteniamo che l’azione amministrativa debba dispiegarsi in modo ordinato e il ricorso ai dodicesimi di bilancio sarebbe negativo sia in ordine agli interventi di politica economica decisi con questa legge finanziaria, sia per l’ordinata attenzione dei centri di spesa sia centrali che periferici. 

Questa eccezionalità dei lavori parlamentari deve portarci ad un’attenta riflessione sulle regole sia normative che regolamentari che governano la decisione di bilancio. È forse giunto il momento di una riforma forte della contabilità. Su nostra iniziativa abbiamo posto le condizioni per un rafforzamento del sistema SIOPE per determinare il controllo dei flussi di finanza pubblica sia centrale che periferica. 

Onorevole ministro Siniscalco, onorevole sottosegretario Vegas, non è il momento dei lifting o dei window dressing ma di interventi incisivi e razionali; è il momento di attraversare il deserto; dobbiamo andare verso il consolidato di cassa della pubblica amministrazione aggiornato in tempo reale, porre la Ragioneria in condizione di conoscere puntualmente ciò che accade fuori del settore statale che rappresenta una parte considerevole dell’intera spesa pubblica e del cosiddetto perimetro di Maastricht, riprendere dunque il cammino riformatore sia sul versante legislativo sia su quello regolamentare. È necessario che il processo decisionale del bilancio assuma un raccordo tra le distanze dei diversi livelli di Governo; occorre realizzare un percorso parlamentare corretto ed utile alla decisione di bilancio che richiede attenzione e ponderazione senza correre inutili rischi. Non vi è dubbio, infatti, che dietro questo percorso vi è il rischio di errori anche gravi, non imputabili a nessuno ma alla fretta e ad un modo disordinato di procedere. 

Vorrei richiamare due questioni rispetto alle quali avrei desiderato sviluppare più forte il mio ragionamento: ormai, signor Presidente, siamo agli ordini del giorno orali sul modello della tradizione orale della Scuola di Chicago; l’impossibilità di soffermarsi per esempio sulla norma interpretativa dell’ICI, sugli elementi non incorporati al suolo che include nella determinazione della rendita anche le parti mobili, coinvolte nel processo produttivo con l’effetto di tassare le attività in funzione degli investimenti e duplicando la tassazione sul reddito di impresa. 

Vorrei, in secondo luogo, richiamare l’attenzione dei colleghi sul passaggio di competenze di rilievo comunitario, di settori sensibili, tra cui la vigilanza nei settori dell’economia pubblica, dalla giustizia amministrativa al giudice di pace che determineranno un affievolimento della difesa e degli interessi dello Stato e dell’Unione, laddove sono in gioco rilevanti risorse europee, senza prevedere un relativo rafforzamento delle strutture. Si è intervenuti su tali due questioni senza un’adeguata valutazione. Dare attuazione sostanziale all’obbligo del rendiconto è il vero crinale tra la cultura di gestione dello Stato che "deve essere" e quella che è nei fatti. L’assenza di contabilità significativa porta a minare alla radice i benefici attesi dal federalismo. Il federalismo vero ed autentico si basa su chi prende i soldi e su chi paga. Dobbiamo evitare che la asimmetria unita ad una fase di incertezza nella distribuzione dei poteri tra i livelli di governo possa condizionare i margini di manovra nella condizione di politiche di stabilizzazione nell’ambito del Patto di stabilità e di sviluppo. Il rispetto delle regole europee deve trovare un più forte momento di coesione tra tutti i livelli di Governo. 

È apprezzabile il metodo Gordon Brown, onorevole Ministro, introdotto in questa legge finanziaria, di controllo alla crescita della spesa che vorremmo fosse esteso anche alle politiche familiari dello stesso Gordon Brown, per la natalità, portata avanti nel Regno Unito. Questo procedimento chiama tutti i soggetti ad una nuova stagione di responsabilità, cui nessuno può sentirsi estraneo. (Applausi dei Gruppi UDC e FI).

Giovedì 16 dicembre 2004 Dichiarazione di voto sull'Ordine Mauriziano

EUFEMI (UDC). Onorevole Presidente, sottosegretario D'Alì, non so se un voto di coscienza possa essere catalogato ai fini regolamentari come un voto in dissenso dal proprio Gruppo. Certamente, in questo voto sofferto risiedono motivazioni profonde che non posso sottacere. La risoluzione adottata sull'Ordine Mauriziano, fuori dalla cornice costituzionale, non mi convince e desidero ancora una volta riaffermare le mie profonde perplessità di ordine costituzionale, giuridico ed economico. Onorevole Stiffoni, non vi è un problema di Nord e di Sud, ma di giudizi coerenti ed obiettivi perché viene travolta l'impostazione dei costituenti, di Einaudi e di Ruini; dunque la unitarietà dell'ente; vengono ridotti i suoi compiti e le sue finalità nei settori della sanità, della cultura e della beneficenza e del culto, garantite dalla XIV disposizione transitoria e dalla norma speciale attuativa nel 1962. Avevo indicato un'altra strada, forse più semplice e lineare: quella della gestione speciale difendendo la integrità e la unitarietà dell'Ordine senza arrivare ad un suo snaturamento e svuotamento delle finalità costituzionalmente riconosciute all'Ordine stesso. In un tempo in cui c'è una competizione a valorizzare degli statuti regionali le radici storiche e culturali delle comunità, quelle disposizioni diventano inutili e sterili proclami ed incoerenti applicazioni se si smarrisce il vero significato, quello di difendere concretamente tali princìpi salvaguardando l'identità, la storia, le tradizioni e la cultura. Sono stati apportati alcuni significativi miglioramenti come l'introduzione di un comitato di gestione per verificare l'operato della fase commissariale. E' stato difeso il principio dell'uso sacro per l'Abbazia di Staffarda, evitando un uso commerciale, e tutto ciò nel rispetto del codice civile della intesa tra Stato e Santa Sede. Sarebbe stato preferibile una gestione speciale separata, un percorso più lineare e senza ombre, senza una impropria catena, piuttosto che la costituzione di una fondazione, di cui non conosciamo né i soggetti né i conferimenti. La soluzione proposta non mi convince, perché nei fatti, con la ingegneria legislativa, si opera la distruzione di ciò che ha retto per cinquecento anni, perfino al passaggio dalla Monarchia alla Repubblica. Per questo ragioni esprimo, per ragioni di coscienza, il mio meditato e convinto voto contrario su questo provvedimento. (Applausi dei Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

Mercoledì 15 dicembre 2004 Discussione in aula sull'Ordine Mauriziano

Seguito della discussione del disegno di legge: (3227) Conversione in legge del decreto-legge 19 novembre 2004, n. 277, recante interventi straordinari per il riordino e il risanamento economico dell’Ente Ordine Mauriziano di Torino (Relazione orale)

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, non insisto per la votazione della questione pregiudiziale, preferendo entrare nel merito con un atteggiamento propositivo e costruttivo. (Applausi dal Gruppo UDC).

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevoli senatori, riconfermo le mie forti preoccupazioni sul provvedimento in esame. Si sta procedendo, infatti, senza la necessaria ponderazione. Non solo non si è tenuto conto del dibattito svolto all’Assemblea costituente, ma non sono stati neanche verificati i precedenti giurisprudenziali. L’origine di tale norma risale, infatti, ad una iniziativa dell’onorevole Einaudi, che si fece paladino delle esigenze di conservazione dell’Ente, richiamando la necessità di non sottrarre i beni dell’Ordine alle destinazioni per essi previste, le quali sono, per tali beni, non di rado in relazione specifica ai fini di beneficenza, istruzione e culto. L’onorevole Ruini, presidente della cosiddetta Commissione dei 75, ha affermato: "Vi è poi l’Ordine Mauriziano che è stato mantenuto come ente ospedaliero e sarà inserito nell’ordinamento del nuovo Stato; bisogna regolarlo, ma evitare che sia sommerso nel baratro burocratico". Si tratta di parole lungimiranti rispetto ad un triste destino. È chiaro che la citata legge ordinaria ha inteso la XIV disposizione finale della Costituzione nel senso che questa avesse stabilito la conservazione di tutti i fini statutari dell’Ente. Né la riforma ospedaliera (legge n. 132 del 1968), né la riforma sanitaria (legge n. 833 del 1978) si applicarono in toto agli ospedali mauriziani, ma solo in quanto compatibili. 

È un quadro normativo che non contrasta con le recenti modifiche costituzionali federaliste, che operano trasferimenti di competenze legislative e amministrative, ma non modificano i diritti né la natura giuridica dei soggetti, ivi compreso l’Ordine Mauriziano. Veniamo alle sentenze del Consiglio di Stato: ricordo le sentenze n. 1236 del 1975 e n. 876 del 1977. Entrambe ribadivano il carattere unitario dell’Ordine nello svolgimento di compiti complessi e integrati. Chiedo alla Presidenza di poter allegare al Resoconto della seduta odierna un testo che tratta più approfonditamente tali riferimenti. Con gli articoli 1 e 2 si determina un indebito arricchimento degli enti locali, dopo aver trattenuto somme in realtà dovute all'Ordine; si acquisiscono a titolo gratuito tutti i beni, lasciando al patrimonio storico dell'Ordine il ripiano del pregresso, che avrebbe dovuto essere saldato da altri. La gestione commissariale dovrebbe essere affidata, semmai, non ad un burocrate, ma a una figura professionale di altissime capacità e competenza, capace di affrontare i problemi complessi senza condizionamenti, con una presenza non saltuaria, ma continua e costante. Nulla viene detto rispetto ai soggetti che interverranno nella costituenda fondazione. 

Quali sono i conferimenti? Quali le quote di partecipazione? Quali gli apporti dei singoli soggetti pubblici e privati? Tutto ciò rimane molto vago. Prevale l'assenza di qualsiasi indicazione. L'Ordine Mauriziano partecipa con i conferimenti della massa attiva. E per gli altri soggetti quali sono i rapporti e quali i conferimenti? Va inoltre segnalato come nello statuto dell'Ordine Mauriziano fosse prevista la presenza di un rappresentante della Diocesi di Torino, mentre un'analoga disposizione non è contenuta nel decreto-legge. Che ne sarà, ad esempio, dei sacerdoti che operano all'interno del Mauriziano e ottemperavano al purtroppo dimenticato fine di culto sancito dallo statuto dell'Ente e garantito costituzionalmente? 

Come non esprimere preoccupazioni rispetto all'Abbazia di Staffarda, che è un luogo di culto, è una res sacra, una parrocchia consacrata fin dal 1804, e dunque va mantenuto l'uso sacro, senza incompatibilità per la destinazione culturale del bene, che va dunque disciplinato con un preciso richiamo all'articolo 831 del codice civile e, ancor meglio, alle intese Stato italiano-Santa Sede? Va poi detto che occorre intervenire con una più forte tutela agricola, ambientale e culturale sulle cascine limitrofe alla residenza di Stupinigi e ai beni indicati nel decreto, evitando speculazioni di qualsiasi genere che portino ad una devastazione dell'ambiente. Ma dobbiamo porci alcuni interrogativi. Perché la Regione Piemonte a partire dal 1999, in violazione del Piano sanitario nazionale del 1997-1999, non ha rinnovato la convenzione con l'Ente e ha iniziato a rimborsare le attività dell'Ordine con le tariffe proprie delle case di cura private, ha escluso l'Ordine dai ripiani previsti dalle leggi nazionali per gli ospedali pubblici, pur continuando l'Ente ad erogare prestazioni secondo regole, parametri e servizi standard molto più onerosi richiesti per le strutture pubbliche? Perché il prefetto D'Ascenzo tenne all'inizio una linea diversa, come è dimostrato, lamentando i mancati e inadeguati rimborsi per le prestazioni sanitarie? Perché è stata cambiata questa linea, che ha comportato un aggravamento della situazione di sbilancio in conseguenza della errata collocazione giuridica dell'Ente e del mancato riconoscimento della corretta remunerazione delle prestazioni effettuate e la non corretta corrispondenza tra budget e prestazioni erogate, concausa del dissesto finanziario dell'Ente? Che faceva l'autorità centrale vigilante, in questo caso il Ministero dell'interno gestione Napolitano? E i crediti vantati verso la Regione ammontanti a 58 milioni di euro? E che dire dei provvedimenti amministrativi adottati dal commissario straordinaria in data 15 novembre, prima della pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta in data 22 novembre 2004? Emerge, infine, che il valore del finanziamento regionale, se all'Ordine fosse stato applicato lo stesso trattamento delle ASO, si cifrerebbe a 368 milioni di euro, pari al debito cumulato. 

Quali sono le garanzie per i dipendenti se si rinvia a quello che rimane dell'Ordine, la chiusura delle competenze arretrate? Come mai non si fa cenno ai crediti di 58 milioni di euro? Le situazioni di difficoltà risalgono al 1997? Ne fanno tesoro i verbali dei revisori. Che faceva il Ministero dell'interno in quel periodo? Quali azioni ha intrapreso? 

Noi dell'UDC, attraverso speciali proposte emendative, abbiamo indicato un'altra via. Anziché quella dello smembramento dell'Ordine, degli affitti degli immobili, delle partite di giro, delle "scatole istituzionali", il risanamento economico dell'Ordine Mauriziano e la difesa di questo straordinario patrimonio storico affinché potesse passare attraverso una gestione speciale. Privare l'Ordine Mauriziano di una parte cospicua delle sue attività significa snaturamento e svuotamento dei fini peculiari riconosciuti all'Ordine. Un'ultima considerazione. 

La funzione del Parlamento non può essere solamente quella della ratifica di decisioni assunte in altra sede. L'articolo 7, comma 1, dello Statuto della Regione Piemonte, così recita: "La Regione valorizza le sue radici storiche, culturali, artistiche e linguistiche e in particolare salvaguarda l'identità della comunità secondo la storia, le tradizioni, la cultura". Forse l'Ordine Mauriziano non fa più parte di questa storia, ne è estraneo, è irrilevante per l'arte, è lontano dall’identità regionale e nazionale? A cosa servono questi proclami senza una coerente applicazione? (Applausi del senatore Gaburro). PRESIDENTE. Senatore Eufemi, la Presidenza l'autorizza ad allegare il testo del suo intervento.

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, il mio emendamento 1.1 (testo 3), si rende necessario in considerazione del fatto che né la legge ordinaria, né tanto meno quella regionale, pur nel concorrente potere Stato-Regione possono procedere a modificare una norma di rango costituzionale, quale è quella della disposizione XIV. Voglio anche ricordare, rispetto all'accertamento delle responsabilità, la gestione dell'onorevole Paola Cavigliasso, che ha rappresentato non un incidente della storia, ma una oculata e attenta gestione dei beni. PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

Integrazione all'intervento del senatore Eufemi nella discussione generale sul disegno di legge n. 3227

Onorevole Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevoli senatori, riconfermo le mie forti preoccupazioni su questo provvedimento. Si sta procedendo senza la necessaria ponderazione. Non solo non si è tenuto conto del dibattito all'Assemblea Costituente, ma non si sono neppure verificati i precedenti giurisprudenziali. L'origine di tale norma risale ad un'iniziativa dell'onorevole Einaudi, che si fece paladino dell'esigenza di conservazione dell'Ente, richiamando la necessità di non sottrarre i beni dell'ordine alle destinazioni per essi previste, destinazioni che, per tali beni, sono, non di rado, in relazione specifica ai fini di beneficenza, istruzione e culto. L'onorevole Ruini - il presidente della Commissione dei 75, non uno dei quattro di Lorenzago - affermava: "V'è poi l'ordine Mauriziano che è stato mantenuto come ente ospedaliero; sarà inserito nell'ordinamento del nuovo Stato; bisogna regolarlo, ma evitare che sia sommerso nel baratro burocratico". Parole lungimiranti rispetto ad un triste destino. È chiaro che la citata legge ordinaria ha inteso la XIV disposizione finale della Costituzione nel senso che questa avesse stabilito la conservazione di tutti i fini statutari dell'Ente. Né la riforma ospedaliera (legge n. 132 del 1968), né la riforma sanitaria (legge n. 833 del 1978) si applicarono in toto agli ospedali Mauriziani, ma solo in quanto compatibili. Un quadro normativo che non contrasta con le recenti modifiche costituzionali "federaliste", che operano trasferimenti di competenze legislative e amministrative, ma non modificano i diritti, né la natura giuridica dei soggetti, ivi compreso l'Ordine Mauriziano. Infatti, nel fissare la composizione del consiglio di amministrazione. si discosta dai criteri generalmente valevoli per gli enti operanti nel campo dell'assistenza ospedaliera e si informa al principio per il quale la composizione di detto consiglio, almeno per una notevole parte dei suoi membri, deve rispecchiare la pluralità dei fini dell'Ente, tanto che sono chiamati a farne parte: l'ordinario diocesano, un rappresentante dell'Interno, della Pubblica istruzione e della Sanità, in relazione, rispettivamente, ai fini di culto, di beneficenza, di istruzione e di assistenza ospedaliera (articolo 6). E veniamo alle sentenze del Consiglio di Stato: ricordo la n. 1236 del 13 giugno 1975 e la n. 876 del 18 ottobre 1977. Entrambe ribadivano il carattere unitario dell'Ordine nello svolgimento di compiti complessi e integrati. Desidero altresì ricordare un illuminante parere espresso dal professor Giovanni Conso, che ribadiva il vincolo costituzionale rispetto ad ogni ipotesi modificativa che alterasse lo stesso dettato costituzionale. La tutela che la XIV disposizione assicura all'Ordine Mauriziano deve intendersi, alla luce degli atti richiamati, volta ad impedire una riduzione dei suoi compiti e delle sue finalità: la formula della Carta costituzionale preclude al legislatore ordinario la possibilità di sottrarre i suoi beni dalle finalità cui li destina lo statuto stesso. Esprimo, pertanto, forte contrarietà alle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2, nonché al prefigurato spostamento del potere, nella materia in esame, dal Ministero dell'interno al Ministero per i beni culturali. Con gli articoli 1 e 2 si determina un indebito arricchimento degli enti locali dopo aver trattenuto somme in realtà dovute all'Ordine; si acquisiscono a titolo gratuito tutti i beni, lasciando al patrimonio storico dell'Ordine il ripiano del pregresso, che avrebbe dovuto essere saldato da altri. La gestione commissariale dovrebbe essere affidata, semmai, non ad un burocrate, ma ad una figura professionale di altissime capacità e competenze, capace di affrontare i problemi complessi senza condizionamenti, con una presenza non saltuaria, ma continua e costante. Nulla viene detto rispetto ai soggetti che interverranno nella costituenda fondazione. Quali sono i conferimenti, quali le quote di partecipazione, quali gli apporti dei singoli soggetti pubblici e privati? Rimane, tutto ciò, molto vago. Prevale l'assenza di qualsiasi indicazione. L'Ordine Mauriziano partecipa con i conferimenti della massa attiva. E per gli altri soggetti quali sono gli apporti, i conferimenti? Va, inoltre, segnalato come nello statuto dell'Ordine Mauriziano fosse prevista la presenza di un rappresentante della Diocesi di Torino, mentre un'analoga disposizione non è contenuta nel decreto-legge all'esame. Che ne sarà dei sacerdoti che operano all'interno del Mauriziano e che ottemperavano al purtroppo dimenticato fine di culto sancito dallo statuto dell'Ente e garantito costituzionalmente? Come non esprimere preoccupazioni rispetto all'Abbazia di Staffarda, che è un luogo di culto, è una "res sacra", è una parrocchia consacrata fin dal 1804 e dunque ne va mantenuto l'uso sacro senza incompatibilità per la destinazione culturale del bene, che va dunque disciplinato - mi sono fatto carico di un emendamento in tal senso - con un preciso richiamo all'articolo 831 del codice civile e, ancor meglio, alle intese Stato Italiano-Santa Sede? Un bene mobile o immobile è sacro indipendentemente dal fatto di chi ne detiene la proprietà. E' sacro in forza della destinazione e della dedizione. V'è necessità di una preventiva autorizzazione dell'ordinario diocesano sull'uso dopo aver sentito il parroco, cui spetta la vigilanza sulla res sacra; l'imposizione di una sorta di affitto del bene sacro crea una parvenza di uso commerciale del bene in questione, con la considerazione meramente o prevalentemente museale della chiesa parrocchiale, laddove questo primo aspetto risulta a scapito del secondo. Non si ritiene, pertanto, consona la prassi instaurata in questi anni. In particolare, emerge la disciplina dei beni culturali di interesse religioso tenendo conto dell'articolo 5 della legge 25 marzo 1985 n. 121, del Protocollo addizionale ai Patti lateranensi e dell'articolo 12, che disciplina un regime di collaborazione per la tutela del patrimonio storico-artistico tenendo conto del principio di bilateralità e dunque della "previa intesa" riguardante i beni destinati all'esercizio del culto. Va poi detto che occorre intervenire con più forte tutela agricola, ambientale e culturale sulle cascine limitrofe alla residenza di Stupinigi e ai beni indicati nel decreto, evitando speculazioni di qualsiasi genere che portino ad una devastazione degli ambienti. Occorre accertare le responsabilità di chi ha provocato, in breve tempo, all'Ordine Mauriziano di Torino un così ingente debito, operando una vera e propria distruzione di risorse che derivavano da un patrimonio secolare, tanto più grave in quanto il suo bilancio fino a pochi anni fa era in attivo. 

Ho il dovere di ricordare la gestione dell'onorevole Paola Cavigliasso, non un incidente della storia, ma oculata, attenta gestione di beni. Perché la Regione Piemonte a partire dal 1999, in violazione del Piano sanitario nazionale 1997-1999, non ha rinnovato la convenzione con l'Ente e ha iniziato a rimborsare le attività dell'Ordine con le tariffe proprie delle case di cura privata, ha escluso l'Ordine dai ripiani previsti dalle leggi nazionali per gli ospedali pubblici pur continuando l'Ente ad erogare prestazioni secondo regole, parametri e servizi standard molto più onerosi richiesti per le strutture pubbliche? Perché il prefetto D'Ascenzo tenne, all'inizio, una linea diversa, come è dimostrato, lamentando i mancati e inadeguati rimborsi per le prestazioni sanitarie? Perché è stata cambiata questa linea, che ha comportato un aggravamento della situazione di sbilancio in conseguenza dell'errata collocazione giuridica dell'Ente e del mancato riconoscimento della corretta remunerazione delle prestazioni effettuate e la non corretta corrispondenza tra budget e prestazioni erogate, concausa del dissesto finanziario dell'Ente? Che faceva l'autorità centrale vigilante, in questo caso il Ministero dell'interno, gestione Napolitano? E i crediti vantati verso la Regione ammontanti a 58 milioni di euro? E che dire dei provvedimenti amministrativi adottati dal commissario straordinario in data 15 novembre, prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta in data 22 novembre 2004? Emerge, infine, che il valore del finanziamento regionale, se all'Ordine fosse stato applicato lo stesso trattamento delle ASO, si cifrerebbe a 368 milioni di euro, pari al debito cumulato. Quali sono le garanzie per i dipendenti se si rinvia a quello che rimane dell'Ordine la chiusura delle competenze arretrate? Come mai non si fa cenno ai crediti di 58 milioni di euro? Cosa dice il commissario di ciò, considerato che l'erogazione di tale somma era la condizione posta nell'antecedente protocollo di intesa approvato dall'Interno per autorizzare la Commissaria a firmare la convenzione? Non è, forse, una grave illegittimità compiuta? Il Commissario straordinario riconosce che l'ordine ha inviato periodicamente i conti, garantendo i flussi informativi. 

Le situazioni di difficoltà risalgono al 1997. Ne fanno tesoro i verbali dei revisori. Che faceva il Ministero dell'interno in quel periodo? Quali azioni ha intrapreso? Sottolineo che i vincoli previsti dal decreto sono insufficienti e inadeguati e quelli imposti dal Codice dei beni culturali non impediranno probabili inevitabili speculazioni. Lo stesso sottosegretario D'Alì ha rilevato che non possono essere posti vincoli all'autonomia deliberativa degli enti locali. Eppure, onorevole Sottosegretario, le sei aziende agricole inserite nel Concentrico dell'Abbazia di Staffarda sono la più reale ed efficace garanzia dalle speculazioni adombrate in questi giorni. Occorrerebbe creare le condizioni che determinino un autentico cordone di garanzia attorno al Concentrico, rendendole invendibili con una destinazione agroturistica. Onorevole Presidente, onorevole Sottosegretario, noi dell'UDC attraverso speciali proposte emendative abbiamo indicato un'altra via. Anziché attraverso lo smembramento dell'Ordine, gli affitti degli immobili, le partite di giro, le "scatole istituzionali", il risanamento economico dell'Ordine Mauriziano e la difesa di questo straordinario patrimonio storico sarebbero potuti passare attraverso una gestione speciale di ventiquattro mesi che favorisse l'estensione della situazione debitoria difendendo la sua integrità e unitarietà. Nel 1974, di fronte ad una grave situazione debitoria-creditizia nel rapporto enti ospedalieri-enti mutualistici, lo Stato, con la legge n. 386, congelò la situazione superando le gestioni contabili con procedure amministrative e non fallimentari. 

Privare l'Ordine Mauriziano di una parte cospicua delle sue attività significa snaturamento e svuotamento dei fini peculiari riconosciuti all'Ordine. La norma di cui alla XIV disposizione transitoria della Costituzione esclude qualsiasi possibilità per il legislatore ordinario di introdurre norme che intacchino l'essenza e il modo di essere dell'Ordine stesso, affidando solo un mandato a regolamentare le modalità di funzionamento dell'Ente conservato nella sua unitarietà. In forza di tale norma speciale non possono trovare applicazione le disposizioni che determinerebbero una riduzione dei suoi compiti ad una parte soltanto di quelli ad esso riconosciuti. Si prefigura, al contrario, un mutamento della natura giuridica dell'Ente e delle sue funzioni. Tale disposizione di rango superprimario demanda alla legge la sola disciplina delle modalità di funzionamento dell'Ente e non anche la determinazione della sua natura giuridica. Ribadisco, pertanto, la mia forte contrarietà al decreto-legge, soprattutto gli articoli 1 e 2, che presentano inequivoci profili di violazione della Carta costituzionale, con procedure dubbie. 

L'Ente è destinato a sopravvivere solo formalmente, privato in realtà di funzioni e proprietà ed è per questo che auspico quelle modifiche ed integrazioni indispensabili a correggere un'impostazione che ritengo sbagliata, a meno che non sia stato già tutto deciso. Oggi si sta cercando di trovare una soluzione pasticciata a ciò che muove da una ubriacatura federalista di cui l'Ordine Mauriziano è una prima grave conseguenza, perché le modifiche costituzionali federaliste non modificano i diritti nella natura giuridica dei soggetti e perché su quell'onda si determina la distruzione di ciò che ha retto per cinquecento anni, perfino al passaggio dalla monarchia alla Repubblica. La funzione del Parlamento non può essere solo quella della ratifica di decisioni assunte in altra sede, dalle quali annuncio fino d'ora di dissociarmi richiamandomi ad un moderatismo che è anche capacità di valutare, approfondire e decidere assumendo, quando è necessario, il coraggio di esprimere un fermo dissenso. Un'ulteriore considerazione: tutto ciò che ho richiamato non è forse in contraddizione con l'articolo 7, comma 1, dello Statuto della Regione Piemonte, che così recita: " La Regione valorizza le sue radici storiche, culturali, artistiche, linguistiche e in particolare salvaguarda l'identità della comunità secondo la storia, le tradizioni, la cultura"? Forse l'Ordine Mauriziano non fa più parte di questa storia, ne è estraneo, è irrilevante per l'arte, è lontano dall'identità regionale e nazionale? A cosa servono questi inutili proclami senza una coerente applicazione? Il problema che si presenta è quello di vedere se la XIV disposizione finale, col disporre la conservazione dell'Ordine "come Ente ospedaliero", abbia voluto limitare i fini dell'Ente all'attività ospedaliera, intesa come attività che provvede al ricovero e cura degli infermi, escludendo, quindi, i fini di beneficenza, istruzione e culto, che, in obbedienza ai suoi statuti, l'Ordine stesso perseguiva (come tuttora persegue). 

La questione va risolta nel senso che la formula riportata costituisce un modo sintetico per esprimere il precetto di conservare l'Ente con tutti i suoi fini statutari, fuorché con quello contrastante con la Costituzione, tranne, cioè, con quello consistente nel conferimento delle distinzioni cavalleresche dell'Ordine, dato che questo era un Ordine "dinastico" strettamente connesso al Capo della dinastia sabauda come tale e non già come Capo dello Stato. La norma di cui si parla si collega alla XIII disposizione e all'articolo 87, ultimo comma, della Costituzione. Le norme della legge 12 febbraio 1968, n. 132, relative al consiglio di amministrazione degli enti ospedalieri e alla vigilanza e tutela degli stessi non sono applicabili all'Ordine Mauriziano, che, pur essendo definito nella XIV disposizione finale della Costituzione ente ospitaliero, è un ente che non ha esclusivi scopi di assistenza ospedaliera, ma esercita anche fini di beneficenza, istruzione e culto, ai sensi della legge 26 ottobre 1962, n. 1596. In questo caso, il ricorrente era il Ministero dell'interno. Il carattere di ente locale assunto dagli enti ospedalieri a seguito dell'attuazione della vigente normativa è in assoluto contrasto con la legge 5 novembre 1962, n. 1596, mai abrogata, che ha conservato all'Ordine Mauriziano un carattere unitario e tale da consentire l'attuazione di compiti complessi e integrati senza che ciò significhi per detto Ordine, nell'esercizio del servizio ospedaliero, un comportamento contrastante con le normative e con le direttive nazionali in materia di sicurezza sociale e di tutela della salute dei cittadini; pertanto, è illegittimo il decreto con il quale il Presidente della Giunta regionale della Valle d'Aosta provvede, ai sensi degli articoli 3 e 5 della legge 12 febbraio 1968, n. 132, alla costituzione in ente ospedaliero dell'ospedale Mauriziano di Aosta mediante scorporo dall'Ordine Mauriziano di Torino, cui l'ospedale apparteneva, determinando altresì il patrimonio del neocostituito Ente. 

Il collegio, in sostanza, ha ritenuto che dovesse valere il dettato costituzionale e il suo successivo recepimento nella legislazione nazionale attraverso la legge del 1962 per il fatto stesso che privare l'Ordine Mauriziano di una parte cospicua delle sue attività significa snaturamento e svuotamento dei fini peculiari riconosciuti all'Ordine e, sino a contrario avviso, attuati con efficacia e soddisfazione dei beneficiari. Inoltre, il collegio considerava che il carattere di ente locale assunto dagli enti ospedalieri a seguito dell'attuazione sulla normativa in atto è in assoluto contrasto con la legge del 1962, mai abrogata, che appunto volle conservare all'Ordine Mauriziano un carattere unitario e tale da consentire l'attuazione di compiti complessi e integrati senza che ciò significhi per l'Ordine Mauriziano, nell'esercizio del servizio ospedaliero, un comportamento contrastante con le normative e con le direttive nazionali in materia di sicurezza sociale e di tutela della salute dei cittadini. Secondo la sentenza del TAR Piemonte del 10 febbraio 1976, n. 54, Ospedali psichiatrici di Torino contro Regione Piemonte, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza nell'ambito della vasta gamma degli enti sub-regionali hanno natura e disciplina normativa del tutto distinta rispetto a quelle proprie degli enti ospedalieri. 

La norma di cui alla XIV disposizione transitoria della Costituzione, secondo cui l'Ordine Mauriziano è conservato come ente ospedaliero e funziona nei modi stabiliti dalla legge, si riferisce all'Ordine Mauriziano nel complesso dei suoi fini in materia di beneficenza, di istruzione e di culto (con la sola eccezione di quelli attinenti al conferimento di onorificenze cavalleresche) ed esclude qualsiasi possibilità per il legislatore ordinario di introdurre norme che intacchino l'essenza e il modo di essere dell'Ordine stesso, affidando solo un mandato a regolamentare le modalità di funzionamento dell'Ente conservato nella sua unitarietà. In forza di tale norma speciale, non possono trovare applicazione nei confronti dell'Ordine Mauriziano tutte quelle disposizioni della legge 12 febbraio 1968, n. 132, che verrebbero ad incidere sulla struttura unitaria dell'Ente e quindi provocare una riduzione dei suoi compiti ad una parte soltanto di quelli ad esso riconosciuti dal Costituente. 

Le norme della legge 12 febbraio 1968, n. 132, relative al consiglio di amministrazione degli enti ospedalieri e alla vigilanza e tutela degli stessi non sono applicabili all'Ordine Mauriziano, che, pur essendo definito nella disposizione transitoria ente ospedaliero, è un ente che non ha esclusivi compiti di assistenza ospedaliera, ma esercita anche fini di beneficenza, istruzione e culto, ai sensi della legge 5 novembre 1962, n. 1596. Prevede, infatti (articolo 7), un sistema di controlli e di organi controllori diversi da quelli contemplati dalla normativa generale (articoli 35 e seguenti della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e successive modificazioni, Capo III del Titolo V della legge 10 febbraio 1953, n. 62). Le considerazioni precedentemente esposte costituiscono le premesse logiche per escludere che le norme della sopravvenuta legge 12 febbraio 1968, n. 132, relativamente al consiglio di amministrazione degli enti ospedalieri (articoli 9 e seguenti) e alla vigilanza e tutela degli enti stessi (articolo 16), siano applicabili all'Ordine Mauriziano. Tale inapplicabilità deriva, anzitutto, dalla circostanza che la normativa dettata in materia di consiglio di amministrazione come in materia di vigilanza e tutela dalla citata legge n. 132 del 1968 non può ritenersi dotata di efficacia abrogativa rispetto alla precedente normativa, dettata, per disciplinare gli stessi argomenti, specificamente per l'Ordine Mauriziano e in considerazione della particolare natura e posizione di questo, dalla legge 5 novembre 1962, n. 1596. In obbedienza ad un precetto a livello costituzionale, la XIV disposizione finale della Costituzione ha voluto conservare come ente unitario l'Ordine Mauriziano, determinando, in particolare, l'effetto di lasciare in vita l'Ordine suddetto senza uno di quei fini: lo scopo del ricovero e cura degli infermi, che la citata norma costituzionale ha inteso come propri dell'Ordine stesso. La tesi indicata non può essere condivisa. La disposizione costituzionale intende mantenere per l'Ordine Mauriziano tutte le finalità ordinarie, escludendo solo quella consistente nel conferimento delle onorificenze cavalleresche. La terza via indicata dalla Regione Piemonte - consistente nel trattare come ente ospedaliero ex lege n. 132 del 1968 l'Ordine Mauriziano "nel suo complesso" - non risulta, quindi, consentito dalla citata legge del 1968. Vale la pena di soggiungere che l'assunto della Regione si pone in contrasto anche con la XIV disposizione finale della Costituzione, dato che esso comporta, in realtà, l'eliminazione dei fini statutari di beneficenza, di istruzione e di culto, che, come si è visto nella prima parte, la citata disposizione costituzionale ha inteso conservare. 

Per le esposte ragioni, il decreto 23 settembre 1971, n. 5029, con cui il Presidente della Giunta della Regione Piemonte ha provveduto circa la composizione del consiglio di amministrazione dell'ente ospedaliero Ordine Mauriziano ai sensi del secondo comma dell'articolo 9 della legge 12 febbraio 1968, n. 132 ,e la nota in pari data, con cui lo stesso organo ha disposto che gli atti di detto Ente siano soggetti al controllo del Comitato regionale di cui all'articolo 55 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, sono da reputare illegittimi. Essi sono suscettibili di annullamento e, tra l'altro, dell'annullamento previsto dall'articolo 6 del Testo Unico 3 marzo 1934, n. 383, delle leggi comunali e provinciali. E' appena il caso di aggiungere, a questo riguardo, che la prova dell'esistenza dell'interesse pubblico all'annullamento è, nella specie, in re ipsa. Va inoltre osservato che l'inapplicabilità all'Ordine Mauriziano degli articoli 9 e seguenti, 16 e seguenti e delle altre disposizioni della legge n. 132 del 1968, che presuppongono ex necesse l'assunzione della posizione giuridica di Ente ospedaliero ai sensi degli articoli 3, 4 e 5 della legge stessa, non comporta che sia inapplicabile quella parte di questa che riguarda l'esercizio dell'attività assistenziale. Desidero ancora ricordare un autorevole parere espresso dal giovane professor Giovanni Conso in materia. La XIV disposizione finale della Costituzione esigerebbe per l'Ordine Mauriziano una regolamentazione particolare, non accontentandosi di una regolamentazione alla medesima stregua dei comuni enti ospedalieri. Questa tesi trova conforto non solo nella lettera e nei lavori preparatori del testo costituzionale, ma anche e soprattutto nel significato che proprio il Parlamento, quasi operando una sorta di interpretazione autentica, ha mostrato di attribuire alla XIV disposizione in sede di presentazione, discussione ed approvazione della legge n. 1596 del 1962. La XIV disposizione è stata additata dalla dottrina come tipico esempio di norma costituzionale. 

Del resto, a riconoscerle simile rango, e proprio con riguardo al comma (il terzo) concernente l'Ordine Mauriziano, è stato lo stesso Parlamento, come risulta dall'intitolazione della legge n. 1596 del 1962 e dalla relazione al rispettivo disegno. Nella seconda parte di questo terzo comma ("e funziona nei modi stabiliti dalla legge"), il Costituente si è preoccupato di richiedere al legislatore ordinario l'emanazione di un'apposita legge per l'Ordine Mauriziano, così da farne un ente ospedaliero a se stante, con propria disciplina. Se il Costituente avesse voluto la piena equiparazione dell'Ordine Mauriziano agli enti ospedalieri in genere, gli sarebbe bastato qualificare l'Ordine Mauriziano come ente ospedaliero. Nessun altro limite, nessun altro condizionamento, all'infuori di questi ,sta alla base della previsione del terzo comma. 

La relazione che accompagnava il disegno di legge, presentato dal presidente del Consiglio di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro e della pubblica istruzione, riportava: "Il presente disegno di legge è inteso ad attuare il nuovo ordinamento dell'Ordine Mauriziano in applicazione alla XIV disposizione finale della Costituzione (...). Con l'entrata in vigore della nuova Costituzione della Repubblica, l'Ordine ha cessato da ogni attività connessa alle funzioni cavalleresche e si è limitato (...) alla realizzazione degli altri fini istituzionali". Anche se qualcuno non volesse condividere le osservazioni relative alla necessità costituzionale di una regolamentazione apposita per l'Ordine Mauriziano, resterebbero pur sempre le considerazioni di opportunità a consigliare di mantenere ferma la recente legge. L'abrogazione della legge in vigore potrebbe essere accettata qualora si intendesse sostituirla con altra preordinata a realizzare più pienamente lo stesso dettato costituzionale. Ma già l'omissione in cui è incorso l'articolo 1, comma 1, del disegno di legge sulla riforma dell'assistenza ospedaliera non si spiega di certo con un miglior adeguamento costituzionale. Anzi, si corre il pericolo di violare la Costituzione.

Sen. Eufemi

Legislatura 14º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 715 del 16/12/2004

Seguito della discussione del disegno di legge: (3227) Conversione in legge del decreto-legge 19 novembre 2004, n. 277, recante interventi straordinari per il riordino e il risanamento economico dell’Ente Ordine Mauriziano di Torino (Relazione orale)

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, la ringrazio per il tempo concessomi, anche se quella in esame è una materia molto delicata e quindi avrebbe pertanto bisogno di un minimo di ponderazione. Ritiro l’emendamento 2.1 (testo 3), avendo presentato l’emendamento 2.600 che in parte recupera il tema del Comitato già trattato nella precedente proposta modificativa. Con l’emendamento 2.1 (testo 3) si poneva una questione alternativa alla linea del Governo, con la previsione di una gestione separata, a mio avviso una linea più concreta al di fuori di meccanismi di ingegneria legislativa. L’emendamento si rendeva necessario in considerazione di inoppugnabili motivazioni; innanzitutto deve essere riconfermato ed evidenziato che la natura di pubblica amministrazione dell’Ordine Mauriziano ne impedisce il fallimento, ma obbliga ad erogare il servizio, tale è infatti il carattere di ogni ente pubblico per cui la sospensione o l’interruzione dell’attività configurerebbe un reato penale per omissione, mentre le situazioni gestionali critiche impongono soluzioni da ricercare all’interno di una normativa pubblicistica senza snaturare la pace giuridica dell’Ente. Signor Presidente, voglio poi aggiungere molto brevemente anche qualche altra considerazione. PRESIDENTE. La prego però di essere effettivamente breve, senatore Eufemi. (Commenti). EUFEMI (UDC). Signor Presidente, credo che ci sarebbe bisogno di maggiore tolleranza. Siccome questa tolleranza non c’è, devo evidentemente rinunciare ad illustrare gli emendamenti. (Brusìo in Aula). PRESIDENTE. Sia ben chiaro però che non è da parte della Presidenza. Non vengono infatti registrati nel Resoconto stenografico le interruzioni dei colleghi e sembra che l’intolleranza sia da parte della Presidenza. Io avevo consentito di aggiungere qualche altra cosa, ma brevemente, perché il tempo a sua disposizione è già scaduto. EUFEMI (UDC). L’altra questione, signor Presidente, è relativa alle cascine; infatti, aumentare la distanza intorno al complesso edilizio del Concentrico significherebbe preservare questi compendi di grande valore artistico La questione posta dalla Commissione bilancio non può essere svincolata dall’insieme del provvedimento, cioè da una massa attiva presente rispetto ad una massa passiva. Signor Presidente, ritiro anche tutti gli emendamenti soppressivi da me presentati.

PRESIDENTE. Chiedo al presentatore dell'ordine del giorno G2.100 se insiste per la votazione.

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, non si comprendono le ragioni dell'espressione di un parere contrario da parte del Governo su questa misura, che è in linea con i provvedimenti relativi alle cartolarizzazioni: così come abbiamo usato questo strumento per gli immobili non si capisce perché non lo si possa usare per i terreni agricoli e per le aziende agricole siti in quel complesso. L'ordine del giorno avrebbe anche il significato di preservare l'ambiente socioeconomico soprattutto delle attività agricole, evitando un possibile contenzioso. Invito il Governo a riflettere su questo aspetto e comunque insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sull’ordine del giorno in esame.

D'ALI', sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, ho motivato la mia contrarietà con il fatto che il riferimento all’articolo 3 del decreto-legge n. 351 del 2001 avrebbe prodotto una vendita dei terreni con uno sconto del 30 per cento. Se il senatore Eufemi rinuncia a questa previsione e si limita alla previsione dei benefìci erogati dall’ISMEA, da assumersi in via prioritaria da parte di quell’ente, il Governo può accogliere l’ordine del giorno, insistendo sulla non condivisione del riferimento al decreto-legge n. 351 del 2001, convertito, con modificazioni, nella legge n. 410 del 2001.

PRESIDENTE. Accetta questa modifica, senatore Eufemi?

EUFEMI (UDC). La accetto, signor Presidente.

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l’ordine del giorno G2.100 (testo 2) non sarà posto in votazione. Passiamo all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 3 del decreto-legge, che invito i presentatori ad illustrare.

EUFEMI (UDC). Do per illustrato l'emendamento 3.3 e ritiro l’emendamento 3.4. PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame

Mercoledì 1 dicembre 2004 - Aula - Questione pregiudiziale posta dal sen. Eufemi sul disegno di legge: (3227) Conversione in legge del decreto-legge 19 novembre 2004, n. 277, recante interventi straordinari per il riordino e il risanamento economico dell’Ente Ordine Mauriziano di Torino (Relazione orale) 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3227. 

Il relatore, senatore Malan, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta. Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore. 

MALAN, relatore. Signor Presidente, il presente decreto-legge reca interventi straordinari a favore dell'Ente Ordine Mauriziano di Torino, tutelato dalla XIV Disposizione transitoria e finale della Costituzione la quale afferma che l'Ordine è conservato quale ente ospedaliero. Nel corso degli anni tale Ente che, oltre all'attività ospedaliera, svolge anche attività di culto e di beneficenza, ha accumulato debiti ingenti, che hanno raggiunto la somma ragguardevole di 350 milioni di euro. 

Nel contempo si è sviluppata una dinamica perversa perché le notizie che si andavano diffondendo sul preoccupante aumento della massa debitoria totale hanno indotto i creditori ad iniziare azioni esecutive: pignoramento presso terzi e immobiliare. 

D’altra parte, il tesoriere dell’Ordine è stato indotto a ridurre le anticipazioni di cassa, nonché a sospendere le erogazioni dei finanziamenti già deliberati. Questa situazione ha determinato la conseguenza che alcuni beni destinati alla vendita per il ripianamento del disavanzo sono stati pignorati, vanificando così la possibilità di procedere all’alienazione, che avrebbe potuto determinare il saldo di alcuni di questi debiti. Inoltre, anche le entrate correnti, come il finanziamento sanitario proveniente dalla Regione Piemonte, venivano decurtate dai numerosi pignoramenti, risultando così non più sufficienti a garantire il pagamento delle forniture di materiale sanitario, indispensabili al funzionamento delle strutture sanitarie, e rendendo altresì difficile il pagamento degli stipendi al personale dipendente, il cui numero in anni recenti era stato fortemente aumentato, anche con compensi decisamente al di sopra della media dei soggetti con pari requisiti di altre strutture ospedaliere del Piemonte. Di fronte a questa gravissima situazione, sulla base di un protocollo di intesa già approvato tra l’Ordine Mauriziano e la Regione Piemonte, la Regione stessa si è impegnata al rilancio dell’Ente attraverso l’erogazione di un contributo straordinario di 50 milioni di euro e ha siglato un’apposita convenzione con la quale viene confermato un finanziamento annuale di 120 milioni di euro dal 2003 al 2006. Questo tuttavia non è sufficiente a determinare il risanamento dell’ente. Dopo approfondita valutazione, il Governo che - va ricordato - aveva a suo tempo nominato un commissario straordinario per porre sotto controllo il debito, ha deciso di porre mano alla questione con il decreto-legge la cui conversione in legge stiamo esaminando. Questo decreto-legge prevede all’articolo 1 che l’Ente Ordine Mauriziano venga conservato, secondo quanto prescrive la Costituzione, come ente ospedaliero, fino alla data di entrata in vigore della legge con la quale la Regione Piemonte ne disciplinerà la natura giuridica e l’inserimento nell’ordinamento giuridico della Regione. L’articolo 2 prevede poi la costituzione della Fondazione Mauriziana, cui verrà affidato il patrimonio attualmente detenuto dall’Ordine stesso. La Fondazione avrà il compito di vendere i beni, che potranno essere alienati rispettando le norme vigenti a tutela sia dei beni artistici che culturali, in modo da consentire il funzionamento degli ospedali. Questa Fondazione verrà regolata da uno statuto che sarà approvato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e con il Ministro delle attività culturali. L’articolo 3 concerne provvedimenti urgenti per il risanamento dell’Ordine stesso che sono volti a rinviare di ventiquattro mesi le azioni esecutive intraprese nei confronti della Fondazione, le procedure esecutive pendenti ed i pignoramenti, nonché a bloccare la produzione di interessi e la valutazione monetaria dei debiti insoluti alla data di entrata in vigore del decreto. Esso indica poi le procedure attraverso le quali il legale rappresentante della Fondazione assume le funzioni di commissario straordinario e provvede alle necessità di risanamento dell’ente stesso. L’articolo 4 riguarda l’entrata in vigore del provvedimento. Preannuncio, in conclusione, che sono stati in parte già approvati in Commissione e in parte presentati per l’esame dell’Aula alcuni emendamenti per migliorare taluni punti del testo al nostro esame, che resta però, nella sostanza, quello attuale. 

EUFEMI (UDC). Domando di parlare. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. EUFEMI (UDC). Signor Presidente, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, desidero sottoporre all'Assemblea una questione pregiudiziale sul disegno di legge n. 3227, di conversione in legge del decreto-legge n. 277 del 2004, recante interventi straordinari per il riordino e il risanamento economico dell'Ente Ordine Mauriziano di Torino. Non si può sottacere la gravità di questo decreto, che fa sorgere numerose preoccupazioni. Dobbiamo rilevare come l'Ordine Mauriziano, posto sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, ente di diritto pubblico previsto dalla XIV disposizione transitoria e finale della Costituzione, svolge la propria attività ed attua i propri fini istituzionali ai sensi della legge speciale 15 novembre 1962, n. 1596, approvata in attuazione della citata disposizione costituzionale. Le successive leggi di riforma sanitaria, a partire dalla legge n. 833 del 1978, hanno sempre ribadito la natura pubblica dell'Ente, la collocazione nell'ambito della sanità pubblica delle prestazioni erogate dagli ospedali mauriziani, la natura obbligatoria del rapporto convenzionale da parte della Regione Piemonte. Le stesse leggi di riforma sanitaria hanno sempre fatto salvo l'ordinamento giuridico che regola il funzionamento dell'Ordine, imponendo a quest'ultimo l'applicazione nella normativa riguardante le aziende sanitarie locali ed ospedaliere, solo "in quanto compatibile", proprio per la dovuta salvaguardia della legge speciale regolante l'attività dell'Ordine. La rilevanza pubblica dell'Ente è oltremodo sottolineata dalla disposizione della citata legge speciale che attribuisce al Ministero dell'interno e al Ministero del Tesoro il controllo su alcuni atti assunti dal consiglio di amministrazione dell'Ente. Ribadisco che numerose sentenze del Consiglio di Stato, in particolare la n. 1236 del 13 giugno 1975 e la n. 876 del 18 ottobre 1977, hanno riaffermato, nel corso degli ultimi anni, l'unitarietà - lo sottolineo - dell'Ente, pur nella pluralità dei compiti affidati, garantendo all'Ordine Mauriziano una tutela derivante dalla configurazione costituzionale e dal ruolo del Patronato esercitato dalla Presidenza della Repubblica. In considerazione del grave stato di disavanzo manifestatosi nei bilanci dell'Ente, a partire dal 1998 (sottolineo l'anno), con decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2002, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 12 ottobre 2002, n. 240, si è provveduto allo scioglimento degli organi ordinari dell'Ordine Mauriziano ed è stato nominato un commissariato straordinario più volte prorogato nell'incarico. È stato fatto valere il dettato costituzionale e il suo successivo recepimento nella legislazione nazionale sempre attraverso la legge del 1962. Allora, privare l'Ordine Mauriziano di una parte cospicua delle sue attività, come si sta facendo con questo decreto, significa snaturamento e svuotamento dei fini peculiari riconosciuti all'Ordine. La norma di cui alla XIV Disposizione transitoria e finale della Costituzione, secondo cui "L'Ordine Mauriziano è conservato come ente ospedaliero e funziona nei modi stabiliti dalla legge", si riferisce all'Ordine Mauriziano nel complesso dei suoi fini in materia di beneficenza, di istruzione e di culto ed esclude qualsiasi possibilità per il legislatore ordinario di introdurre norme che intacchino l'essenza e il modo di essere dell'ordine stesso, affidando solo un mandato a regolamentare le modalità di funzionamento dell'Ente conservato nella sua unitarietà. In forza di tale norma speciale non possono trovare applicazione nei confronti dell'Ordine Mauriziano le disposizioni di cui agli articoli 1 e 2, con i quali si sottopone il costituendo Ente alla Regione Piemonte e si costituisce la Fondazione Mauriziana: si determinerebbero le condizioni per una riduzione dei suoi compiti ad una parte soltanto di quelli ad esso riconosciuti, perché l'Ente non ha esclusivi compiti di assistenza ospedaliera ma esercita anche fini di beneficenza, istruzione e culto, ai sensi della legge 5 novembre 1962, n. 1596. Preso atto che la XIV Disposizione transitoria della Costituzione demanda alla legge la sola disciplina delle modalità di funzionamento dell'ente e non anche la determinazione della sua natura giuridica, e che, secondo la dottrina prevalente, le disposizioni transitorie devono essere considerate parte integrante della Costituzione, e dunque la XIV costituisce una norma di garanzia dell'esistenza dell'Ordine mauriziano e della intangibilità delle sue funzioni, premesso tutto ciò che ho brevemente ricordato, propongo di negare la sussistenza dei presupposti costituzionali per gli articoli 1 e 2 del decreto legge n. 277 del 2004. Noi riteniamo infatti che, mentre l’articolo 3 consente appunto l’azione del commissario straordinario, e quindi quella procedura speciale che permetta il riordino economico e finanziario, gli articoli 1 e 2 sono palesemente incostituzionali. (Applausi del senatore Cambursano). PRESIDENTE. Ricordo che, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, nella discussione sulla questione pregiudiziale può prendere la parola non più di un rappresentante per Gruppo per non più di dieci minuti. 

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, le argomentazioni del senatore Eufemi sono assolutamente ineccepibili e io le richiamo in tutto, aggiungendo soltanto un ulteriore argomento a favore della proposta questione di costituzionalità. Per risolvere un deficit che sarebbe stato risanabile in modi diversi e più ortodossi, atteso il rilevante patrimonio immobiliare dell’Ente, si è scelta una soluzione "spezzatino", per cui i beni patrimoniali dell’ente di valore storico-artistico sono stati dati in uso gratuito ad una fondazione, i beni immobili da alienare sono stati dati ad un’altra fondazione, ma - quel che è peggio - i due ospedali che dovrebbero costituire la struttura ospedaliera idonea a conservare l’Ordine Mauriziano - precisamente l’ospedale Umberto I di Torino e quello di Candiolo - sono stati posti sotto la vigilanza della Regione, che dovrà promulgare una legge apposita per inserirli nel suo ordinamento giudico-sanitario. Questa vigilanza della Regione e questo inserimento nella sua struttura sanitaria la dicono lunga su quale autonomia conservi la residua parte dell’Ordine Mauriziano, che in questo modo scompare. Ciò che è ancora più grave e che voglio segnalare all’attenzione dell’Aula è il fatto che, a tutt’oggi, la Regione Piemonte è debitrice dell’Ente ospedale Mauriziano per 60 milioni di euro. Allora, non è possibile dare ad un debitore la vigilanza su un ente formando, come non è possibile dare all’ente debitore, novello paguro Bernardo o vampiro che succhia il sangue dell’ente in questione, la vigilanza e la regolamentazione dell’ente stesso: cioè, la diamo a chi ha contribuito al suo deficit (60 milioni di euro non sono pinzillacchere). Per queste ragioni, che sembrano di fatto, ma in realtà sono di sostanza, mi associo toto corde, a nome mio personale e del mio Gruppo, all’eccezione proposta dal senatore Eufemi. 

PASTORE (FI). Domando di parlare. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. PASTORE (FI). Signor Presidente, intervengo non solo e non tanto per difendere il voto della Commissione, quanto per far capire all’Assemblea (e vorrei che il punto fosse approfondito anche dai colleghi intervenuti, in particolare dal senatore Eufemi, che ha presentato la questione pregiudiziale) che questo decreto-legge non piomba all’improvviso in una situazione di calma piatta, in cui vi è l’Ordine Mauriziano con la sua corazza costituzionale ed improvvisamente il Governo, di fronte a qualche maretta, decide di smantellarlo. Il momento attuale è rappresentato, in base agli elementi e ai dati forniti dal relatore, da un Ente che ha 350 milioni di euro di debiti, cioè 700 miliardi delle vecchie lire.

 CAMBURSANO (Mar-DL-U). E chi lo ha fatto? 

PASTORE (FI). Certo non io, né il Parlamento italiano. Questo soggetto non ha la possibilità di venire incontro ai suoi creditori, se non vendendo il cospicuo patrimonio di cui è dotato. Il senatore Eufemi ha presentato la pregiudiziale sugli articoli 1 e 2, ma non sull’articolo 3; però, sa benissimo (o almeno dovrebbe sapere) che senza la costituzione di un soggetto diverso, al quale possa essere applicato un regime particolare di liquidazione, l’articolo 3 non potrà rimanere in piedi. In altre parole, se approvassimo un provvedimento che sic et simpliciter stabilisse che non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive, che le procedure esecutive pendenti vengono dichiarate estinte, che i pignoramenti eseguiti non hanno efficacia, che i debiti insoluti non producono interessi, non potremmo prevedere una norma che si riferisca all’Ordine Mauriziano, perché essa sarebbe palesemente e patentemente incostituzionale. Allora, come si è fatto in altre situazioni, con questo provvedimento si è compiuta un’operazione di separazione. Si è stralciato dall’Ordine Mauriziano - che ha funzioni ospedaliere e gode della tutela costituzionale - il patrimonio immobiliare, conferendolo in una fondazione alla quale poi si applicherà una procedura di liquidazione simile a quella conosciuta nell’ambito delle procedure concorsuali, per le quali è ammissibile la sospensione degli interessi, l’inefficacia dei pignoramenti eseguiti, il divieto di intraprendere azioni esecutive, e così via. Se non si facesse questo (mi rivolgo al senatore Eufemi, che forse ama tanto l’Ordine Mauriziano da dimenticare le conseguenze cui esso potrebbe andare incontro), proseguirebbero le azioni esecutive, se ne intraprenderebbero di nuove, i crediti produrrebbero interessi, i pignoramenti giungerebbero all’esito per il quale sono stati iniziati. In definitiva, l’Ordine Mauriziano verrebbe divorato dai creditori e cesserebbe anche quella funzione fondamentale socialmente utile, peculiare e meritoria svolta da tale Ente, ossia la titolarità dei presìdi ospedalieri, che invece, appunto, gli viene conservata con il decreto-legge in esame. Ciò non vuol dire che il provvedimento sia perfetto ed inappuntabile e che non si possa fare meglio, ma le osservazioni svolte a proposito dell’urgenza si fondano su un presupposto inesistente, cioè che ove non approvassimo questo disegno di legge si potrebbero risolvere i problemi dell’Ente. Se il Governo ha prospettato questa situazione molto delicata e particolare è perché, evidentemente, la condizione in cui versa l’Ente non ammette ulteriori rinvii. Tra l’altro, mi risulta - è una valutazione politica che rimetto all’Assemblea - che questa procedura il Governo l’ha adottata dopo aver non solo sentito ma anche condiviso questa scelta con gli enti locali interessati: partire dal Comune e arrivare alla Regione passando anche per la Provincia. 

Questo per far capire che c’è una valutazione del territorio estremamente preoccupata per la situazione dell’Ordine Mauriziano che ha convenuto su questo tipo di provvedimento. Credo, inoltre, che la vicenda meriti un approfondimento che, se non sarà possibile ora in Aula, andrà fatto nei giorni a venire; altrimenti, sarebbe cosa estremamente negativa sotto tutti i profili. (Applausi dal Gruppo FI e del senatore Morselli). 

D'ALI', sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. D'ALI', sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il parere del Governo sulla questione pregiudiziale è assolutamente contrario. Vorrei ricostruire brevemente l’atteggiamento del Governo e chiarire come esso ritenga che la sua iniziativa sia assolutamente aderente al dettato costituzionale. Il Governo, nei primi mesi del 2002 (quindi, appena insediato), allarmato dalle relazioni che provenivano dall’Ente dell’Ordine Mauriziano di Torino, ha disposto un’ispezione congiunta del Ministero dell’interno e del Ministero dell’economia, preposti al controllo di quegli atti che, peraltro, negli ultimi anni non erano pervenuti all’esame delle proprie competenti direzioni generali, ma assunti in assoluta autonomia e allarmato anche dal fatto che iniziative della magistratura, sia ordinaria che contabile, avevano giustamente attivato tutta una serie di analisi e di approfondimenti della gestione di quell’importante Ente ospedaliero. A seguito dell’ispezione, è stato inevitabile disporre il commissariamento, essendosi riscontrato un fortissimo indebitamento accumulato dall’Ente negli anni pregressi e prospettandosi certamente una situazione di ordinaria gestione assolutamente non compatibile con le risorse dell’Ente stesso e con i normali equilibri di bilancio di un ente ospedaliero. 

Purtroppo, la gestione commissariale, come tale, non è nella facoltà di assumere determinazioni per il risanamento e il riordino complessivo dell’Ente. (Brusìo in Aula). PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, il signor Sottosegretario sta illustrando la posizione del Governo su un provvedimento controverso. Vi prego quindi di non disturbare. 

D'ALI', sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo, quindi, intendeva in primo luogo rispettare la tradizione dell’Ente ospedaliero dell’Ordine Mauriziano e, in secondo luogo, il dettato costituzionale non solo della XIV Disposizione transitoria e finale, ma anche e soprattutto l’evoluzione della normativa costituzionale da cinquant’anni a questa parte. Mi dispiace che il senatore Eufemi abbia citato solamente alcune sentenze e alcuni provvedimenti di legge fermandosi, nella sua esposizione, a trent’anni fa. Tutti sanno benissimo che la nuova normativa costituzionale impone che la materia sanitaria sia normata dalle Regioni e pertanto il Governo ha inteso rispettare sia la fondante normativa costituzionale, anche se sotto forma di norma transitoria, sia la norma attuale di gestione dell’assetto istituzionale del Paese, che prevede che la materia sanitaria venga normata dalle Regioni. Quindi, la soluzione che il Governo prospetta è il mantenimento dell’Ordine Mauriziano come ente ospedaliero nella sua essenziale connotazione, restando in capo allo stesso i presìdi ospedalieri, che ne contraddistinguono il patrimonio. Vorrei anche chiarire che, quando il Governo suggerisce di mantenere i presìdi ospedalieri Umberto I e l’Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo, per presìdi ospedalieri intende proprio tutta l’organizzazione che ruota attorno al fatto ospedaliero e non già le mura dell’Umberto I, che vanno ad essere conferite alla Fondazione Ordine Mauriziano, come suggerito dalla Ia Commissione in sede di approvazione degli emendamenti e non già, certamente, dall’Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo, che sappiamo non essere di proprietà dell’Ordine Mauriziano, bensì della Fondazione Agnelli. Il Governo non potrebbe disporre di cose che non sono sue. Sappiamo, peraltro, che l’ente ospedaliero dell’Ordine Mauriziano ha un presidio in quel sito, nel senso che lo ha attrezzato e vi ha speso anche notevolissime cifre per dotarlo delle più moderne attrezzature sanitarie e di quella impalcatura indispensabile ad un ospedale dedicato alla ricerca ed alla specializzazione, come è l’Istituto di Candiolo, che sappiamo costituire un impegno notevole. Rimane il problema della migliore possibile utilizzazione degli altri beni attualmente in capo all’Ordine Mauriziano. Purtroppo, non si può non prendere atto - come ha detto il presidente Pastore - del fatto che l’Ordine è gravato in questo momento da 350 milioni di euro di debiti. Il Governo immagina quindi di salvaguardare, ai fini della loro destinazione e valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e storico, in chiave regionale, sabauda, piemontese, i beni di maggiore rilevanza, prima fra tutti la Palazzina di Stupinigi. Il restante complesso dei beni è destinato al rientro dalle esposizioni debitorie e al ripianamento delle passività, ma in maniera residuale. Quanto sarà venduto sino alla concorrenza del pagamento delle passività sarà utilizzato per quella finalità e con le modalità previste all’articolo 3. Naturalmente, quanto meno si potrà alienare, tanto più ne saremo contenti. Quella parte cospicua di non alienato, che rimarrà in capo alla Fondazione, alimenterà quegli scopi ulteriori, anche se non principali, dell’Ordine e dell’Ente ospedaliero, come la beneficenza e l’attività sanitaria. Tra l’altro, come sappiamo, ci sono beni di natura ecclesiastica non alienabili, che ovviamente resteranno nel patrimonio della Fondazione, anche se non ad essa conferiti per il carattere culturale e per la storia sabauda e piemontese, come previsto dal comma 5 dell’articolo 2, per la cui dotazione lo stesso decreto allega una tabella di enti, specificatamente e tassativamente individuati. Il debito della Regione Piemonte nei confronti dell’Ordine Mauriziano è compreso nel piano di riordino e di ripiano delle passività. Infatti, la Regione Piemonte riconoscerà i 60 milioni di debito all’Ente Mauriziano, che costituiranno una prima decurtazione dai 350 milioni della passività totale. Successivamente, saranno alienati i beni, sino alla concorrenza di almeno 250 milioni, perché, nell’obiettivo di mantenere il maggior compendio di beni possibili in capo all’Ordine Mauriziano, la stessa Fondazione sta attivando le procedure per un eventuale mutuo di cui usufruire garantendolo con le mura dell’Ospedale Umberto I, che, rimanendo di proprietà della Fondazione, potrà essere dato in locazione alla stessa Regione Piemonte, quale immobile ove ubicare uno dei due presìdi sanitari del nuovo Ente ospedaliero. Come si vede, è un’attività complessa. Mi duole che dalla relazione di presentazione e dalla discussione sino ad ora effettuata non si sia potuta forse delineare con precisione. 

Il Governo rimane ad assoluta disposizione del Parlamento per ogni e qualsiasi chiarimento ed ha anche depositato agli atti della 1a Commissione le risultanze - ahimè dolorose - dell’ispezione disposta nel 2002 sull’attività di gestione dell’ente. Volendo mantenere questa vicenda nell’assoluta regolarità della finanza pubblica, cioè volendo consentire, in primo luogo, il rispetto della norma costituzionale che prevede il mantenimento dell’Ente ospedaliero mauriziano di Torino, secondariamente, della norma costituzionale che stabilisce che la sanità sia competenza attribuita alle Regioni e infine, naturalmente, il principio sancito dall’articolo 81, che non può consentire al Parlamento e al Governo di varare normative che incidano sulla finanza pubblica quando nelle disponibilità dell’oggetto sul quale andiamo a decidere vi è la possibilità di un riordino e riassetto delle attività dell’ente stesso, il Governo ha inteso, come ho detto, proporre al Parlamento una misura urgente. Ciò dal momento che, come ha evidenziato il presidente Pastore, nelle more della decisione di questi riordino e riassetto, è chiaro che le componenti negative dell’equilibrio finanziario dello stesso ordine continuano a produrre negatività. Infatti, tali componenti negative si fondono principalmente sull’esubero di alcune voci della spesa, come quella per il personale, rispetto alle attività svolte. Pertanto, occorre assolutamente che il provvedimento in esame venga rapidamente varato dal Parlamento, il quale, naturalmente, nella sua sovranità può decidere come vuole. Tuttavia, per quanto riguarda la pregiudiziale di costituzionalità, sottolineo nuovamente che, alla luce della norma costituzionale, nonché di tutti gli interventi, sia della Corte che delle leggi ordinarie che hanno già regolato la materia, come legge ordinaria è quella che stiamo andando ad approvare, il provvedimento in esame è nell’assoluto rispetto della normativa costituzionale. Invito pertanto il Parlamento a respingere la questione pregiudiziale. 

MALAN, relatore. Domando di parlare. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. MALAN, relatore. Signor Presidente, vorrei chiedere al senatore Eufemi se, alla luce delle considerazioni svolte dal rappresentante del Governo, che mi paiono rispondere ai quesiti di ordine costituzionale posti nella questione pregiudiziale da lui avanzata, non ritenga di ritirare tale questione. In caso contrario, chiederei un rinvio del voto e, di conseguenza, della discussione della restante parte del provvedimento, in modo da approfondire le tematiche di ordine costituzionale, alle quali mi pare il sottosegretario D’Alì abbia risposto, ed anche le altre connesse al provvedimento. Detto questo, resta fermo che, questo decreto varato dal Governo risponde senz’altro ad una forte necessità e viene incontro ad un’urgenza assoluta che è presente da tempo, essendo arrivati a questa misura dopo aver esperito ogni altra via per risolvere tale gravissimo problema. 

PRESIDENTE. Senatore Eufemi, ha inteso la proposta del relatore? 

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, mantengo la questione pregiudiziale, perché essa proponeva una linea alternativa a quella indicata proprio per incidere con l’articolo 3 sulla gestione commissariale, eliminando invece gli articoli 1 e 2, che non rappresentano altro che scatole istituzionali. Noi siamo contrari alle scatole istituzionali! (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e del senatore Zancan). BAIO DOSSI (Mar-DL-U). Bravo! 

EUFEMI (UDC). Preferiamo quindi procedere su questa linea; mi dispiace che il sottosegretario D’Alì abbia insistito sulla parte economico-finanziaria, sulla quale mi ripromettevo di insistere nel corso della discussione generale, separando quindi le questioni giuridico-costituzionali da quelle economico-finanziarie. Per queste ragioni, ritengo adeguata la proposta del relatore Malan di rinviare l’esame del provvedimento per avere un momento di meditazione. 

PRESIDENTE. Mi pare di capire che la proposta del relatore resti in piedi nonostante questa conferma della questione pregiudiziale da parte del senatore Eufemi. Quindi, se non ci sono osservazioni, possiamo rinviare l’esame del provvedimento alla settimana prossima. 

MALAN, relatore. Domando di parlare. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. MALAN, relatore. Il Governo mi segnala che c'è il pericolo di non arrivare in tempi utili all'approvazione di questo provvedimento. E se il Governo rileva una simile questione, mi sembra un fatto decisivo. 

PRESIDENTE. Quindi, lei ritira la proposta di rinvio; dobbiamo pertanto procedere alla votazione della questione pregiudiziale presentata dal senatore Eufemi. Colleghi, la questione pregiudiziale è già stata discussa; si tratta soltanto di metterla ai voti, a meno che non vi siano questioni diverse. 

LAURO (FI). Domando di parlare. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. LAURO (FI). Signor Presidente, si è parlato di questioni costituzionali, di questioni economiche ma ci sono anche questioni territoriali. Se un tale fatto si fosse verificato nel Mezzogiorno, avrebbe avuto grande rilievo su tutti i giornali d'Italia con la motivazione che le cose nel Mezzogiorno non funzionano. Mi fa piacere questa volta fare rilevare come anche al Nord certe cose non funzionino, allora noi del Sud vorremmo sapere come mai certe cose si verificano, caro Presidente. PAGANO (DS-U). Hai ragione! 

LAURO (FI). Soprattutto perché alcuni grossi personaggi, che oggi ci potrebbero indicare qui come sono andate certe cose, a volte si nascondono. PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione della questione pregiudiziale.

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 3227

PRESIDENTE. La seduta è ripresa. D'ALI', sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. D'ALI', sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, nel ribadire l’assoluta convinzione della regolarità costituzionale del provvedimento, ma preso atto delle date di presentazione dello stesso, ritengo che la richiesta di rinviarne l’esame alla settimana entrante sia compatibile con i tempi di conversione in legge del decreto-legge. Pertanto, il Governo non ha nulla in contrario ad un tale rinvio. Ripeto, il Governo rimane pienamente convinti dell’assoluta regolarità costituzionale del provvedimento e della sua validità ai fini di un urgente intervento su una materia ormai improcrastinabile. (Applausi del senatore Cambursano). PRESIDENTE. Poiché non si fanno osservazioni, così rimane stabilito.

VENERDI' 26 NOVEMBRE 2004 - Intervento Sen. Eufemi in Commissione Affari costituzionali: la battaglia per il riordino del Mauriziano

IN SEDE REFERENTE

(3227) Conversione in legge del decreto-legge 19 novembre 2004, n. 277, recante interventi straordinari per il riordino e il risanamento economico dell'Ente Ordine Mauriziano di Torino (Seguito dell'esame e rinvio)

Prosegue l'esame, sospeso nella seduta antimeridiana, con l'esame degli emendamenti, pubblicati in allegato al resoconto.

Il senatore EUFEMI (UDC) dichiara che con il provvedimento d'urgenza all'esame si procede a disciplinare l'Ordine Mauriziano con eccessiva leggerezza e approssimazione, ignorando sia il dibattito che si svolse in Assemblea costituente sulla XIV disposizione finale, sia le sentenze in materia della giurisdizione amministrativa: da questi atti emerge una qualificazione dell'Ordine Mauriziano quale ente unitario che svolge compiti inerenti l'assistenza sanitaria, la beneficenza, l'istruzione e il culto, come espressamente previsto dal suo statuto. La tutela che la XIV disposizione assicura all'Ordine Mauriziano deve intendersi, alla luce degli atti richiamati, come volta ad impedire una riduzione dei suoi compiti e delle sue finalità: la formula utilizzata dalla Carta costituzionale richiama infatti a suo avviso in modo sintetico tutti i fini statutariamente attribuiti all'Ordine, precludendo quindi al legislatore ordinario la possibilità di sottrarre i suoi beni dalle finalità cui li destina lo statuto stesso. Esprime la propria contrarietà alle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2, nonché al prefigurato spostamento del potere nella materia in esame dal Ministero dell'interno al Ministero per i beni culturali, mentre ritiene che le misure previste dall'articolo 3 siano condivisibili. Segnala altresì che nello Statuto dell'Ordine Mauriziano è prevista la presenza della Diocesi di Torino, mentre un'analoga disposizione non è contenuta nel decreto-legge all'esame; perplessità desta inoltre l'assenza di indicazioni in merito all'apporto della Regione Piemonte alla Fondazione Mauriziana, cui partecipa, a fronte del trasferimento di beni da parte dell'Ordine Mauriziano. Ritiene comunque indispensabile accertare le responsabilità di coloro che hanno condotto l'Ordine Mauriziano di Torino a un così ingente debito, tanto più grave in quanto il suo bilancio fino al 1995 era in attivo. Dopo aver segnalato che i vincoli imposti dal Codice dei beni culturali non impediranno probabili speculazioni, osserva come per il risanamento economico dell'Ordine Mauriziano sia preferibile una convenzione con la Regione; esprime ancora una volta la propria forte contrarietà al decreto-legge in esame, che a suo avviso presenta inequivoci profili di violazione della Carta costituzionale.

(3227) Conversione in legge del decreto-legge 19 novembre 2004, n. 277, recante interventi straordinari per il riordino e il risanamento economico dell'Ente Ordine Mauriziano di Torino (Seguito e conclusione dell'esame)

Riprende l'esame, sospeso nella seduta antimeridiana.

Il PRESIDENTE informa che la Commissione bilancio ha pronunciato un parere di nulla osta sul disegno di legge in titolo. Ricorda, quindi, che nella seduta precedente era stato esaurito l?esame degli emendamenti.

Il senatore EUFEMI (UDC) conferma le perplessità già esposte nella seduta di ieri, in particolare sotto il profilo della compatibilità costituzionale del decreto-legge e si riserva di rappresentare gli stessi argomenti critici nella discussione in Assemblea.

E? quindi conferito al relatore MALAN il mandato a riferire in Assemblea per la conversione in legge del decreto-legge, con le modifiche accolte nel corso dell?esame, richiedendo l?autorizzazione a riferire in forma orale.

MERCOLEDÌ 24 NOVEMBRE 2004 INTERVENTO IN COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI (1ª) SUL RIORDINO DELL'ENTE MAURIZIANO DI TORINO

Presidenza del Presidente PASTORE Intervengono i sottosegretari di Stato per l'interno D'Ali' e alla Presidenza del Consiglio dei ministri Ventucci.

(3227) Conversione in legge del decreto-legge 19 novembre 2004, n. 277, recante interventi straordinari per il riordino e il risanamento economico dell'Ente Ordine Mauriziano di Torino (Seguito dell'esame e rinvio)

Prosegue l'esame, sospeso nella seduta antimeridiana, con l'esame degli emendamenti, pubblicati in allegato al resoconto.

Il senatore EUFEMI (UDC) dichiara che con il provvedimento d'urgenza all'esame si procede a disciplinare l'Ordine Mauriziano con eccessiva leggerezza e approssimazione, ignorando sia il dibattito che si svolse in Assemblea costituente sulla XIV disposizione finale, sia le sentenze in materia della giurisdizione amministrativa: da questi atti emerge una qualificazione dell'Ordine Mauriziano quale ente unitario che svolge compiti inerenti l'assistenza sanitaria, la beneficenza, l'istruzione e il culto, come espressamente previsto dal suo statuto. La tutela che la XIV disposizione assicura all'Ordine Mauriziano deve intendersi, alla luce degli atti richiamati, come volta ad impedire una riduzione dei suoi compiti e delle sue finalità: la formula utilizzata dalla Carta costituzionale richiama infatti a suo avviso in modo sintetico tutti i fini statutariamente attribuiti all'Ordine, precludendo quindi al legislatore ordinario la possibilità di sottrarre i suoi beni dalle finalità cui li destina lo statuto stesso. Esprime la propria contrarietà alle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2, nonché al prefigurato spostamento del potere nella materia in esame dal Ministero dell'interno al Ministero per i beni culturali, mentre ritiene che le misure previste dall'articolo 3 siano condivisibili. Segnala altresì che nello Statuto dell'Ordine Mauriziano è prevista la presenza della Diocesi di Torino, mentre un'analoga disposizione non è contenuta nel decreto-legge all'esame; perplessità desta inoltre l'assenza di indicazioni in merito all'apporto della Regione Piemonte alla Fondazione Mauriziana, cui partecipa, a fronte del trasferimento di beni da parte dell'Ordine Mauriziano. Ritiene comunque indispensabile accertare le responsabilità di coloro che hanno condotto l'Ordine Mauriziano di Torino a un così ingente debito, tanto più grave in quanto il suo bilancio fino al 1995 era in attivo. Dopo aver segnalato che i vincoli imposti dal Codice dei beni culturali non impediranno probabili speculazioni, osserva come per il risanamento economico dell'Ordine Mauriziano sia preferibile una convenzione con la Regione; esprime ancora una volta la propria forte contrarietà al decreto-legge in esame, che a suo avviso presenta inequivoci profili di violazione della Carta costituzionale.

Ha quindi la parola il sottosegretario D'ALI' che sottolinea come il Governo, resosi immediatamente conto dello stato di precario equilibrio finanziario dell'Ordine Mauriziano di Torino, ha attivato nel 2002 un'ispezione svolta congiuntamente dal Ministero delle finanze e dal Ministero dell'interno, conclusasi nel giugno 2002 con una relazione dalla quale emerge come l'attuale dissesto finanziario sia imputabile soprattutto alle decisioni degli ultimi anni di gestione, assunte senza ottemperare agli obblighi di informativa e previa autorizzazione dei ministri competenti a vigilare: si riferisce, in particolare, all'aumento indiscriminato delle assunzioni di personale, che ammonta attualmente a circa 2000 unità. Per fare fronte a tale situazione è stato deciso, nel settembre del 2002, il commissariamento dell'Ente. Segnala che la gran parte dei beni immobili di natura agricola sono attualmente affittati, con contratti di scarsa redditività; quanto alle disposizioni di cui all'articolo 1, chiarisce che oggetto del trasferimento all'Ente Ordine Mauriziano sono i soli presidi ospedalieri, ossia le attrezzature e le attività sanitarie svolte, e non anche il bene immobiliare in cui esse si svolgono: l'edificio dell'Umberto I di Torino, in particolare, rientra nel patrimonio immobiliare che viene trasferito alla Fondazione di cui all'articolo 2 ed è escluso dalle procedure di alienazione, essendo più probabilmente destinato ad essere affittato alla Regione, assicurando così un profitto per l'Ordine stesso. Tale disposizione è a suo avviso pienamente coerente con la Costituzione vigente, che attribuisce alle Regioni competenze specifiche in materia sanitaria. L'articolo 2 istituisce la Fondazione Mauriziana, la cui denominazione può essere certamente modificata, e prevede altresì la costituzione di una Fondazione per la valorizzazione del patrimonio culturale di pertinenza sabauda esistente nella Regione Piemonte, cui viene attribuito il compito di valorizzare non solo i beni dell'Ordine Mauriziano, bensì anche quelli di altri enti, che abbiano le medesime caratteristiche; sottolinea al riguardo che la titolarità dei beni dell'Ordine resterà alla Fondazione Mauriziana, prevedendosi solo il conferimento in uso alla Fondazione di cui al comma 5, nell'intento di sgravare l'Ordine stesso dalla gestione di quei beni, assicurandogli peraltro la partecipazione alla Fondazione stessa. Segnala al senatore Eufemi che le misure recate dall'articolo 3 non possono essere considerate avulse dal contesto in cui sono poste: si tratta infatti di un regime transitorio dei beni, previsto per un periodo limitato al fine di consentire la realizzazione del piano di risanamento. Sull'emendamento 3.1 segnala che l'articolo 3, comma 1, lettera g) ha carattere autorizzatorio, richiedendosi in ogni caso il raggiungimento di una transazione. Quanto al problema della destinazione a fini non agricoli dei beni, ricorda che in merito è competente l'ente locale e che proposte emendative volte a rendere immodificabile la destinazione non possono a suo avviso essere accolte, senza violare le prerogative costituzionalmente tutelate degli enti locali. Si dichiara favorevole all'accoglimento di emendamenti che prevedano un monitoraggio della gestione dei beni in questione. In conclusione il Governo ritiene che il provvedimento in esame rappresenti l'unico strumento idoneo a garantire il mantenimento dell'Ordine Mauriziano di Torino e il perseguimento delle sue finalità in base alle sue effettive risorse finanziarie, che verranno così risanate. Mette infine a disposizione del Presidente della Commissione la relazione sulla situazione debitoria dell'Ente, informando che essa è stata a suo tempo trasmessa alla Corte dei conti e che sono in corso anche dei procedimenti giudiziari.

Il senatore EUFEMI (UDC) ringrazia il Sottosegretario per i chiarimenti forniti non ritenendo però condivisibile la scelta operata con la nomina del Commissario straordinario, e rilevando altresì che la previsione di trasferire i presidi sanitari all'Ente di cui all'articolo 1 e di affittare l'Umberto I alla Regione realizzi un meccanismo astruso e a suo avviso inefficace: appare invece preferibile che sia direttamente l'Ordine Mauriziano a stipulare una convenzione di tale contenuto con la Regione, assicurandosi i corrispondenti proventi e garantendo così la conservazione dell'unitarietà dell'Ordine stesso.

Martedì 9 novembre 2004 Intervento in aula su ddl aviazione civile

Discussione e approvazione del disegno di legge: (3104-D) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 settembre 2004, n. 237, recante interventi urgenti nel settore dell’aviazione civile. Delega al Governo per l'emanazione di disposizioni correttive ed integrative del codice della navigazione (Approvato dal Senato, modificato dalla Camera dei deputati, nuovamente modificato dal Senato e nuovamente modificato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà. 

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, solo poche considerazioni. La Camera, dunque, ha approvato con ulteriori modificazioni il testo del decreto-legge sul trasporto aereo. Le modifiche, però, sono sostanziali; le posizioni tra i due rami del Parlamento assolutamente divergenti su un punto centrale, quello delle concessioni aeroportuali. La scelta del contraente nelle gare d'appalto è un principio di buona amministrazione assolutamente generale, che riguarda tutti i servizi dello Stato di pubblica utilità ed è un principio previsto dall'articolo 97 della Carta costituzionale, rafforzato dalla normativa comunitaria di liberalizzazione dei mercati. Così come vanno ricordate le pronunce del Consiglio di stato, laddove in materia di concessione di servizi pubblici non può prescindersi per l'applicazione dei principi generalissimi del diritto comunitario da procedure adeguatamente trasparenti e pubblicizzate di affidamento in linea con la normativa vigente. Non si può sostenere la tesi che coloro che gestiranno tutti gli aeroporti italiani, oggi e domani, saranno sempre soggetti privati già insediati presso gli aeroporti e quindi in contrasto con la libera concorrenza non solo all’interno del Paese, ma all'interno dell'Unione Europea. Siamo di fronte, pertanto, ad una grave responsabilità, quella di approvare un testo che non ci convince, oppure determinare la decadenza del decreto, rispetto a norme che rappresentano veri e propri abusi. 

Noi riteniamo che il Senato debba approvare il testo del decreto come pervenutoci dalla Camera perché, pur essendo convinti delle ragioni che abbiamo richiamato, fermo restando che il Senato della Repubblica aveva giustamente indicato la strada della gara d'appalto, assuma comunque l'iniziativa di un autonomo progetto legislativo che copra questa esigenza inderogabile. Siamo di fronte, dunque, ad una difficile scelta. Bene ha fatto ieri il vice ministro Tassone, nella seduta di Assemblea alla Camera, così come aveva fatto giovedì scorso in Senato, a richiamare l'attenzione sulla delicatezza della materia e sui possibili rischi derivanti dalla mancata conversione di un decreto-legge così importante. 

Va sottolineato che tutta l'impostazione del Senato, improntata a trasparenza, è stata cancellata da modifiche peggiorative della Camera, nella prima e più forte edizione e nella seconda versione più affievolita; è un fatto che dobbiamo denunciare. Avviandomi alla conclusione, con queste riserve, desidero richiamare l'attenzione sull'opportunità di un impegno del Governo a recepire le indicazioni dell'Aula, nel senso di ripristinare la norma che conferma la volontà espressa dal Senato. (Applausi dal Gruppo LP e della senatrice Donati

Martedì 28 settembre 2004 Intervento sui mutui (Emendamento presentato dal sen. Eufemi)

Seguito della discussione del disegno di legge: (3097) Conversione in legge del decreto-legge 3 agosto 2004, n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di personale del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA), di applicazione delle imposte sui mutui e di agevolazioni per imprese danneggiate da eventi alluvionali (Relazione orale)

 PRESIDENTE. 

L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 3097. Ricordo che nella seduta pomeridiana del 22 settembre il relatore ha svolto la relazione orale ed è stata dichiarata aperta la discussione generale. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà. 

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, intervengo sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 3 agosto 2004, n. 220, per richiamare in particolare l'attenzione dell'Assemblea sulle disposizione dell'articolo 2. Esprimo apprezzamento, onorevole Ventucci, per la tempestività del Governo nel correggere una norma contenuta nel decreto-legge n. 168 del 2004, chiarendone il significato ed evitando così una situazione di incertezza. Con tale articolo si fornisce l'interpretazione autentica del comma 6 dell'articolo 1-bis del decreto-legge n. 168 del 2004 in materia sostitutiva sui mutui immobiliari che aveva ingenerato dubbi e difficoltà applicative. Sembrava che l'incremento di aliquota colpisse non solo i contratti di mutuo stipulati per l'acquisto di abitazioni che non fossero prima casa, ma tutte le forme di finanziamento erogate per l'acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di immobili ad uso abitativo diversi dalla prima casa. Anche se non va sottaciuto che possono emergere pratiche elusive volte ad evitare il pagamento dell'aliquota maggiorata del 2 per cento. Già nel corso dell'esame in Commissione finanze del precedente decreto avevo sollecitato un intervento urgente per definire in modo chiaro il dettato normativo, affermando in modo esplicito che l'aliquota sostitutiva si applica nella misura del 2 per cento ai soli finanziamenti erogati per l'acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze non riferibili ad immobili definiti come "prima casa" dalla vigente normativa in materia di imposta di registro (decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986). 

Le disposizioni di cui agli articoli 15, 17 e 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973 individuano un regime tributario agevolato per alcune operazioni di credito a medio e lungo termine poste in essere dalle banche. In particolare, risultano agevolate le operazioni di concessione di mutui relativi all'acquisto di abitazioni. Per tali operazioni è dovuta - da parte dagli enti che pongono in essere operazioni di finanziamento a medio e lungo termine (e gli atti relativi) - un'imposta sostitutiva nella misura dello 0,25 per cento in luogo delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali, nonché delle tasse sulle concessioni governative. 

Ai sensi dell'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973 il regime agevolativo riguarda le operazioni di finanziamento di durata contrattuale superiore a diciotto mesi poste in essere da "aziende e istituti di credito e da loro sezioni o gestioni che esercitano, in conformità a disposizioni legislative, statutarie o amministrative, il credito a medio e lungo termine": nella sostanza, tutte le banche, a seguito delle successive riforme dell'ordinamento bancario, hanno fatto venir meno le specializzazioni tra operatori del settore del credito. 

Orbene, il medesimo regime di favore (rappresentato dall'imposizione sostitutiva) non trova applicazione con riferimento alle operazioni di mutuo, generalmente finalizzate all’acquisto della prima casa, poste in essere dagli enti previdenziali a favore dei propri dipendenti ed iscritti. Infatti, come più volte confermato dalle interpretazioni ministeriali, il regime tributario dei mutui erogati dagli istituti previdenziali può riassumersi nei seguenti termini: l'attività di concessione dei mutui costituisce un'operazione rilevante agli effetti dell'IVA che rientra nella previsione esentativa, di cui al citato articolo 10, n. 1), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972; per il principio di alternatività fissato dall'articolo 40 del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, l'imposta di registro è dovuta in misura fissa (euro 129,11), trattandosi di "atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all'imposta sul valore aggiunto (...)"; la garanzia ipotecaria prestata dal mutuatario non è soggetta all'imposta di registro, la quale è invece applicabile, ai sensi dell'articolo 6 della tariffa, parte prima del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 131, quando la garanzia sia prestata da un terzo datore o fideiussore; l'iscrizione ipotecaria è soggetta all'imposta ipotecaria nella misura proporzionale del 2 per cento sull'ammontare del credito garantito (articolo 3 del Testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecarie e catastali approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, e articolo 6 della tariffa dello stesso Testo unico); le successive annotazioni per cancellazione di ipoteca sono soggette all'imposta ipotecaria nella misura proporzionale dello 0,50 per cento (articolo 13 della tariffa sopracitata); l'atto di concessione di mutuo in esame, è infine, soggetto all'imposta di bollo nella misura di euro 10,33 per ogni foglio (articolo 1 della tariffa allegato A - parte prima - del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642), in quanto non rientra tra le prestazioni previdenziali obbligatorie esenti elencate nell'articolo 9 della tabella allegato B annessa al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972. 

La situazione sopra descritta comporta una penalizzazione per i mutui erogati dagli enti, istituti e casse previdenziali che non appare giustificata sul piano dell'equità e può anche risultare svantaggiosa in relazione al conseguimento dei risultati attesi per le operazioni di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, portate avanti in questi anni, operazioni che vengono spesso assistite con l’erogazione di finanziamenti agli acquirenti da parte degli enti previdenziali. L'emendamento che ho presentato, dunque, onorevole rappresentante del Governo, interviene ad eliminare la ricordata disparità di trattamento con effetti assai limitati sul piano del gettito (che riguardano sostanzialmente le entrate relative alle imposte ipotecarie) e che possono considerarsi compensati dagli effetti positivi sul piano del più agevole conseguimento dei programmi di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico. 

Ad ogni buon conto, l'emendamento che ho presentato reca una specifica copertura degli oneri finanziari che sconta già il parere favorevole della Commissione bilancio nei limiti finanziari indicati. Sono state quindi abbondantemente fugate le perplessità rappresentate dal presidente Pastore in Commissione affari costituzionali rispetto all’opportunità di estendere le agevolazioni, di cui all'articolo 2 del decreto-legge, alle operazioni di mutuo relative all'acquisto di abitazioni poste in essere da enti previdenziali in considerazione della specificità di un meccanismo quale quello della erogazione di mutui che non appartiene solo al sistema bancario ma anche ad altri soggetti; cosa questa di cui occorre tenere conto facendo prevalere ragioni di equità rispetto ad una proposta di grande valore sociale come è appunto quella di favorire l'accesso alla proprietà della abitazione. 

A tale riguardo, posso assicurare che in specifiche risoluzioni dell’Agenzia delle entrate come pure in decisioni delle Commissioni tributarie provinciali - cito quella di Benevento che mi è pervenuta - trovano conforto le nostre argomentazioni deliberando che se la finalità principale degli enti previdenziali è quella della gestione dei trattamenti previdenziali pensionistici e di fine rapporto non meno rilevante è l'attività creditizia di concessione di prestiti e mutui: anche se non viene esercitata la raccolta del risparmio come da parte degli istituti di credito, viene tuttavia esercitata sostanzialmente l'attività di operazioni di credito a medio e lungo termine in conformità a disposizioni legislative, statutarie o amministrative nei confronti dei propri iscritti. Opinando diversamente sarebbero penalizzati gli iscritti, che usufruirebbero di un mutuo ad un costo maggiore di quello concesso da istituti di credito in quanto oltre al tasso di interesse dovrebbero pagare anche l'importo dell'imposta ipotecaria non potendo usufruire delle agevolazioni fiscali previste. 

Con questa proposta emendativa non si agevolano gli interventi speculativi, ma l'accesso alla prima casa quando il mutuo è erogato, non dal sistema bancario, bensì dal fondo di previdenza. E' un problema di equità che si concretizza nell'aliquota dello 0,25 per cento piuttosto che del 2 per cento sulle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali, nonché sulle concessioni governative. Non è cosa di poco conto per le giovani coppie, per i coniugi che si avviano a costruire il proprio futuro e che, in quel particolare momento della vita, hanno oneri notevoli da sostenere. L'altra questione che ho evidenziato attraverso una proposta emendativa è la necessità di correggere l’iniquità che si determina tra i diversi soggetti sul condono fiscale attraverso il comma 44, articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Sono stato spinto in questo senso dall’approvazione in Commissione di un emendamento, il 2.7 del relatore Malan, che per altri aspetti supera proprio il problema di soggetti che presentano bilanci non coincidenti con l'anno solare. 

Tutti i contribuenti hanno potuto beneficiare del condono per cinque esercizi nell’ipotesi di esercizio 1° gennaio-31 dicembre; i contribuenti con esercizio a cavallo di un anno (ad esempio, 1° luglio-30 giugno e tra questi rientra soprattutto il mondo della cooperazione) hanno potuto beneficiare anziché per quattro esercizi, per soli tre esercizi del provvedimento di condono. Questa ingiustizia è stata riconosciuta dalla stessa Amministrazione finanziaria. 

Con la soluzione proposta si consente la definizione anche degli esercizi non coincidenti con l'anno solare i cui termini di presentazione delle relative dichiarazioni siano scaduti successivamente al 31 ottobre 2002 (termine stabilito dalle norme della legge n. 289 del 2002) a condizione tuttavia che le relative dichiarazioni siano state presentate entro il 31 ottobre 2003. In altri termini, rientrano nelle procedure di definizione anche gli esercizi non coincidenti con l'anno solare in corso al 31 dicembre 2001, i cui termini dichiarativi siano scaduti in data successiva al 31 ottobre 2002, nonché quelli in corso al 31 dicembre 2002 la cui dichiarazione sia stata presentata entro il 31 ottobre 2003. 

Le proposte di modifica ai commi 47, 48 e 52 sono consequenziali. Ne deriva che le definizioni previste dai commi indicati sono ammesse anche con riguardo ai periodi di imposta non coincidenti con l'anno solare, ossia ai periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2001. Con la modifica di cui al comma 48 si permette di definire, con riguardo alle imposte di registro ipotecarie, catastali, sulle successioni e donazioni e sull'incremento di valore degli immobili, gli avvisi di rettifica e liquidazione per i quali alla data del 1° gennaio 2004 non siano ancora spirati i termini per la proposizione del ricorso, ovvero gli inviti al contraddittorio previsti dall'articolo 11 del decreto legislativo n. 218 del 1997, per i quali alla medesima data non sia ancora intervenuta la definizione. Concludo il mio intervento formulando l’auspicio che il decreto-legge in esame possa essere migliorato attraverso le integrazioni che ho rappresentate, facendo prevalere le evidenti ragioni di equità.

SENATO DELLA REPUBBLICA —————— XIV LEGISLATURA ——————

660a SEDUTA PUBBLICA RESOCONTO SOMMARIO E STENOGRAFICO MARTEDÌ 28 SETTEMBRE 2004 (Pomeridiana)

*EUFEMI (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto. 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, il Gruppo UDC esprime voto favorevole sul decreto-legge n. 220 con le integrazioni apportate oggi in Assemblea. Valutiamo positivamente le disposizioni relative al personale del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, nonché quelle riguardanti gli interventi ulteriori per i soggetti che hanno subito l’alluvione nel 1994 in Piemonte. 

In particolare, esprimiamo apprezzamento per la tempestività con la quale il Governo è intervenuto nel correggere con una norma interpretativa le disposizioni fiscali sui mutui immobiliari, evitando in tal modo ogni dubbio e difficoltà applicativa sui contratti di mutuo stipulati per l’acquisto delle abitazioni che non sono prima casa ed evitando distinzioni tra le diverse forme di finanziamento. 

Su iniziativa del Gruppo UDC è stata evitata una importante penalizzazione per i mutui erogati da enti, istituti e casse previdenziali, privilegiando i princìpi di equità e le finalità delle operazioni di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico. Viene dunque eliminata una disparità di trattamento con effetti positivi sui programmi di dismissione. Si favoriscono non interventi speculativi, ma l’accesso alla prima casa con minimi oneri fiscali, senza distinzione tra i soggetti erogatori dei finanziamenti. Inoltre, è stato ripristinato in modo chiaro ed inequivocabile il diritto acquisito per il personale in servizio all’estero di concludere il periodo di insegnamento nel rispetto di quanto fissato nel contratto. 

Per tutte queste ragioni esprimiamo il voto favorevole del Gruppo UDC. (Applausi dal Gruppo UDC e del senatore Bettamio).

Martedì 3 agosto 2004 -  Intervento su DPEF in Commissione Finanze e Tesoro

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2005-2008 (Doc. LVII, n. 4) (Parere alla 5a Commissione. Esame. Parere favorevole con osservazioni)

Il senatore EUFEMI (UDC) rimarca positivamente il contributo offerto dalle audizioni svolte dalle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, dalle quali emerge una pluralità di commenti sul valore della procedura di valutazione del Documento di programmazione che chiamano in causa direttamente una riforma complessiva dell'esame dei documenti di bilancio. 

Nel merito, il Documento presenta delle linee guida programmatiche, la realizzazione delle quali è affidata però a provvedimenti e misure di cui manca una indicazione più puntuale. Il rispetto della disciplina contabile, invece, avrebbe dovuto consigliare un maggiore dettaglio sugli strumenti che il Governo intende utilizzare per raggiungere gli obiettivi, dando al contempo modo al Parlamento di indirizzare l'azione di Governo attraverso la risoluzione. Condivide l'analisi degli effetti della trappola della bassa crescita nella quale versa l'economia italiana e prende atto della rilevanza della manovra correttiva per il 2005, facendo salvi i settori della scuola, della sanità, della sicurezza. Proprio per tali esclusioni, esprime tuttavia la preoccupazione per la assenza di indicazioni precise circa i settori maggiormente coinvolti nella riduzione della spesa corrente. Per quanto riguarda la politica fiscale, fa presente che un'elevata pressione fiscale, in determinate condizioni, può anche coniugarsi con un tasso elevato di sviluppo. Per quanto riguarda il sostegno alle imprese, condivide la trasformazione dei contributi in conto capitale con le agevolazioni in conto interessi a valere sul Fondo rotativo, ma mette in guardia dal rischio che una riforma dei meccanismi agevolativi determini un periodo transitorio di confusione e di sostanziale blocco delle erogazioni. 

In generale, esprime un giudizio positivo sul Documento, ma rileva criticamente come esso non affronti in maniera adeguata il problema della scarsa competitività delle imprese italiane: nulla viene detto in relazione alla eliminazione dei fattori che incidono pesantemente sui costi produttivi, nulla viene indicato per quanto riguarda la sostanziale riduzione dell'IRAP sul complesso dell'apparato produttivo. A suo parere infatti la proposta del Governo sull'IRAP appare eccessivamente cauta. Esprime poi preoccupazione per la possibile sovrastima del gettito delle entrate per il 2005, anche in considerazione dei rilievi espressi dalla Corte dei Conti per quanto riguarda l'andamento delle entrate correnti. Un'ulteriore valutazione non coincidente con gli obiettivi proposti dal Governo concerne le ipotesi di riduzione della imposta sul reddito delle persone fisiche. 

Lo scenario di una IRPEF a tre aliquote non è condivisibile, poiché rischia di mettere in ombra uno dei settori maggiormente meritevoli di attenzione, cioè il reddito familiare. A tale proposito ricorda che il Governo aveva respinto l'introduzione di misure a sostegno dei redditi familiari quali lo splitting o il quoziente familiare, argomentando che tali strumenti non si confacevano ad un sistema tributario fondato su due sole aliquote. 

Un'ultima considerazione concerne la strategia complessiva del Governo per rilanciare l'economia nazionale: non condivide la scelta di puntare sulla crescita stimolata dalla domanda dei beni di consumo, mentre invece andrebbe privilegiato un intervento che riduca prioritariamente la spesa corrente. 

Solo successivamente un'azione di rilancio dei consumi dovrebbe privilegiare un recupero di equità e giustizia sociale, anche attraverso misure a sostegno delle famiglie e, soprattutto, a favore di quei contribuenti il cui livello di reddito non consente di beneficiare degli sconti fiscali (cosiddetti incapienti).

MARTEDÌ 22 GIUGNO 2004 - Seguito della discussione congiunta del disegno di legge: (2742) Disposizioni per l'adempimento di obblighi comunitari derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004 (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) e del documento: (Doc. LXXXVII, n. 4) Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione Europea (anno 2003)

*EUFEMI (UDC). Signor Presidente, onorevole Ministro, colleghi senatori, il dibattito odierno acquista un significato particolare perché si svolge dopo un avvenimento storico, l'allargamento dell'Europa ai Paesi dell'Est europeo, e dopo le conclusioni del Consiglio europeo sul Trattato costituzionale. Questo ci consente qualche più ampia riflessione. Alle "porte strette" della Conferenza intergovernativa si sono aggiunte quelle dell'ultimo Consiglio europeo. Se con l'allargamento si raggiunge il traguardo di un processo ambizioso, fissato nel 1993 nel Consiglio europeo di Copenaghen per superare i conflitti e le divisioni in Europa, con la Costituzione europea si fissano le nuove regole per il suo funzionamento. Certo, è stato raggiunto un difficile compromesso: un precario equilibrio che privilegia gli egoismi di taluni Stati, che dimentica le radici cristiane dell'Europa e che rappresenta una soluzione che permette di andare avanti nell'incertezza della ratifica del trattato costituzionale; pur aprendo una seconda ondata di democrazia dopo l'istituzione dell'Euro, non stabilizza, non rafforza e non rende più efficienti e democratiche le istituzioni e soprattutto non soddisfa gli europeisti più convinti. Preoccupazioni, allora, sorgono rispetto al percorso ancora da definire. È un'Europa che si riunisce non solo in senso geografico ma anche politico, un'Europa che si è unita in senso economico, ma che non è riuscita a ritrovarsi - questo lo affermiamo nonostante l'azione del nostro Governo - anche in senso culturale, spirituale e sulle sue radici. Senza rafforzare l'identità culturale si rischia di realizzare un meccanismo politico-amministrativo "senza anima". Dobbiamo riconoscere che è stata svolta ogni azione per affermare una Costituzione dell'Europa unita che richiamasse i valori della cristianità: quei valori che hanno dato vita all'Europa, all'affermazione dei valori cristiani, pur con la consapevolezza di appartenere alla stessa civiltà ricca delle proprie diversità in cui la modernità laica si coniuga con il sentimento religioso e non afferma una primazia dello Stato laico, come si è tentato di giustificare. 

Dobbiamo ringraziare il ministro degli affari esteri Franco Frattini per la sensibilità e il colloquio costante con il Parlamento alla vigilia di così importanti decisioni, così come il presidente del Senato Pera per un insieme di iniziative culturali e scientifiche assunte per esaltare quel metodo induttivo caro a Monnet indispensabile a far crescere e diffondere il sentimento europeo. Occorrerà rafforzare tale azione nella fase che si apre e fino alla ratifica del Trattato costituzionale. Questo risultato negativo tempera la gioia dell'allargamento per chi ha visto e ha scolpito nella memoria la repressione della rivolta di Budapest, della Primavera di Praga, Danzica, Solidarnosc di Walesa, il crollo del Muro di Berlino e del comunismo, anche con il senso di responsabilità di Gorbaciov che ha evitato ulteriori tragedie. L'Europa che si riunisce non deve essere solo l'Europa degli interessi, ma anche l'Europa della solidarietà, dei cittadini e delle comunità. Un'Europa che si allarga con dieci nuovi Paesi, che diventa di 450 milioni di abitanti, che arriva a produrre un terzo del prodotto interno lordo mondiale ha bisogno di regole nuove e di una nuova disciplina del bilancio comunitario (tenendo conto soprattutto dei nuovi bisogni), oltre che di risorse adeguate che permettano di funzionare senza quei veti paralizzanti previsti agli albori del processo di costruzione. 

L'allargamento produrrà nuovi benefìci economici oltre quelli che sta producendo per i nuovi dieci Paesi aderenti, determinando nuovi fattori di dinamismo. Richiederà di certo principali politiche dell'Unione con una riforma della PAC già completata e della politica di coesione economica e sociale ancora in attesa della proposta della Commissione, benefìci nel settore della giustizia e degli affari interni nell'ambito della lotta al terrorismo, dei flussi immigratori incontrollati, alla criminalità organizzata e al traffico degli stupefacenti. Si tratta di problemi che richiedono una collaborazione stringente tra i Paesi che presidiano il territorio. Soprattutto sono i benefìci politici quelli che interverranno. È crescente l'esigenza di un ruolo unitario dell'Europa nella scena internazionale con una linea di politica estera comune e una auspicata più forte attenzione al problema della difesa comune. 

È per questo che la nuova Costituzione, pur con i suoi limiti, è indispensabile alla vita e alle prospettive di crescita dell'Unione Europea. Non possiamo poi non esprimere valutazioni sul secondo semestre di Presidenza italiano, che è stato caratterizzato da forti iniziative e notevoli successi. Nel 2003, proprio per impulso della Presidenza greca prima e italiana e irlandese poi, si è guardato all'obiettivo di dare forza al processo di ammodernamento del sistema economico europeo per accelerare il percorso di conseguimento degli ambiziosi traguardi fissati nel 2000. Attraverso i grandi orientamenti per la politica economica, caratterizzati da una sostanziale riduzione delle raccomandazioni, si è guardato a dare più efficacia alle priorità nell'ambito della governance economica. In questo quadro si è inserita l'iniziativa italiana del ministro dell'economia Tremonti del Piano di azione europea per la crescita. Il lungo lavoro della Presidenza italiana ha portato all'importante successo dell'approvazione dell'iniziativa per la crescita, nonché di un programma di rapido avvio di 56 progetti cantierabili nei settori dei trasporti, della ricerca, dell'energia e delle telecomunicazioni. Attraverso progetti infrastrutturali, si tratta di creare le condizioni di un miglioramento qualitativo delle reti europee materiali e immateriali destinate ad unire il mercato comunitario in funzione dell'allargamento, contribuendo alla crescita economica in un quadro di sostenibilità. Un punto particolarmente importante merita di essere segnalato, ed è lo sviluppo della competitività. Di fronte all'esigenza di una gestione più coerente e coordinata e alla necessità di una strategia integrata, di fronte al gap con gli Stati Uniti e con le economie emergenti dell'Asia, si è guardati all'eliminazione delle strozzature e degli ostacoli, creando investimenti nelle reti e nella conoscenza, forzando la crescita in termini qualitativi. 

Nell'ambito del rafforzamento della corporate governance, è stato altresì possibile raggiungere anche l'obiettivo di approvare, dopo oltre 14 anni di negoziato con voto unanime, la nuova disciplina europea delle OPA, con l'affermazione del principio "un'azione un voto". Nell'ambito della riforma del risparmio è in fase di recepimento la direttiva europea sul market abuse. Ancor più importante sarà il recepimento della direttiva sui servizi di investimento. Sul market abuse occorre fare presto in ragione della scadenza del 12 ottobre prossimo. Non dobbiamo accumulare ritardi; si trovino le soluzioni più idonee per rispettare la scadenza comunitaria. Il sistema finanziario dell'area dell'euro è un sistema ben sviluppato, nel quale gli strumenti intermediati (tramite il sistema bancario) e quelli non intermediati (detenuti direttamente dalla clientela) rivestono un'importanza pressoché equivalente. Lo sviluppo della tecnologia, e di Internet in particolare, ha mutato profondamente il rapporto tra intermediari, mercati ed investitori, ampliando in misura rilevante le possibilità operative degli intermediari, consentendo tipologie e livelli di operatività molto più estesi rispetto anche solo al recente passato, ma ponendo anche nuove problematiche legate al trattamento del cliente. La nuova normativa determinerà una maggiore protezione degli investitori, fattore centrale, se si desidera porre le basi per un nuovo sviluppo economico del nostro Paese e dell'Europa allargata. 

E il risparmio è fattore determinante per la crescita. Gli effetti sui mercati saranno forse ancor più articolati. In primo luogo si affermeranno, come ormai la dottrina sottolinea da tempo, una pluralità di mercati destinati a classi di operatori diverse. Le piattaforme che sapranno offrire opportunità di integrazione più marcate potranno attrarre flussi di lavoro e di investimenti sempre più rilevanti. Ma la visione tradizionale dei mercati, sempre più separati dagli intermediari e vincenti nei confronti di questi ultimi, è destinata ad essere fortemente corretta dall'evoluzione della tecnologia. Il confronto tra sistemi orientati ai mercati e quelli orientati agli intermediari è un confronto ormai obsoleto. L'esperienza statunitense conferma che sono stati proprio gli intermediari ad attivare, al proprio interno, nuovi mercati elettronici destinati prevalentemente alla propria clientela. Ciò significa che la competizione tra mercati e piattaforme viene diluita dalla veloce evoluzione del modello di business delle imprese di investimento, evoluzione dagli esiti oggi imprevedibili. La definizione di un quadro regolamentare più appropriato a questo contesto e lo sviluppo di nuove strategie da parte delle imprese di investimento rappresentano, soprattutto per un Paese ricco di risparmio privato come l'Italia, un passaggio denso di opportunità da non perdere. In conclusione di questo intervento vorrei segnalare, relativamente al problema del contenzioso, come il deficit dei recepimenti sia contenuto al 3 per cento. 

Questo dato ha consentito al nostro Paese (dando atto al ministro Buttiglione di questo risultato) di risalire dal quindicesimo al nono posto dello scoreboard europeo. Una posizione migliore di Paesi come Francia e Germania. Il trend di miglioramento è sensibile e permette di guardare con fiducia al raggiungimento dell'1,5 per cento di deficit stabilito dal Consiglio europeo di primavera, anche se va considerato che la continua produzione di nuove direttive pone un obiettivo in movimento e richiede uno sforzo continuo e costante da parte degli Stati membri. Va sottolineato dunque il miglioramento dello scoreboard, come pure il miglioramento dei tempi di approvazione della legge comunitaria. 

È necessario ora approvare urgentemente la legge Buttiglione-La Pergola trasmessa dalla Camera, che prevede la più attiva partecipazione delle Regioni sia in fase ascendente che in fase discendente, in linea con il nuovo Titolo V della Costituzione, e una migliore condizione di tutti gli attori nazionali per una più fattiva partecipazione nell'Unione Europea. Se faremo tutto ciò, avremo nei fatti realizzato una sessione sui problemi comunitari. Richiamo, infine, l'attenzione sul fatto che in Commissione 14a (e mi rivolgo al relatore, presidente Greco) sono stati approvati emendamenti senza forse una compiuta valutazione, che vanno corretti nel loro significato con opportune correzioni di cui, come UDC, ci facciamo carico perché sono in pieno contrasto con le valutazioni di migliorare la partecipazione. 

Onorevole Presidente, onorevole Ministro, onorevoli senatori, l'Europa avrà un futuro solido quanto più sarà estesa la legittimazione democratica e dunque diverrà essenziale il momento della decisione sulla Costituzione, riconoscendo e tutelando quei valori che sono a fondamento della civiltà occidentale e che costituiscono il patrimonio più prezioso dell'umanesimo europeo per realizzare un'Europa dei cittadini, una nuova Europa quale "Casa comune" che sappia promuovere sempre valori comuni, democrazia, giustizia e solidarietà.

MARTEDÌ 4 MAGGIO 2004 - Disposizioni urgenti in materia di enti locali

Presidenza del vice presidente DINI

Seguito della discussione del disegno di legge:

(2869) Conversione in legge del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 80, recante disposizioni urgenti in materia di enti locali (Relazione orale)

Approvazione, con modificazioni, con il seguente titolo: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 80, recante disposizioni urgenti in materia di enti locali. Proroga di termini di deleghe legislative

EUFEMI (UDC). L'emendamento 7.0.102 consente alle amministrazioni comunali e provinciali che abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno di superare i vincoli posti dalla legge finanziaria all'assunzione di personale a tempo indeterminato. (Applausi dal Gruppo UDC).

EUFEMI (UDC). Insiste per la votazione dell'emendamento 7.0.102 in quanto la norma non comporta spese e pertanto non è condivisibile il parere contrario espresso dalla 5a Commissione.

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, vorrei richiamare l’attenzione dell’Assemblea sull’emendamento 7.0.102.

Certamente l’azione di compressione della spesa può determinare risultati apprezzabili, ma deve essere condotta in modo intelligente. Il rischio, a volte, è di determinare invece effetti indesiderabili.

È il caso, infatti, di alcune amministrazioni comunali che hanno comportamenti virtuosi e anche amministrazioni provinciali che, a seguito delle disposizioni della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) possono assumere personale a tempo indeterminato solo con fortissime limitazioni.

La situazione dell’organico di alcuni enti presenta gravissime anomalie perché diventa difficile la programmazione delle attività. Si rischia infatti di avere un numero di lavoratori temporanei che sono in posizione squilibrata rispetto ai lavoratori dipendenti.

Si tratta di percentuali elevate quando anche gli orientamenti del CNEL in materia individuano un tasso di flessibilità ottimale pari ad una quota non superiore al 10 per cento.

Voglio citare il caso della Provincia di Milano (quindi non si tratta di una questione di collegio) che, a differenza di altri enti, ha una situazione finanziaria estremamente positiva, ha rispettato le regole del Patto di stabilità interno come prevede la legge n. 289 del 2002 e ha un rapporto tra spese correnti e costo del personale non superiore al 20 per cento.

In considerazione di questi elementi ed essendo disponibili numerose graduatorie concorsuali che vedono al loro interno la presenza di un altissimo numero di precari, attualmente in servizio, si propone con questo emendamento, che non determina un aumento di spesa, di consentire alla Provincia e agli enti locali in regola con il Patto di stabilità di poter assumere personale a tempo indeterminato oltre i limiti imposti dall’articolo 3 della legge finanziaria n. 350 del 2003. Ciò consentirebbe di coprire con personale di ruolo il 90 per cento dell’organico e ridurrebbe altresì la spesa relativa alle riassunzioni periodiche di circa 450 unità di personale, oltre ad avere benefici effetti sulla pianificazione dell’attività lavorativa dell’ente.

Non c’è quindi un peggioramento della spesa, perché resta inalterata; non c’è un peggioramento dei saldi, come ci vogliono far credere dalla Commissione bilancio, perché i saldi restano immutati.

Per queste ragioni, quindi, insisto per la votazione dell’emendamento. (Applausi dal Gruppo UDC).

EUFEMI (UDC). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, me ne avesse dato l'opportunità, avrei espresso parere contrario sull'emendamento 7.300 (testo 2) della Commissione, perché si tratta di una norma ordinamentale che non si capisce bene per quale motivo venga inserita in questo provvedimento.

In ogni caso, chiedo la votazione dell'emendamento 7.0.102 perché si tratta di valutare in maniera positiva il comportamento virtuoso delle amministrazioni comunali e delle Province. Ritengo assolutamente inconsistenti le valutazioni e i rilievi espressi dalla Commissione bilancio, perché il mio emendamento non comporta aumento di spesa: tale la spesa è e tale la spesa rimane.

Per queste ragioni chiedo l'appoggio di quindici colleghi perché l'emendamento sia messo ai voti.

MERCOLEDÌ 21 APRILE 2004 - Intervento su dibattito fiducia al governo su cartolarizzazioni

EUFEMI (UDC). Onorevole Presidente, onorevole rappresentante del Governo, sottosegretario Armosino, onorevoli colleghi, il Senato è chiamato alla conversione del decreto-legge n. 41 del 2004 sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia. Il Gruppo UDC voterà la fiducia al Governo senza riserve nella consapevolezza della rilevanza che il provvedimento assume sia in ordine agli obiettivi di finanza pubblica, sia in ordine alla valorizzazione dell'attivo e all'arretramento dello Stato nell'economia, anche per una più efficiente gestione del debito coniugando interessi generali e finalità sociali, coniugando finalità economico-finanziarie e solidarietà ed equità, recependo quei principi da noi fortemente sostenuti e sollecitati nei precedenti provvedimenti.

Non possiamo non tenere conto che questa nuova cartolarizzazione serve a fronteggiare esigenze finanziarie per il rimborso di sottoscrizioni di obbligazioni di precedenti cartolarizzazioni. Questo fatto impone che si faccia comunque un'operazione di verità sui conti pubblici incominciando dalla prossima trimestrale di cassa di cui, onorevole Sottosegretario, auspichiamo la presentazione in Parlamento perché quest'ultimo ha il diritto-dovere di conoscere i dati di bilancio prima che si apra il ciclo elettorale.

Sarebbe certo auspicabile che il ricavato delle cartolarizzazioni fosse destinato alla costruzione di nuove abitazioni, soprattutto per le giovani coppie. A tale riguardo sarebbe interessante, onorevole Sottosegretario, conoscere come le Regioni hanno speso i fondi che il ministro del Welfare Maroni aveva destinato alle Regioni per le giovani coppie che, ricordo, erano 161 milioni di euro fin dalla finanziaria del 2003.

Dicevo quindi che sarebbe opportuno che il ricavato delle cartolarizzazioni fosse destinato alle abitazioni per le giovani coppie, per politiche familiari più incisive e per alloggi militari, alla realizzazioni degli investimenti in infrastrutture che segnano il passo perché sono insufficienti le risorse per trasformare gli impegni in erogazioni.

Con questo provvedimento si interviene per sanare situazioni discriminatorie tra gli aventi diritto all'acquisto degli immobili pubblici. Discriminazione che è avvenuta non per inerzia degli inquilini o degli occupanti degli immobili, i quali hanno provveduto a far conoscere tempestivamente la propria opzione all'acquisto, ma per i ritardi delle strutture operative degli enti cui era affidato il compito di provvedere alle operazioni di dismissione.

Tali ritardi hanno avuto come conseguenza che alcuni enti hanno provveduto alle dismissioni che hanno fatto poi capo alla SCIP 1 mentre altri enti (o per letargo burocratico o per interessi della struttura a poter continuare ad amministrare gli immobili) non hanno provveduto alle dismissioni con la conseguenza che gli immobili inclusi nel programma hanno nel frattempo subito notevoli aumenti dei prezzi, come si è verificato in linea generale per tutto il mercato immobiliare.

Il provvedimento d'urgenza predisposto dal Governo, su sollecitazione di più parti politiche della maggioranza, ha il merito di aver sanato tale disparità. Purtroppo i tempi di scadenza del decreto-legge non hanno consentito di effettuare modifiche ulteriori rispetto a quelle già introdotte presso l'altro ramo del Parlamento. È auspicabile allora che il Governo si faccia carico di esaminare nell'ambito di altri provvedimenti diverse situazioni, alcune delle quali potrebbero essere corrette anche in via amministrativa, con una più attenta valutazione delle esigenze degli inquilini e degli occupanti gli immobili, compresi quelli del Ministero della difesa che con la legge n. 306 del 2003 sono stati inclusi tra quelli da dismettere.

Mi riferisco in particolare: ai limiti di reddito al fine di usufruire delle agevolazioni per la permanenza in locazione degli immobili per i quali non viene esercitata l'opzione di acquisto; ad una migliore precisazione della definizione di "centro storico" per l'individuazione degli immobili di pregio; alla possibilità di acquisto del solo usufrutto degli occupanti ultrasessantacinquenni o gravemente menomati per infermità fisiche, disgiunto dalla nuda proprietà che potrebbe essere acquistata da un terzo senza ulteriori vincoli. Mi riferisco ancora in linea generale alla possibilità di acquisto da parte di tutti gli inquilini o gli occupanti con le previste riduzioni del 30 per cento sul prezzo di mercato degli immobili.

Tale riduzione non rappresenta un benefit per l'inquilino ma è una regola del mercato immobiliare in tutti i casi in cui siano posti in vendita appartamenti occupati. A tal proposito, si segnala la sentenza del TAR del Lazio che, in relazione alla cartolarizzazione degli immobili delle ASL, ha deciso che tale riduzione compete a tutti gli aventi diritto. L'ulteriore riduzione del 15 per cento dovrà essere consentita in tutti i casi in cui vengano acquistati immobili per una quota superiore al 50 per cento dell'intera consistenza del fabbricato.

Si raccomanda inoltre di evitare contenziosi soprattutto per quanto riguarda gli immobili dell'amministrazione della difesa in relazione all'individuazione degli alloggi ubicati o meno all'interno delle infrastrutture militari.

Vi è un punto del quale mi sono fatto carico con uno specifico ordine del giorno il cui destino è ormai segnato dalle procedure parlamentari. Avendo il Governo ritenuto immodificabile questo provvedimento, auspico che la mia proposta possa essere responsabilmente tenuta nella giusta considerazione per le ragioni che illustrerò.

Consultando l'elenco delle unità abitative trasmesso al Ministero del tesoro per preventiva visione, il Dicastero della difesa ha agito in modo difforme, contraddittorio e discrezionale, onorevole Sottosegretario, rispetto a quanto previsto dalla norma di legge. Potrei fare alcuni esempi pratici con riferimento alla situazione verificatasi a Roma: lo Stato maggiore Esercito ha individuato gli alloggi da alienare attenendosi scrupolosamente alla legge, mentre lo stesso stato maggiore esercito in altra località, come Pordenone, ha escluso dall'elenco unità abitative che dovevano essere incluse. Ciò significa che alloggi nelle stesse situazioni, occupati da utenti nelle stesse identiche condizioni e requisiti di acquisto, sono stati trattati in modo diverso in relazione alla loro ubicazione geografica.

Vi è poi il caso di Roma dove, a differenza di quanto fatto da Stato maggiore esercito, l'Aeronautica militare non ha inserito in elenco alcun alloggio così che avremmo la paradossale situazione per cui sulla stessa Via della Pisana dove sono ubicati alloggi gestiti da Stato maggiore Esercito e Stato maggiore Aeronautica, la vedova del militare dell'esercito potrà acquistare l'alloggio mentre la vedova del generale Giorgieri, barbaramente trucidato dalle Brigate Rosse, non avrà questa possibilità anzi, come scritto dal sottocapo di stato maggiore, l'aeronautica dovrà avviare con immediatezza le azioni per il recupero degli alloggi.

Potrei citare un'altra contraddizione: a Ciampino in Via delle Mura dei Francesi nel comprensorio ubicato fuori da qualsivoglia struttura militare e dove sono ubicati alloggi gestiti da Esercito, Marina e Aeronautica, esercito e marina alienano gli alloggi mentre aeronautica non li vende. Infine, tanto per completare il quadro, si riscontra come l'elenco degli alloggi da alienare predisposto dalla difesa contiene un numero di unità abitative che sono non solo vuote ma anche vetuste e quindi da abbattere perché pericolanti.

Queste ragioni, onorevole sottosegretario, impongono una riflessione sul livello delle risorse ottenibili da questa fase di cartolarizzazione. Sono stati segnalati casi in cui non è stata presa in considerazione l’opzione dell’acquisto perché non formulata tempestivamente o perché fatta pervenire agli enti in maniera informale. Si tratta nella maggioranza dei casi di errori in cui sono incorsi gli interessati per incuria degli enti proprietari, che non hanno provveduto ad informare gli inquilini, come era loro dovere, sulle modalità e i termini per esercitare il diritto di opzione.

E’ stato anche rilevato come moltissimi conduttori che avevano risposto favorevolmente alle ricognizioni conoscitive non vincolanti degli enti e che hanno pertanto manifestato la volontà chiara ed esplicita all’acquisto nelle modalità richieste dagli enti stessi potrebbero essere esclusi dall’intervento normativo. Abbiamo contezza di migliaia di conduttori che non hanno inviato la raccomandata spontanea entro il 31 ottobre del 2001 e che si troveranno in una situazione di evidente disparità rispetto ad altri soggetti dello stesso stabile. Molte volte si tratta di persone non abituate a leggere le Gazzette Ufficiali e molto spesso non tanto fortunate da avere la giusta informazione. Dobbiamo dunque farci carico anche di queste situazioni di disagio sociale.

Ma vi è un altro punto. Con l’ordine del giorno G3.154 del senatore Gentile, relatore di questo provvedimento, e accolto dal Governo in altra occasione, era stato posto il problema dei cosiddetti sine titulo. Esso è determinato, come è noto, dalle gravi difficoltà per il reperimento di alloggi, che hanno dato luogo nel tempo a numerosi casi di conduzione di fatto di unità immobiliari di proprietà di enti pubblici. L’impegno assunto, nonostante le ripetute e varie iniziative parlamentari, accompagnate da istanze di carattere sociale, non ha avuto finora concreti e positivi sviluppi attuativi.

La volontà di estendere i diritti di opzione e prelazione nell’acquisto di immobili di proprietà degli enti previdenziali anche agli occupanti senza titolo degli immobili stessi era stata subordinata alla condizione di limitare l’applicazione del beneficio nel tempo e alla posizione regolare degli interessati relativamente al pagamento dei canoni di locazione. Il tempo trascorso dalla formulazione di tale proposta ha visto le condizioni del Paese non certamente evolute in senso positivo, per quanto attiene agli stati di disagio determinati da problemi abitativi, specialmente nei grandi centri urbani o ad alta densità abitativa.

Tra l’altro, nel frattempo sono venuti meno taluni benefìci accordati agli inquilini, con il risultato che la disciplina degli affitti è strettamente connessa alle sfavorevoli condizioni di mercato, determinando situazioni particolarmente gravose. Pertanto, la problematica a suo tempo sollevata, ben lungi dal risolversi, ha in sé le condizioni per essere riproposta.

Il fattore positivo che consente oggi di riprendere in esame la possibilità di arrivare a soluzione su tale problematica è costituito sia dall’idoneità delle vigenti disposizioni a ricomprendere situazioni non presenti nel testo originario, sia dagli intenti generali diretti alla realizzazione di formule di regolarizzazione nei confronti di casi non conformi a leggi. A parte la costante attenzione che meritano le questioni di carattere sociale va anche evidenziata, sotto l’aspetto pratico, l’eliminazione degli innumerevoli disagi derivanti da fattori di conflittualità che si trascinano negli anni e che conseguentemente ostacolano le procedure di dismissione non creando benefici per alcuno.

Auspichiamo che il Governo nel rispetto dei princìpi costituzionali che favoriscono l’accesso alla proprietà dell’abitazione (articolo 47 della Costituzione) voglia esaminare un intervento più generale in cui siano recepite tutte le istanze degli inquilini e degli occupanti di immobili, che vogliono soltanto poter continuare a vivere e a morire nelle abitazioni che per anni hanno occupato come inquilini adempiendo regolarmente ai propri obblighi di locatari. Sarebbe inumano oltre che ingiusto consentire la vendita di tali immobili ai noti speculatori i quali come primo atto dell’acquisito diritto di proprietà si prefiggono di sfrattare l’inquilino.

Tale esigenza è avvertita non solo nei casi di dismissioni di immobili pubblici, in cui l'intervento del legislatore e del Governo a tutela dei più deboli è possibile, ma anche in tutti i casi di dismissioni di immobili di proprietà di privati, come società di assicurazione e società immobiliari, in cui l'intervento pubblico, pur essendo in linea generale di più difficile praticabilità, potrà dettare norme garantiste a tutela dei meno abbienti.

Onorevole Presidente, il dibattito odierno acquista un forte significato politico per la questione di fiducia che è stata posta dal Governo. La credibilità del Paese non può essere messa in discussione da atteggiamenti ambigui in un momento in cui la sensibilità dei mercati finanziari è elevata e rischia di provocare gravi danni, sotto il profilo del rating, il profilo del merito. C'è bisogno, quindi, di comportamenti seri e coerenti da parte di tutte le forze politiche, in questa fase c'è bisogno di fiducia e di credibilità.

L'UDC non ha presentato proposte emendative, si è tuttavia fatta carico di richiamare l'attenzione su alcuni problemi che meritano di trovare soluzione in altri provvedimenti; e non perché non abbiamo proposte significative da portare avanti, ma semplicemente per senso di responsabilità che nasce dalla consapevolezza delle difficoltà della finanza pubblica, accentuate dalla crisi economica europea e dai conseguenti riflessi su quella interna.

In questa fase le ragioni della coalizione e della alleanza sono più forti delle convenienze politiche; le ragioni dell'interesse generale devono prevalere sulle convenienze personali di questa e di quella forza politica. Per questi motivi voteremo la fiducia al Governo. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).

Martedì 30 marzo 2004 - Intervento su terzo mandato sindaci piccoli comuni

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Eufemi. Ne ha facoltà. EUFEMI (UDC). Signor Presidente, vorrei aggiungere alcune considerazioni ulteriori rispetto a quelle espresse dal senatore Maffioli.

Il Gruppo dell’UDC ha fortemente voluto la calendarizzazione di questo provvedimento, così come fin dall’inizio della legislatura aveva presentato una specifica iniziativa legislativa, fortemente auspicata dal presidente dell’Associazione nazionale dei piccoli Comuni Franca Biglio. Abbiamo ribadito questa nostra ferma convinzione in sede di Conferenza dei Capigruppo e abbiamo così determinato le condizioni per affrontare la questione del terzo mandato per i sindaci dei piccoli Comuni, che si trascina ormai da troppo tempo, superando quella limitazione che determina non poche difficoltà in molte comunità locali.

Era giunto il momento di rivedere la legge n. 81 del 1993 prevedendo un limite per i grandi Comuni tale da evitare una cristallizzazione del potere. Non era stato forse affermato che il sistema elettorale maggioritario eliminava tutte le incrostazioni dei passati poteri derivanti dal sistema proporzionale? Quali pericoli vi possono allora essere in un sistema elettorale in cui il cittadino è arbitro delle proprie scelte?

Tale scelta è accompagnata, come ben evidenziato dal relatore Falcier, che ringrazio, da un’indispensabile riequilibrio del rapporto tra sindaco e Consiglio comunale, recuperando un più forte principio di rappresentanza, un più forte riequilibrio dei poteri, maggiori spazi di democrazia interna e un più efficace sistema di controlli, che si è andato progressivamente affievolendo.

La modifica elettorale viene accompagnata dallo spostamento di significative decisioni dal sindaco al Consiglio comunale, in materia di nomine, di definizione degli incarichi, di strumenti urbanistici attuativi, e dalla fissazione di aliquote sui tributi in materia di controlli richiamando le delibere di Giunta.

Viene fissata la soglia dei 3.000 abitanti, che tiene conto della particolare situazione del nostro Paese, dove risultano ben 4.642 i Comuni di tali dimensioni. Il Comune, ente che rappresenta la base socio-economica e storico-culturale del Paese, oltre ad essere una continua fucina di idee e di innovazioni, ha dimostrato di saper dare risposte alla comunità alla quale è vicino e dalla quale riceve forza in modo diretto. Tutte queste qualità dipendono attualmente da un fattore principale: il sistema elettorale vigente. Si è registrata una difficoltà nelle Assemblee elettive in relazione ai diminuiti ruoli dei Consigli comunali e provinciali, soprattutto per la mancanza di specifici passaggi negli statuti locali che contribuissero a rafforzare tali organi.

L'elezione diretta del sindaco ha assolto alla duplice funzione della stabilità e della responsabilità. Stabilità dell'amministrazione e finalmente individuazione del soggetto il cui operato può essere elogiato dai cittadini o le cui colpe per una cattiva gestione possono essere chiaramente individuate. Nessun altro ente può vantare questa prerogativa. Il sindaco è il diretto responsabile della politica locale: se è capace viene elogiato e rieletto, se è incapace, al termine del mandato, viene rispedito a casa. La responsabilità è propria di ogni sindaco. Quindi, esiste una sola limitazione: il mandato elettorale.

Attualmente il sindaco, eletto direttamente dal corpo elettorale, è investito nel suo mandato da un rapporto di tipo fiduciario ed i risultati ottenuti nell'amministrazione del Comune durante i cinque anni di mandato sono ancora più identificati dai cittadini con la figura del sindaco. La possibile riconferma alle elezioni successive avviene quindi, come abbiamo detto, più che mai in relazione agli effetti concreti di buon governo che i cittadini hanno potuto riscontrare nei cinque anni.

Da qui discende che la riconferma del sindaco in carica, allo scadere di un mandato, in base alla legge vigente, è più che mai espressione del consenso e della volontà popolare. Una scelta senz'altro di indiscutibile consapevolezza elettorale, laddove spesso ci si trova di fronte a scelte elettorali dettate più dal disorientamento politico che da vere e proprie convinzioni.

Occorre allora colmare alcune lacune e migliorare le distorsioni di questo sistema normativo in modo esauriente ed equo, soprattutto per i piccoli Comuni. Quali ragioni ostano alla ricandidatura di un sindaco oltre il secondo mandato? Quali motivi sono così forti da sostenere una limitazione nella scelta sovrana della comunità locale in relazione alla nomina del proprio primo cittadino?

Non crediamo certo che ve ne siano di sostenibili. In questo caso, una limitazione andrebbe posta per ogni altro incarico politico di forte responsabilità. Perché non valutare il fatto che il sindaco possa presentarsi nuovamente alle elezioni per ulteriori mandati, dando la possibilità al corpo elettorale di scegliere, di perpetuare quel patto sociale stabilito democraticamente tra le parti con la riconferma della conduzione dell'amministrazione vigente oppure con la scelta di rinnovarla con un candidato sindaco diverso? Ciò permetterebbe, inoltre, al sindaco di approfondire e di ampliare il programma politico-amministrativo nell'espletamento delle sue funzioni, rafforzando il legame con la sua comunità.

Né va sottovalutato il rischio che per i piccoli Comuni il divieto di ripresentazione dopo due mandati si traduca in una perdita di conoscenze, in una dispersione di professionalità, proprio nel momento in cui si raggiunge la piena conoscenza dei meccanismi amministrativi, che si traduce in efficienza e in migliore funzionamento della stessa amministrazione locale.

Superare il limite dei due mandati significa anche non disperdere un patrimonio di esperienza amministrativa che non possiamo permetterci il lusso di sprecare. È l'affermazione del principio di responsabilità degli enti locali che lascia alla comunità la libertà di scelta dei propri amministratori.

Dobbiamo evitare che la norma sia palesemente aggirata, come abbiamo riscontrato in modo evidente laddove il candidato che ha superato i due mandati assume un incarico di Giunta e finisce per governare tramite interposta persona, detenendo, paradossalmente, tutto il potere reale senza alcuna responsabilità.

Come non ricordare la particolare attenzione posta nella legislazione dei piccoli Comuni in ordine al patto di stabilità, al blocco delle assunzioni di personale e nel campo della finanza locale? I piccoli Comuni, anche per effetto della finanziaria, sono stati dotati di normative differenziate.

Sarebbe stato preferibile legare la soglia al sistema elettorale. Prendiamo atto delle difficoltà, che non sottovalutiamo e che sono presenti anche per la soglia dei 3.000 abitanti. Siamo consapevoli delle difficoltà di giungere ad una convergenza delle forze politiche rispetto ad una soluzione. Non sottovalutiamo i pericoli insiti in manovre ritardanti, tese con proposte emendative ad affossare il provvedimento perché da taluni si guarda al risultato elettorale piuttosto che alla funzionalità delle istituzioni e alla libertà dei cittadini di scegliere i propri amministratori.

Noi dell'UDC non abbiamo guardato al vantaggio elettorale che può essere momentaneo; non abbiamo fatto screening rispetto ai risultati; crediamo al funzionamento delle istituzioni e al rispetto dei princìpi democratici di ciò che è stata definita dal Presidente della Repubblica la spina dorsale della Repubblica.

Siamo convinti di giungere ad una deliberazione chiara del Parlamento che elimini ogni ambiguità ed incertezza, dando una risposta alle comunità fino a 3.000 abitanti nell'imminenza della prossima tornata elettorale amministrativa. Siamo certi che prevarrà la ragione anche in quanti pensano di fare il replay della legge Boato, cioè di snaturare il significato della normativa attraverso colpi di mano, o meglio colpi di emendamento, con l'obiettivo non di migliorarla bensì di affossarla.

Sono queste le ragioni che, nel solco della cultura sturziana delle autonomie, inducono l'UDC ad esprimere consenso al testo formulato dal relatore Falcier. Auspichiamo un voto favorevole dell'Assemblea nella chiarezza e nell'assunzione delle responsabilità. (Applausi dal Gruppo UDC e del senatore Vallone. Congratulazioni).

Martedì 9 marzo 2004 Dichiarazione di voto su riforma costituzionale

Ripresa della discussione dei disegni di legge costituzionale nn. 2544, 252, 338, 420, 448, 617, 992, 1238, 1350, 1496, 1653, 1662, 1678, 1888, 1889, 1898, 1914, 1919, 1933, 1934, 1998, 2001, 2002, 2030, 2117, 2166, 2320, 2404, 2449, 2507 e 2523

Passiamo alla votazione dell'emendamento 12.20 (testo 2).

*EUFEMI (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto. 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, l'istituto della revoca degli emendamenti presentati, introdotto oggi, credo sia un'anomalia nel nostro modo di procedere. Non si può immaginare di revocare un emendamento avendo poi la possibilità di ripresentarlo. È un modo di lavorare che certamente disorienta, tanto più che stiamo per approvare una riforma costituzionale di così ampio respiro. Avrei certamente preferito che non si proseguisse nei nostri lavori, si avesse un momento di meditazione per affrontare l'articolo 12 dopo aver superato i nodi politici certamente importanti, che richiedevano un ascolto e consentire di risolvere quel nodo procedurale che in un certo senso è stato dimenticato. Vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi sulla nuova riformulazione dell'emendamento al nostro esame, credo di grande rilevanza come tutto l'articolo 12 e come ha dimostrato il dibattito che abbiamo avuto in quest'Aula nei giorni scorsi, il confronto delle posizioni politiche sul problema della formazione delle leggi e delle funzioni del Senato. È stata sancita una diversità tra le due Camere, una asimmetria che porta certamente ad un restringimento delle funzioni del Senato federale rispetto alla formazione delle leggi. Dopo oltre cinquant'anni, vediamo rompere lo schema del bicameralismo perfetto della Costituzione del 1948, i poteri delle due Camere in materia di esame e di approvazione dei bilanci (esame che era eguale, paritario e indifferenziato creando invece due Camere legislative con competenze differenziate), e la prevalenza di una doppia e meditata decisione che raffreddi - come era stato detto ai tempi della Costituente - un liquido troppo caldo. 

Con l'emendamento proponiamo un Senato che sarà federale ma che mantiene la funzione piena bicamerale di esaminare i bilanci e i rendiconti nella sua interezza sui diversi livelli di Governo, tenendo conto delle autonomie territoriali e funzionali. Con questa scelta ho sostenuto con forza come nelle diverse fasi dell'iter parlamentare, sia nella discussione generale che nella fase propositiva ed emendativa, dovrebbe essere rimossa quella grave contraddizione restituendo al Senato federale la funzione piena sulla decisione di bilancio e sul consolidato della pubblica amministrazione. Dobbiamo recuperare quell'unitarietà, quell'intrinseca connessione tra centro e periferia che si esplicita sul saldo finanziario complessivo e che rappresenta quell'unicum inscindibile tra Patto di stabilità interno, scelte perequative e manovra di finanza pubblica. Anche perché, la manovra di bilancio annuale non può né poteva essere svincolata dalla legge di stabilizzazione nel contesto comunitario. 

Onorevole Presidente, nel corso di questi lavori ho cercato di privilegiare un'impostazione di riforma seria ed efficace e l'azione politica e legislativa che ho cercato di portare avanti si è fatta interprete della necessità di una correzione forte, che purtroppo non ritroviamo allo stato dei nostri lavori. Ritengo che un federalismo senza contabilità sarebbe un disastro. Saremmo al conflitto permanente tra istituzioni di tutti i livelli su come avere più quota di risorse pubbliche e al dilatarsi dei problemi della finanza pubblica. Il rovescio della medaglia di un serio federalismo, inteso come responsabile autonomia di gestione del denaro pubblico, è una contabilità adeguata, più credibile, trasparente, tempestiva e dunque on line. Ciò è già possibile, se si accelera la realizzazione del progetto SIOPE, come stabilito dall'articolo 28 della legge finanziaria 2003. Riscontriamo invece forti ritardi. Dobbiamo dunque far prevalere la ragione ed il buon senso. Dobbiamo soprattutto dare una risposta alla volontà che abbiamo riscontrato in questa Assemblea di incidere su questo aspetto dell'articolo 12. Ma vi è anche un altro problema che deve essere affrontato, e cioè la grave contraddittorietà di un Senato federale senza poteri e competenze in materia finanziaria, ripristinando una indispensabile parità di condizioni. Il senatore Tarolli, nei giorni scorsi, ha detto che bisognava mettere quella indispensabile benzina perché altrimenti il motore del federalismo non potrebbe partire. Credo invece che, come scrisse Vittorio Emanuele Orlando durante i lavori della Costituente, dobbiamo dare le chiavi della cassaforte alle due Camere. Dobbiamo ripristinare anche l'autonomia finanziaria dell'organo costituzionale Senato federale, perché non bastano le assicurazioni che pure abbiamo ascoltato. Occorre restituire una solidità di funzione deliberativa; dobbiamo eliminare e sopprimere una posizione di subalternità rispetto alla Camera, non solo sui mezzi di finanziamento e di funzionamento; dobbiamo eliminare soprattutto il pericolo di influenze e condizionamenti da parte dell'altro organo dello Stato, assicurando la indispensabile autonomia di ciascun ramo del Parlamento rispetto all'altra Camera. 

Signor Presidente, mi avvio a concludere. Credo che dobbiamo raggiungere un risultato forte nella definizione di un principio che realizzi una sintesi tra unità e federalismo, che coniughi coesione sociale e distribuzione delle risorse, efficacia dei controlli e autonomia e, in definitiva, un autentico federalismo solidale. 

Ma tutto ciò si concretizza con una decisione di bilancio bicamerale. Per questi motivi, insisto per la votazione dell'emendamento 12.20 (testo 2). (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e del senatore Peterlini).

Giovedì 19 febbraio 2004 Intervento su riforma costituzionale

Presidenza del presidente PERA, indi del vice presidente FISICHELLA

*EUFEMI (UDC). Signor Presidente, credo si sia giunti ad un punto delicato della riforma costituzionale, quello relativo all’elezione del Senato federale che va ad incidere, modificandolo fortemente, sull’articolo 57 della Costituzione.

Il relatore, nella sua illustrazione, ha opportunamente richiamato il senso della riforma sulla composizione del Senato, più che sulle funzioni. Oggi si va ad incidere certamente sul numero dei senatori, ma questo potrebbe apparire anche una questione marginale in contraddizione, tuttavia, con quanto sta emergendo nei Consigli regionali e nella definizione degli Statuti. Stiamo procedendo a una nuova dimensione da parte dei Consigli regionali che non si giustifica con le future, pure accresciute, competenze.

È stata esclusa - e di questo va dato atto - la ipotesi della presenza dei governatori nel futuro Senato federale.

Resta la questione della contestualità delle elezioni del Senato federale e dei consigli regionali. Una contestualità che si verificherebbe solo in partenza, seppure dal 2011, una contestualità che condiziona la vita del Senato federale, che ne riduce gli spazi ed i poteri: gli stessi eletti, infatti, verrebbero marginalizzati dallo strapotere dei governatori. Un Senato federale, dunque, schiacciato dai poteri forti locali, subordinato alle Regioni.

Queste sono solo alcune considerazioni che inducono ad un ripensamento che non può essere tema esclusivo della verifica politica, ma lasciato alla libertà e alle scelte del Senato. Ciò è tanto più vero rispetto all'asimmetria che è stata ricordata; il Senato non esaminerà neppure più il bilancio complessivo dello Stato e degli enti locali, ma non si può non ricomprendere tra quelle funzioni quella che ritengo fondamentale e che è stata richiamata in questo dibattito dal senatore Pedrizzi e dal presidente Azzollini, la competenza sui conti pubblici così come sono stati identificati nel perimetro di Maastricht, vale a dire sul bilancio statale e su quello degli enti locali.

Dobbiamo avere allora il coraggio e la responsabilità di dare elementi di chiarezza. Abbiamo lavorato per una soluzione positiva che non sia di ostacolo alle riforme ma che non determini lo sfascio del sistema. Il venire meno dell'automatismo che pure è stato ricordato tra crisi locale e lo status dei senatori non è ancora stato scritto e allora sarebbe opportuno precisarlo, formalizzarlo, prima di assumere qualunque determinazione.

Si afferma un principio nuovo, quello della contestualità rispetto ad un processo che si avvia. Lo stesso relatore ha riconosciuto la complessità perché incide anche sulle Regioni a statuto speciale, quindi, si tratta di un quadro incerto e indefinito.

È stata definita poc'anzi una giornata di svolta nella politica costituzionale; io ho una preoccupazione, che quella di oggi non debba essere definita la giornata dell'eutanasia del Senato. (Applausi dai senatori Cirami, Manfredi e Lauro).

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